giovedì 29 agosto 2024

Settimana bianca a Moena. Sesta parte


Argomento. Il dialogo con

 il nostro sbudellarci davanti al

fuoco della malga Panna.

 

 

La sera andammo alla malga Panna. Sedemmo vicino al focolare e

alle fiamme che si contorcevano nel caminetto, e si riflettevano

 

.

 

metallicamenta sui rami e i ferri appesi alle pareti; sulle bottiglie, i

bicchieri e i piatti dei tavoli; sui nostri occhi arrossati,

immillandosi in un luccicore febbrile. Ci fronteggiavamo.

Un anno più tardi Ifigenia avrebbe ricordato la sera del sette

marzo 1981 come quella del nostro sbudellarci davanti al fuoco che ardeva

 bizzarro. Cerco di ricostruire il dialogo riferendo,

se posso, le parole precise che dicemmo, e, dove la memoria non

basta, ricostruendo quanto ciascuno avrebbe potuto dire

 

in modo

confacente al suo carattere e  alla situazione disgraziata nella quale

ci eravamo cacciati.

 

Gianni. In questi lunghi giorni di solitudine ti ho pensata a lungo,

ma non sempre bene.

 

Ifigenia Lo so. L'ho capito dalla tua telefonata. Mi ha tolto

l'equilibrio. Io, dopo avere visto il film Ludwig di Visconti, avevo trovato un ottimo accordo con

la tua immagine: con il tuo aspetto, il tuo pensiero, con tutta la tua

persona. Fino al pomeriggio di ieri l'altro, ti amavo di nuovo. Ma

poi, con quella uscita da pazzo, hai fatto impazzire anche me.

 

Gianni. Spiegati meglio; che cosa vuoi dire?

 

Ifigenia. Adesso la mia anima non è più completamente

indirizzata e impegnata ad amarti. Sento degli strattoni che mi

fanno vacillare. Ho interessi nuovi, molto forti, e non so

conciliarli con l'amore per te. L'ho sentito dopo la telefonata. Con

la tua possessività esigente, ansiosa, mi hai fatto paura. Se vuoi, te

ne posso dare un'immagine attraverso una metafora semplice ed

evidente.

 

Gianni. Sì: mi interessa.

 

Ifigenia. Nella mia testa c'è un tarlo che rode, scava, e tende a

distruggere il nostro amore.

 

Gianni. Puoi dargli un nome?

 

 


 

 

 

Desdemona. Sì. E' il tarlo del maestro.

 

Gianni. Vuoi dire che sei ancora innamorata, o ti sei innamorata di

nuovo, del maestro di danza?

 

Desdemona. No, non di lui. E' un fatto più generale. Gennaro però

mi ha dato coscienza del problema. Capisci?

E tu, per quale ragione non pensi bene, o non soltanto bene di me?

Il tuo assillo qual è?”

 

Esitai un momento prima di darle la cruda risposta. La osservavo:

i bagliori del fuoco le illuminavano cupamente la parte sinistra del

volto.

 

Gianni. Io sento il bisogno di amare una vergine. Temo che una

donna non possa amarmi se non sono stato il suo primo uomo.

Non è vero che se con te fossi stato io, tu mi ameresti ancora?

 

Ifigenia. Non credo. Però certamente tra noi ci sarebbe  una

cosa importante in più.

 

Gianni. Ma tu, francamente, adesso hai voglia di fare l'amore con

il maestro di danza?

 

Ifigenia. No, ti ho detto di no; tuttavia quella emozione mi ha

fatto capire che sento il problema dell'amore del maestro in

generale. E' una cosa seria per me. Anche tu d'altra parte,

provando un sentimento forte per una ragazza non bellissima, non

tanto intelligente, nient'affatto schietta, pur mentre stavi con me,

ed io ero innamorata di te, devi avere capito che vuoi una donna

vergine e di famiglia borghese. Non è così?

 

Gianni. Può essere. Ma adesso non ho in mente nessuna ragazza in

particolare. Tranne te voglio dire.

 

Ifigenia Sì, perché insegni in quarta ginnasio e le tue alunne

sono ancora troppo piccole per i tuoi gusti. Aspetta che siano

cresciute, che tornino da supplenti e vedrai!


 

 

 

Gianni. Non credo che mi innamorerò di un'allieva. E tu a quale

maestro tendi ora, a Gimmo, Gimmi o come si chiama? E' lui il problema per te?

