Il mito e la psicologia.
Il mito ci dà indicazioni sulla nostra vita psichica: "la psicologia mostra i miti in vesti moderne, mentre i miti mostrano la nostra psicologia del profondo in vesti antiche"[1].
Cfr. Eneide VI, 743, quisque suos patimur manes, ciascuno soffre il suo demone. Soprattutto se non lo realizza .
Altra considerazione sui grandi significati del mito si trova nel libro più noto di Morin: "Il mito non è la sovrastruttura della nazione: è ciò che genera la solidarietà e la comunità; è il cemento necessario a ogni società e, nella società complessa, è il solo antidoto all'atomizzazione individuale e all'irruzione distruttrice dei conflitti (…) L'antico internazionalismo aveva sottostimato la formidabile realtà mitica"[2].
Ogni gruppo ha i suoi miti. Senza miti comuni non può esserci amicizia né amore. La globalizzazione sottovaluta i miti delle nazioni.
Il mito fa parte della nostra vita, realmente: Pasolini nel film Medea fa dire al Centauro il quale istruisce il piccolo Giasone che dovrà andare in cerca del vello d’oro “in un paese lontano al di là del mare. Qui farai esperienze di un mondo che è ben lontano dall’uso della nostra ragione, la sua vita è molto realistica come vedrai perché solo chi è mitico è realistico e solo chi è realistico è mitico”[3]. Il mito contiene aspetti della vita cui la ragione non arriva, come il sogno e come l’arte.
Sentiamo anche C. Pavese: "Il mito greco insegna che si combatte sempre contro una parte di sé, quella che si è superata, Zeus contro Tifone, Apollo contro il Pitone. Ciò contro cui si combatte è sempre una parte di sé, un antico se stesso. Si combatte soprattutto per non essere qualcosa, per liberarsi. Chi non ha grandi ripugnanze, non combatte"[4].
La compassione e l’umanesimo. Oramai sono miti entrambi
Secondo Milan Kundera, la compassione è il motivo principale, o il motore di tanti miti, come di certi amori: “Egli provò allora un inspiegabile amore per quella ragazza sconosciuta; gli sembrava che fosse un bambino che qualcuno avesse messo in una cesta spalmata di pece e affidato alla corrente di un fiume perché Tomáš lo tirasse sulla riva del suo letto (…) Di nuovo gli venne fatto di pensare che Tereza era un bambino messo da qualcuno in una cesta spalmata di pece e affidato alla corrente. Non si può certo lasciare che una cesta con dentro un bambino vada alla deriva sulle acque agitate di un fiume! Se la figlia del Faraone non avesse tratto dalle acque la cesta con il piccolo Mosè, non ci sarebbero stati l’Antico Testamento e tutta la nostra civiltà. Quanti miti antichi hanno inizio con qualcuno che salva un bambino abbandonato! Se Polibo non avesse accolto presso di sé il giovane Edipo, Sofocle non avrebbe scritto la sua tragedia più bella!"[5].
Nel quarto episodio dell’Edipo re Sofocle contrappone la crudeltà dei genitori alla compassione del servo tebano che non ha eseguito il loro ordine di uccidere il bambino "katoiktivsa"“ (v. 1178), in quanto ne ho avuto compassione, spiega.
P. P. Pasolini nel suo film Edipo re sottolinea questa risposta con un primo piano del vecchio tebano che dice di non averlo fatto morire: "per pietà".
Per lo stesso motivo, e anche lui per grandi mali, si salvò Cipselo, il bambino che sarebbe diventato tiranno di Corinto, e padre di Periandro.
Erodoto racconta che per sorte divina il piccolo sorrise all'uomo dei Bacchiadi che lo aveva afferrato con l'intenzione di ammazzarlo. Questo se ne accorse, e un qualche sentimento di compassione lo trattenne dall'ucciderlo (oi\kto~ ti" i[scei ajpoktei'nai. V, 92).
