venerdì 9 agosto 2024

In Grecia aprile 1981. L’attenzione dei ragazzi. Pasque passate. Capo Sunio. Mangiare quale problema.


 

Ero grato agli dèi della Grecia che mi avevano esaudito: ascoltato e miracolato. Era felice. Quando c’è la salute… il resto nol dico: già ognuno lo sa.

Sono andato a lavarmi cantando liete canzoni, sono sceso nel bar a bere un caffè poi sono salito sulla terrazza dell’albergo per prendere il sole, la santa faccia di luce che nutre bellezza e salute, leggere Guerra e pace, riflettere sui casi della vita. Mi sono domandato per quali meriti miei e quale grazia divina i ragazzi migliori mi ascoltano con attenzione quando parlo. Mi sono detto che provano interesse per me perché vedono che io per primo sono interessato a loro, faccio domande e li ascolto, li rispetto, li osservo, accolgo le loro obiezioni. Un comportamento inusuale per molti insegnanti. I miei allievi comprendono che dietro le mie lezioni ci sono anni di studio  e di esperienze vissute con gioia e con dolore, senza risparmio di tempo, impegno, fatica. E capiscono che cerco di educarli a diventare più forti e più buoni. Molti genitori non hanno tanto interesse per i loro figlioli.  Ho acquistato la capacità di parlare dicendo semplicemente e direttamente le cose con anni di studio continuo, prolungato fino alla spietatezza verso me stesso, una spietatezza piena di pietas verso i miei allievi, il contrario della pietas spietata dell’Enea di Virgilio: il Troiano tratta la regina che l’ha ospitato e salvato peggio di come un facchino potrebbe trattare una puttana. Quando si denuncia il maschilismo, mai si risale  alle cause.  Ho indagato i miei autori per indagare me stesso e l’umanità.

Se avessi al mio fianco una compagna della mia levatura diffonderemmo il bene nel mondo. Ma in quelle conosciute dopo Helena ho visto vecchiaia sentimentale, infantilismo intellettuale e inerzia a parte i momenti di rabbia che comunque non compie nessun un passo avanti: parecchi uomini e tante donne non si muovono perché credono o sanno che ogni movimento li farebbe uscire dalle false sicurezze nelle quali si sono arroccati, li farebbe precipitare nell’ignoto di cui hanno orrore. Solo chi è capace di stare solo può permettersi di rifiutare quanto non gli va.

Alle due saliamo nella corriera. Fa caldo grazie al buon Dio. Solo ai  30 gradi mi sento sicuro ma dai 25 in su me la cavo.

Mi ristorano e riempiono di salute, di gioia una luce e un fervore estivo. Nell’acqua del golfo Sardonico i raggi del Sole, il primo fra tutti gli dèi, danzano muovendo le belle membra luminose come un coro di ragazze bionde dai corpi armoniosi, lievitanti, fiorenti Sono felice di sentire e comprendere  dentro di me la bellezza del mondo. Sono fioriti, di rosso, di giallo, di viola, anche gli scogli pallidi e scabri

  Il sole mi abbronza pure attraverso il vetro della corriera: niente può impedirmi di assimilarlo se non ci sono le nuvole in cielo.

Il 19 aprile sarà il giorno di Pasqua quest’anno. Andrò in Baviera a vedere i castelli di Ludwig con Ifigenia. Siamo rimasti colpiti dal film di Visconti sul lunatico re.

Mi viene in mente la Pasqua del 1967 quando una vecchia signora distinta che poteva essermi nonna mi sorrise in un negozio dell’antica Cracovia e mi disse in francese che era abbronzato e carino. Durante il volo avevo tenuta tutta la faccia accostata al finestrino, schiacciandomi il naso e chiedendo al Dio di perdonare quanti opponevano una tendina ai suoi raggi, benefici, santi. Fui felice per quel complimento carino perché a ventidue anni stavo cercando di uscire dall’abisso dove mi avevano gettato i malvagi nemici miei e dell’umanità.

L’anno seguente ero già salvo e contento di me.