 

Ifigenia. No. Ma solo perché non mi piace fisicamente. Te l'ho

già detto. E' grasso. Però, se non avesse la pancia, potrebbe essere

un assillo anche lui. Capisci che cosa vuol dire? Il primo regista

bravo e di aspetto passabile, mi attirerà; probabilmente me ne

innamorerò. Forse adesso io devo stare sola. Tu ieri, con la tua

scena matta, mi hai terrorizzata. Il nostro amore a questo punto è

inquinato. Io ho perso fiducia in te. Credo che se tu avessi potuto

fare l'amore con quella sciagurata collega senza cervello, mi

avresti lasciata. Solo che lei, pur lusingandoti, non ti ha dato

l'occasione sufficiente. Durante la gita scolastica a Roma, ti ho

visto corteggiarla in modo così evidente e convinto che se ti

avesse contraccambiato solo a metà, vi sareste abbracciati davanti

a me. Io quando ero innamorata di te, ti sarei saltata in braccio

mentre facevi lezione, se mi avessi incoraggiata in quella maniera.

Ma Lucia non si è mossa. Per questo, solo per questo, tu sei

rimasto con me.

 

Gianni. Non è vero. Alla fine dell'anno scolastico, rispondendo a

un bigliettino ambiguo che mi aveva infilato in tasca, le scrissi che

la storia di Ulisse e Nausica, ovvero la mia e la sua secondo lei,

non era una storia d'amore. Oppure era un amore fallito. E in gita

scolastica, in treno, di fronte a quella ragazzotta , io

misi un braccio sulla tua spalla per dire a entrambe che la mia

donna comunque eri tu.

 

Ifigenia. Sì, questi particolari sono veri. Però rimane il fatto

d'insieme, e determinante, che Lucia non ti ha mai dato l'occasione

di cambiare me con lei. Sennò nei momenti più acuti della tua

emozione malata, l'avresti fatto. Ne sono sicura.

 

Gianni. Io no. E tu, l'occasione del maestro di danza, l'avresti

presa se te l'avesse data?

 

Ifigenia  Non lo so. So che non me l'ha data.


 

 

 

Gianni. Non hai detto che una volta ti ha offerto un passaggio in

macchina e  l'hai rifiutato?

 

Ifigenia. E' vero. Però era soltanto un passaggio appunto, e se

l'accettavo magari potevo finire a letto con lui, e tale opportunità

non è bastata a staccarmi da te, d'accordo; ma se Gennaro mi

avesse detto che era innamorato, che voleva stare con me,

istruirmi, inserirmi nell'ambiente del teatro, francamente non so se

avrei rifiutato. Anche tu, gianni, non credo che avresti respinto

Lucia se si fosse offerta di amarti, di stimolarti a studiare, magari

anche di tenerti la casa in ordine o che so io, quando ne eri

innamorato. Ti tremava la voce quella sera nel treno. Non hai idea

di quanto mi hai fatto soffrire. Noi siamo rimasti legati perché

quei due non hanno contraccambiato le nostre emozioni. Non dico

solo per questo, ma anche per questo. Sai che cosa vuol dire? Che

mentre siamo insieme cerchiamo l'amore in altre persone, ciascuno

in una che gli assomigli più di quanto io sono simile a te e tu a me:

non abbastanza. Hai provato attrazione per quella, proprio perché

la trovavi più somigliante a te e alla tua razza. Tanto nell'aspetto

quanto nel carattere. Venivi a

domandarmi:

"Ma Lucia è

calvinista?", in quanto studiava molto, e si sentiva in peccato

mortale quando una lezione non le riusciva: proprio come fai tu.

Poi dicevi che ti ricordava tua sorella. Ebbene io avevo notato che

somigliava anche a te, e alla più bella delle tue zie in quelle foto di

sessant' anni fa: sì alla Rina ventenne. Così attirava il tuo

narcisismo, la tua

tendenza all'incesto, e

chissà quante altre

perversioni tue. Del resto io pure, nel maestro di danza devo avere

trovato qualche cosa di simpatico, di congeniale o conrazziale a

me stessa.

