Nella scena seconda del secondo atto dell’Aulularia di Plauto, l’avaro Euclione entra in casa temendo di essere stato derubato, e subito dopo ne riesce sollevato : “salva res est ” (Aulularia, 207). E’ il mito della roba. Nel poema di Lucrezio c’è l’antimito della roba. Nel De rerum natura leggiamo che nei tempi più antichi l’aspetto e le forze ebbero grande valore- facies multum valuit viresque vigebant (V, 1112), ma “Posterius res inventast aurumque repertum-quod facile et validis et pulchris dempsit honorem” (1113-1114) si scoprì la roba e fu trovato l’oro che senza fatica tolse potere ai forti e ai belli.
Ho tradotto “ la roba” pensando alla novella di Verga e al Mastro don Gesualdo di Giovanni Verga. La roba per Euclione come per diversi personaggi verghiani ha un significato mitico e religioso: è come scrisse Luigi Russo “metonimia per indicare quel desiderio di immortalità” che si annida nei petti di tutti gli uomini.
La res salva è per Euclione una speranza di salvezza.
C’è chi “cerca disperatamente di non morire del tutto” attraverso la ricchezza accumulata, appunto, chi studiando e scrivendo, si pensi al “non omnis moriar” di Orazio, chi attraverso i giovani messi al mondo oppure educati a scuola come Don Milani.
Una volta Plauto non mi piaceva; ora invece lo rivaluto e mi piace parché è uno degli autori che non vuole insegnare come si deve pensare bensì cerca di insegnare a pensare.
Bologna 25 maggio 2023 ore 19, 08. giovanni ghiselli
p. s.
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