Nel 1972 per Pasqua andai a Parigi con alcuni bottegai vicentini conosciuti per caso. Gente di altra razza mentale e spirituale rispetto a quanti mi piacciono. Avevano un solo occhio  che fissava sempre il denaro, una lingua ipetrofica che parlava solo di affari. Non  dicevo verbo, e spesso abbassavo lo sguardo per il disgusto. Una sera, a cena, la donna del capobanda mi disse: “stai allegro professore, non sei mica in castigo!” Invece lo ero durante quelle cene forzate. Mi rifugiavo nel ricordo di Luciana  un’allieva intelligente, capace di pensare e parlare con personalità spiccata, proprio il contrario, l’antitesi di quei burattini mossi dai fili del profitto o della perdita. Ho spinto Luciana a studiare e con il volgere delle stagioni siamo diventati amici: lo siamo ancora. Ha dipinto la copertina del mio ultimo libro.

Da questo viaggio cruciale ho imparato a non imbarcarmi più con ciurme di gente che non conosco.

 

La corriera è arrivata a capo Sunio, la punta meridionale dell’Attica nobilitata da un tempio dorico il cui lucore marmoreo fa pensare a un inno dalle braccia levate al cielo. Unisco alle colonne il cuore, poi la mente, e prego: “Febo Apollo, splendidissimo Sole, tu che scacci il buio  e stenebri le angosce con la tua luce eroica, infondimi la forza di parlare e di scrivere in modo egregio. E tu Poseidone dall’aureo tridente, dio del Sunio che regni sui delfini[1] , ti ho già pregato arrivando qui in biciclette nel 1978 e tu mi esaudisti. Ascoltami e aiutami ancora. Dammi la capacità di assimilare alla mia la vita che ammiro da sempre nel mare popolato da pesci iridescenti, nell’aria solcata dai voli degli uccelli contenti, nella terra di questa terra coperta di fiori accarezzati dalle danze delicate, eleganti delle farfalle variopinte”.

Compiuta la preghiera con tutto il rito dovuto, scendo sulla spiaggia dalla sabbia ancora calda. Passa un ragazzo già alquanto ingrassato nei fianchi. Mi torna in mente il mio sciaguratissimo ventesimo anno di vita quando presi 20 chili mangiando come un maiale. A Pesaro si dice baghino e a chi non è buono a nulla si dice: “vai a sculacciare i baghini!”  Quando ero grasso andavo in un podere di mia nonna a colpire i maiali con un bastone perché vedevo in loro altrettanti me stesso e avrei voluto punirmi.

Lo facevano le donne che mi schifavano. Mi diedero la lezione che meritavo e mi servì. Mi corressi fino alla vita da torero.

 Chiedo al  dio di darmi la forza necessaria a conservarmi la snellezza da sportivo agonista e da asceta. L’estate successiva scalai lo Stelvio in bicicletta da una parte e dall’altra: 45 chilometri di salita in meno di quattro ore. Disciplina in tutto ci vuole. Mangiare  quale problema.  Mangiare troppo è un ostacolo-provblhma- alla salute e alla bellezza. Al vivere umanamente.

Siedo in un bar-trattoria sulla riva: da dentro viene odore di pesce fritto. Ho saltato il rancio del tocco e ho fame, ma chiedo soltanto un caffè. Il semidigiuno è un esercizio spirituale, una rinuncia pulsionale che dà soddisfazione. La mente va allenata a dominare le brame del corpo, quelle deleterie dico, non quella esecrata dai preti, ipocritamente per giunta.

Sono quasi le cinque e alle otto ci fanno cenare, un’ora anticipata rispetto all’uso greco.  Orrenda è l’abitudine di cenare presto. Un anno tenni un corso all’Università di Bressanone: ebbene in quel paese dall’apparenza civile, se ci arrivi alle nove per il ritardo di un treno, non ceni più: è tutto chiuso, Roba da caserma o da ospedale. Ne ho esperienza e per reazione ceno dopo le 21: mi dà un senso di libertà.

Sono quasi le 17 e pranzare tre ore prima della cena sarebbe u{bri~.

Mangiare senza misura e disciplina significa invecchiare male e morire ante diem. Potersi inibire qualcosa che depotenzia e danneggia è la prova della forza vitale. Sicché bevo un bicchiere di  acqua che è ottima, umile eppure preziosa, poi risalgo la china del promontorio accarezzato da flutti leggeri

 

Pesaro 9 agosto 2024 ore 11, 10 giovanni ghiselli

p. s.

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[1] Cfr. Aristofane,  Cavalieri, 560.

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