 

Gianni. Sei intelligente tu. Hai un'anima. Quando ti sento parlare

così, mi assale la brama del tuo letto

 

 e mi rimorde molto avere sciupato l'amore, la stima che tu

avevi per me. In quanto hai detto c'è della verità. Però bisogna

aggiungere che, nonostante le nostre emozioni malate e passeggere per

gli altri due, noi siamo rimasti insieme, e non abbiamo perduto


 

 

 

tempo, anzi, abbiamo fatto diverse cose importanti, e ne stiamo

facendo ancora. Non mi riferisco soltanto ai nostri orgasmi,

 sempre belli, numerose e sacrosanti. Io ho scritto un

dramma, breve se vuoi, magari di interesse ristretto al popolo non

numeroso dei licei classici. Ma questo non vuol

dire che sia brutto, insignificante o non espressivo dei tempi; forse

ho avuto fretta a concluderlo, oltretutto  in anticipo rispetto ai

gusti della gente, come hai detto tu stessa. Ma presto riprenderò a

scrivere: intanto a commentare l'Edipo re di Sofocle con il mio metodo

comparativo e con una prospettiva europea, un lavoro al quale tu

mi hai incoraggiato e hai contribuito non poco, quindi porrò mano

a un'opera grandiosa cui contribuiranno le mie esperienze, i miei

studi, le mie gioie, i  dolori, e perché no, il cielo e la terra . Anche

 

questo lo dovrò a te, al nostro rapporto multicolore per la varietà

infinita di tutti i suoi aspetti. Perciò vorrei che non finisse presto,

anzi che non finisse mai.

 

Ifigenia  Ho capito. Tu scrivi. E io, secondo te, quali capacità

posso acquistare, o accrescere, se la nostra storia continua?

 

Gianni. Tu ora stai preparando due esami non facili. Da me,

quanto meno, ricevi un metodo, un ritmo di studio, e

quanto più si allarga la tua umanità, tanto più impari e mi

restituisci moltiplicato. Quei due non ci hanno offerto il loro

amore, è vero, però nemmeno noi glielo abbiamo chiesto. Io

almeno non l'ho fatto.

 

Desdemona. Io nemmeno. Anche in quello che dici tu c'è del vero.

E tu pure, sicuramente hai un'anima non ordinaria

Io probabilmente ti amo. Però l'anno prossimo, anzi, subito dopo avere preso

il diploma della scuola di recitazione , andrò a cercare lavoro, a vivere, in una grande città

dove nascono le idee, dove si crea cultura, dove si dà e si prende,

si fa e si disfa il potere: a Roma, o a Milano.

“Già, Milano da bere” pensai

 “E voglio andarci

senza te-continuò- per imparare a cavarmela da sola, o forse piuttosto per

avere l'opportunità di incontrare un altro maestro geniale, uno che

mi aiuti a crescere nel campo attoriale. Tu mi hai spinta a pensare,

a studiare; mi hai donato la vita tua e  hai chiarito la mia a me

stessa: te ne sono, te ne sarò grata sempre; ma presto avrò bisogno

di imparare delle cose che tu non puoi insegnarmi. Io sento la

necessità di recitare, come tu il bisogno di scrivere. Perciò è

meglio se ci lasciamo presto, o anche subito".

 

Le stavo seduto di fronte e avevo il fuoco sul fianco destro,

piuttosto vicino: sudavo, mi bruciavano gli occhi, mi tremavano le

mani al pensiero della fine anticipata e non catastrofica del nostro

rapporto. Per fortuna non era destino. Ma allora non lo sapevo:

dovevo mettercela tutta per arrivare con lei fino al momento in cui

avrei sentito la necessità di cominciare a raccontare la nostra storia..

Ad un tratto un pezzo di fuliggine o qualcosa del genere mi entrò

nell'occhio destro: il più miope, il più debole, e già aspreggiato sia

dal fumo, sia dalla lente a contatto che portavo da quindici ore.

Cominciai a lacrimare.

"Scusa – dissi – mi è entrato un pezzo di non so che roba in un

occhio".

Ifigenia mi accarezzò. La cameriera grassotta ci osservava dal

banco con i suoi piccoli occhi, affondati nella carne copiosa, e

protetti dalle scintille. Dovevo fare pietà anche a lei. Ifigenia

disse:"Che tragedia!".

"Perché tragedia? – domandai – Se non vuoi più stare con me,

puoi lasciarmi anche subito".

1


 

 

 

"Non è così semplice-rispose.- Nonostante tutto, io credo di

amarti; o, quanto meno, mi sento ancora legata a te".

 

Il pezzo di roba che mi straziava uscì l’occhio destro ne uscì.

Provai sollievo, quindi mi

asciugai la guancia lacrimosa e, recuperato un poco di coraggio,

dissi:" Io sono sicuro di amarti poiché ho plasmato il tuo spirito e

mi sono lasciato potenziare, raddrizzare, nel mio, debole e

sghembo, dalla tua forza di ragazza esemplarmente bella.

