lunedì 12 agosto 2024

Il museo di Delfi.

 

Vado verso il museo. Ci entro per dovere, non tanto volentieri, poiché il sole fuori da quel luogo affollato è alto, beneficentissimo, caldo e abbronzante. E l’abbronzatura migliora il mio aspetto, come mi ha insegnato la madre mia, devota sacerdotessa del sole.

Ma all’interno c’è del nutrimento per il mio spirito.

Mi affretto verso la l’auriga  di bronzo,fendendo la folla. Nei musei non guardo ogni cosa ma solo quello che mi riguarda: mi fa pensare o mi commuove. A volte mi lascio distrarre dalle giovani donne vive e vorrei baciare l’ arteria femoralis che batte sulla parte anteriore delle loro cosce, devotamente come Hans Castorp quella di Claudia Chauchat.

Leggo la targa sul muro: l’auriga di Delfi è il dono votivo di un tiranno.

L’uomo raffigurato non è bello: ha certe caratteristiche dei tiranni e dei tiranneggiati: quelli che vogliono comandare o essere comandati. Gente lontana dall’umanesimo. Il tiranno secondo Platone è un uomo, per natura, o per le abitudini, "mequstikov".. ejrwtikov", melagcolikov"", ubriacone depresso e libidinoso:  (Repubblica, 573c): incline al bere, al sesso, alla depressione; inoltre è di animo sostanzialmente servile"oJ tw'/ o[nti tuvranno" tw/' o[nti dou'lo""(579e).  

L’auriga è malfatto nel corpo, stordito nel volto. Bassa la fronte, gonfie le gote, strette le spalle, larga e prominente la pancia, troppo grandi i piedi. Edipo tiranno infatti è l’uomo dai piedi gonfi.

Il potere attuale vuole che la gente non pensi e consumi. Plaude alle guerre che distruggono ogni cosa che poi va ricostruita con lucro di pochi, lutti e miseria di molti. Oggi, mentre ricordo fatti lontani, le guerre in corso continuano e si estendono probabilmente fino a un conflitto mondiale che infiniti lutti addurrà al genere umano, eppure i commentatori che biascicano intorno alla greppia plaudono a tale allargamento recrudescente ogni giorno.

 

Mi muovo dall’auriga per andare a vedere le statue di Cleobi e Bitone. Sono della prima metà dell VI secolo, l’età dei tiranni. L’artefice non possiede la misura dell’uomo davvero umano: imita le colossali statue egiziane in tali creature ancora avviluppate nella natura ferina. 

Giganti e titani: gli eterni nemici della cultura.

L’Atene colta e democratica saprà superare i gradini precedenti, scagliare l’asta oltre il punto dove l’avevano raccolta da Egiziani, Minoìci, Fenici.

Cleobi e Bitone sono morti prima di giungere a maturità.

"Su loro, che avevano compiuto questo ed erano visti dalla folla, sopraggiunse la fine della vita migliore, e mostrò in questi la divinità che è meglio per l'uomo essere morto piuttosto che vivere" racconta Erodoto (I, 31, 2).

La lugubre favola erodotea esemplifica la sapienza silenica: non vale la pena di vivere se la vita non è giustificata dalla bellezza, anzi è inficiata e impedita dalla mostruosità. Così la pensavo anche io quando i malvagi mi trattavano da mostro, poi diverse donne belle e fini mi hanno dimostrato con le parole e con i fatti di ritenermi degno delle loro persone e del loro amore sicché ho capito che mostri erano quelli che mi maltrattavano.

Osservo altre figure arcaiche, non ancora formate del tutto umanamente.

Acroterio del tempio degli Alcmeonidi era una Nike alata, più uccello che donna. Sento pronunciare oscenamente “naik”, da italiani

 E’ una vittoria non decisiva e malsicura come quelle conseguite con alcune delle mie donne non abbastanza belle né fini, anzi piuttosto rozze, ordinarie e grossolane.

Il classico, il prevalere stabile dell’ordine olimpico sui perturbatori forieri di caos lo vedo accennato nel tesoro degli Ateniesi. Eracle e Teseo l’eroe dorico e quello di Atene, il paradigma mitico di Pericle nelle Supplici di Euripide,  sconfiggono i mostri con mano quasi sicura.

Ma di pienamente classico, di esemplarmente umano, non vedo nulla.

Nelle figure successive al V secolo a. C. vedo l’immagine del greco spoliticizzato che un poco alla volte degenera da cittadino a suddito. Tale è un pancratiaste di Lisippo, un posatore di pose non belle. Manierate e manieristiche sono le tre ateniesi che danzano: i loro gesti non sono essenziali  come quelli delle figure create da artisti, scultori e poeti, che interpretavano i gusti i sentimenti e i pensieri di un popolo libero e consapevole della sua dignità.

Dopo il terrore dei mostri portatori di caos con tanto di sapienza silenica, dopo i poemi omerici di apollinea chiarezza, dopo la soggezione ai tiranni, poi, in seguito alle guerre persiane che hanno sancito la vittoria del cosmo sul guazzabuglio, gli Ateniesi hanno stabilito la democrazia diretta  e la loro cultura bella con semplicità, un paradigma eterno per tutta l’Europa.

 Finita la guerra del Peloponneso e l’età dell’oro di Atene, i Greci sono caduti nell’indifferenza politica finché hanno trovato i padroni che li hanno sottomessi: i Macedoni, poi i Romani.

La statua di Antinoo naticoso e sfacciato amante dell’imperatore Adriano è un simbolo eloquente pur senza parlare.

Pesaro 12 agosto 2024 ore 10, 08 giovanni ghiselli

p. s.

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