La misericordia non è virtù ignorata né trascurata dai classici, e lo sviluppatissimo senso estetico dei Greci non aveva atrofizzato quello etico: è falso dunque che la morale cattolica sia l'unica vera e buona come afferma Manzoni, per esempio, quando sostiene che “essa è la sola santa e ragionata in ogni sua parte"[6].
Già Omero nel XIV dell'Odissea rappresenta Eumeo che, per compassione, aiuta e onora Ulisse presentatosi come un pezzente: "aujtovn t j ejleaivrwn"(v. 389), perché ho compassione di te.
Altrettanto fa Nausicaa nel VI canto con Odisseo naufrago.
Nelle Trachinie Deianira prova una compassione piena di spavento (oi\kto~ deinov", v. 298), anche per se stessa, vedendo le ragazze di Ecalia portate schiave da Eracle e pensando ai mutamenti della sorte. Quella che suscita in lei la pietà più grande anzi è la splendidissima Iole poiché le sembra l'unica che abbia coscienza del suo stato (vv. 311-312).
Antigone di Sofocle afferma il suo amore per l'umanità :" ou[toi sunevcqein ajlla; sumfilei'n e[fun", (v. 523), certamente non sono nata per condividere l'odio, ma l'amore. "Esiste un umanesimo greco, al quale dobbiamo opere come l'Antigone di Sofocle, una delle più alte tragedie ispirate a quest'atteggiamento; in essa, Antigone rappresenta l'umanesimo e Creonte le leggi disumane che sono opera dell'uomo"[7].
Un'altra espressione di umanesimo è quella che il vecchio Sofocle attribuisce a Teseo nell'Edipo a Colono : "e[xoid j ajnh;r w[n"(v.567), so di essere un uomo. E' la coscienza della propria umanità senza la quale ogni atto violento è possibile.
Il sapere di essere uomo che cosa comporta? Significa incontrare una creatura mezza distrutta come è Edipo vecchio, provarne pietà, incoraggiarla ponendo domande:"kaiv s j oijktivsa"-qevlw jperevsqai[8], duvsmor j Oijdivpou, tivna-povlew" ejpevsth" prostroph;n ejmou' t j e[cwn", vv. 556-558, e sentendo compassione, voglio domandarti, infelice Edipo, con quale preghiera per la città e per me ti sei fermato qui. Poi significa ascoltare e comprendere con simpatia poiché siamo tutti effimeri, sottoposti al dolore e destinati alla morte. "Anche io-dice il re di Atene al mendicante cieco-sono stato allevato fuggiasco come te"(vv.562-563)."Dunque so di essere uomo e che del domani nulla appartiene più a me che a te"(vv. 567-568).
E' una dichiarazione di quella filanqrwpiva che si diffonderà in età ellenistica e partorirà l'humanitas latina.
Una simile dichiarazione di umanesimo, quale interesse per l'uomo e disponibilità ad ascoltarlo, leggiamo nel più famoso verso di Terenzio:" :"Homo sum: humani nil a me alienum puto "[9].
"Umana cosa è l'aver compassione degli afflitti" sono le prime parole del Decameron.
Bologna 1 luglio 2022 ore 9, 16
Giovanni ghiselli
p. s.
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[1] J. Hillman, Variazioni su Edipo, p. 76.
[2] E. Morin, La testa ben fatta, p. 69.
[3] P. P. Pasolini, Medea in Il vangelo secondo Matteo, Edipo re, Medea, p. 545-
[4]Il mestiere di vivere, 28 dicembre 1947.
[5] L'insostenibile leggerezza dell'essere (del 1984), p. 14 e p. 19.
[6] Osservazioni sulla morale cattolica (del 1819), Prefazione
[7]E. Fromm, La disobbedienza e altri saggi , p. 63.
[8] =ejperevsqai: infinito aoristo di ejpeivromai, domando.
[9]Heautontimorumenos ,77.
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