I tarli, è vero, ancora purtroppo ci sono, ma quale logica ci sarebbe

nel lasciarci, prima che i sentimenti positivi siano esauriti e che

 l'opera di educazione reciproca sia compiuta? Pensa a quante cose

buone possiamo mettere insieme noi due. Aspettiamo di non avere

altro da costruire in comune, arriviamo almeno a superare i tuoi

esami per i quali sto studiando anche io, tanto che finora non ho

trovato il momento opportuno per cominciare la mia, la nostra

creazione secondo lo spirito. Non potrò più sopportare me stesso

se non riuscirò a dimostrarti di sapere scrivere un capolavoro

ispirato da te e degno di me. Dammi questa possibilità di

redenzione e riscatto: vedrai che gli errori miei e tuoi, le nostre

pene, delusioni e sconfitte, troveranno una giustificazione estetica,

nella bellezza voglio dire, e noi ci innamoreremo di nuovo l'una

dell'altro, come quando tu eri ingenua, credevi in una vita felice

con me, e ci credevo quasi anche io. Poi è successo qualcosa: un

salto retrogrado nell'abisso degli antichi terrori, cioé del nostro

passato. Ma ora ne parliamo: ne

stiamo prendendo coscienza. Perché dobbiamo lasciarci, mentre la

vicendevole educazione non è compiuta, e la mia opera non è

nemmeno avviata?"

Tirai il fiato. Ce l'avevo messa tutta, non potevo aggiungere altro.

La guardai attentamente cercando di piacerle, di essere espressivo

e non stralunato nonostante soffrissi ancora lo strazio dell’occhio.

 

La studiavo: era bella, cupamente bella; il suo volto veniva acceso

poi imbrunito piuttosto che illuminato dai guizzi del fuoco."Se perdo

una donna di questo formato-pensai-dove ne trovo un'altra che non

me la faccia rimpiangere ?"


 

 

 

Finalmente disse la sua sentenza: "Va bene. Possiamo restare

insieme. Non so quanto. Io adesso devo pensare agli esami. Dopo

si vedrà. Lasciamo fare al destino".

"Manco male", pensai, un'espressione quasi apotropaica, raccolta

dai colleghi della scuola media di Carmignano.

"Certo – risposi – come abbiamo fatto sempre, con la coscienza di

essere cari agli dei, favoriti da loro e dai nostri caratteri, mai

discordi con il volere del fato. Adesso andiamo a dormire: è già

tempo".

Ci alzammo, pagai il conto alla grossa signorina e tornammo alla

Campagnola. Non mi sembrò il caso di fare alcun'altra proposta.

Sicché ognuno andò direttamente in camera sua.

Quando mi trovai solo nel letto, dovetti fare i conti con sensi di

colpa e di inferiorità che, tutti sommati, davano angoscia. Cercavo

di trasformare i sentimenti in ragionamenti.

Pensavo:"E' vero che solo attraversando il dolore si può andare

oltre il dolore, che sono passato per Esmeralda e le altre, prima di

arrivare a Ifigenia,  necessaria al mio scrivere, come Päivi lo

fu al mio studiare, Elena al mio sentirmi benvoluto dalle

donne belle e fini, e dalla vita stessa; ma in questo modo con le persone ho

rapporti di sfruttamento. Così i miei progressi, se pure ci sono,

costano sofferenze infernali poiché non posso vivere me stesso e il

prossimo mio con totale chiarezza e fiducia. Ifigenia è stata una

creatura mia, l'ho fatta crescere io: è mia figlia più che se l'avessi

messa al mondo: devo provare a considerarla un fine, non un

mezzo. Sì, ma se è lei che non vuole essere uno scopo per me? E

poi per quale ragione non deve volermi? Perché non le piaccio? O

non le convengo? Oppure non si fida di me? Dice che l'ho

ingannata e delusa con la storia di Lucia. Ma lei stessa prima mi

aveva mentito! Quanto devo penare ancora per la restaurazione del

bene prezioso che ho adulterato? Quali altre sofferenze dobbiamo

infliggerci per riparare i danni della mutua ingiustizia? Dio,

aiutami tu!".

Infine il sentimento perturbato divenne un ragionamento :  pensai che con Elena Kaisa e Päivi non mi ero mai posto il problema della loro verginità già consumata da altri perché in quelle donne avevo trovato delle menti non inferiori alla mia e le stimavo. Il fatto è che Ifigenia non l’avevo mai considerata con altrettanto rispetto.

Con questo pensiero razionale e rispettoso della realtà mi addormentai.

 

Pesaro 29 agosto 2024 giovanni ghiselli. ore 17, 27 giovanni ghiselli

p.s.

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