Naturalmente il greco e il latino sono le fondamenta del lavoro comparativistico cui mi accingo, e, per chiarire la necessità di queste basi senza le quali c'è l'abisso del vuoto, posso citare un'altra "verità" di un saggio successivo[1] di Eliot:"Il latino e il greco[2] costituiscono la corrente sanguigna della letteratura europea: e come un solo, non già due distinti sistemi di circolazione; giacché è attraverso Roma che possiamo ritrovare la nostra parentela con la Grecia".
Per quanto riguarda le cosiddette programmazioni scolastiche, seguo l'indicazione di E. Morin contrapponendo ai programmi la strategia:"La strategia si oppone al programma, sebbene possa comportare elementi programmati. Il programma è la determinazione a priori di una sequenza di azioni in vista di un obiettivo. Il programma è efficace in condizioni esterne stabili che possiamo determinare con certezza. Ma minime perturbazioni in queste condizioni sregolano l'esecuzione del programma e lo condannano ad arrestarsi. La strategia si stabilisce in vista di un obiettivo, come il programma; essa prefigura scenari d'azione e ne sceglie uno, in funzione di ciò che essa conosce di un ambiente incerto. La strategia cerca senza sosta di riunire le informazioni, di verificarle, e modifica la sua azione in funzione delle informazioni raccolte e dei casi incontrati strada facendo. Tutto il nostro insegnamento tende al programma, mentre la vita ci chiede strategia"[3].
La strategia è l'arte del comando organizzativo che deve stabilire con lugimiranza le tattiche da adottare volta per volta secondo gli eventi, e prevedere e preparare i mezzi necessari per raggiungere il successo finale.
Massimo Cacciari in un seminario tenuto a Bologna nel novembre del 2000 consigliava di opporre la topologia alla cronologia: vanno dunque preferiti i manuali che mettano in evidenza i tovpoi. Più recentemente il filosofo veneziano ha scritto:"Impossibile sistemare i classici secondo i rassicuranti metodi della cronologia. Soltanto una considerazione topologica rende loro "giustizia". Come il loro Nunc non è il nunc del modo, ma il Nunc stans , così il loro tempo non è quello della cronolatria storicistica, ma quello del "luogo", tutt'uno col "luogo". Il classico è insieme di topoi; i classici sono questi "luoghi". E' come se nel classico il tempo si facesse "luogo". Perciò i classici in-sistono. Perciò i classici fanno epoca "[4].
Cerco di spiegare cosa sono questi tovpoi e come li intendo io.
Curtius chiama la topica "deposito delle scorte" seguendo le indicazioni di Quintiliano :"In greco si chiamano koinoi; tovpoi, in latino loci communes...originariamente mezzi ausiliari per l'elaborazione di discorsi; essi sono, come dice Quintiliano (V 10, 20), "miniere di argomenti per l'elaborazione del pensiero" ( argumentorum sedes ) e sono quindi utilizzabili per un fine pratico"[5].
In realtà Quintiliano definisce i loci "sedes argumentorum, in quibus latent, ex quibus sunt petenda " (V, 10, 20), sedi di argomenti dove questi sono riposti e si debbono cercare.
Per quanto riguarda la retorica antica Curtius fa un paio di esempi:"topos diffusissimo è "l'accentuazione della propria incapacità di trattare degnamente un tema"; nel panegirico, "la lode degli antenati e delle loro gesta" è un topos " (p . 81).
L'autore di Letteratura europea e Medio evo latino ricorda pure che "Nell'Antichità si approntarono intere raccolte di simili topoi . L'insegnamento dei topoi , chiamato topica, venne trattato in scritti appositi". Insomma:"nell'insegnamento della retorica, anticamente la topica costituiva il deposito delle scorte" (p. 93).
Ma non solo nella retorica si danno i tovpoi. Io li intendo come idee, argomenti ed espressioni piene di forza, ricorrenti nella letteratura europea.
Quintiliano indica pure i loci dei poeti tra gli strumenti per educare i bambini, che per giunta li gradiscono se vengono presentati loro giocosamente:"Etiam dicta clarorum virorum et electos ex poetis maxime (namque eorum cognitio parvis gratior est) locos ediscere inter lusum licet " (I, 1, 36), va bene che i bambini imparino a memoria, giocando, anche le sentenze degli uomini famosi e soprattutto passi scelti dai poeti (infatti lo studio di questi è molto gradito ai piccoli).
Il gioco insomma, come chiariremo meglio più avanti, si addice alla paideiva .
Un topos intellettuale è quello che condanna la stupidità, connessa spesso all'empietà: dall'Agamennone di Eschilo (del 458): "kai; to; mh; kakw'" fronei'n-qeou' mevgiston dw'ron" (vv. 927-928), e il non capire male/ è il dono più grande di dio; all'Antigone (del 442) le cui parole conclusive contengono la morale del dramma e presentano la quintessenza del sofocleismo:" Il comprendere (to; fronei'n) è di gran lunga il primo requisito/della felicità, è necessario poi non essere empio/ in nessun modo negli atti che riguardano gli dèi (crh; de; tav g j ej" qeou;" mhde;n ajseptei'n)" [6]. "La pietà suprema sarà per i Greci l'intelligenza"[7].
In latino cito la Rhetorica ad Herennium[8]:" Omnium malorum stultitia est mater atque praeceptrix (II, 22), la stoltezza è madre e maestra di tutti i mali.
Un tovpo" etico e psicologico diffuso, e che verrà utilizzato in questo lavoro è quello del tw/' pavqei mavqo" [9], attraverso la sofferenza si giunge alla comprensione[10]. Da Eschilo, a Euripide, a Menandro, a Hermann Hesse.
Un tovpo" politico[11] presente nella tragedia e nella storiografia greca e latina è quello che condanna la tirannide.
Un altro è quello che afferma, o nega, il diritto del più forte[12].
Connesso a questo è il tema dell'imperialismo[13].
Un altro locus politico ed etico maledice la guerra.
Un tovpo" economico è l'esecrazione del denaro e degli uomini avidi di denaro[14]. Questo contrasta molto con l'attualità e ci insegna a essere inattuali se lo condividiamo.
Un tovpo" riguarda la religione che può essere intesa come strumento di regno (Crizia, Polibio, Curzio Rufo, Machiavelli)[15] oppure come pietas salvifica. In questo percorso vedremo la devozione di Camillo e la pietas spietata di Enea.
Un altro tovpo~ concerne la bellezza che, come vedremo, è spesso coniugata con la semplicità.
Alla bellezza si può collegare il rovesciamento del cupio dissolvi il topo~ della della sapienza silenica, ossia la giustificazione della vita soprattutto attraverso l'arte.
Il tovpo" dunque può essere ribaltato: un altro esempio è quello della mutatio locorum che, come vedremo, secondo Orazio e Seneca è inutile, secondo Ovidio e Properzio invece è uno dei Remedia amoris.
E' possibile indicare pure dei tovpoi gestuali come quello dell'ostensione del ventre da parte delle imperatrici romane.
Questo lavoro presenta la cultura greco-latina in relazione con quelle europee di cui si trova ancora ad essere il fondamento.
Steiner ha sostenuto che dopo Babele ogni atto di percezione è comparativo.
Per fare un esempio, il comparatista suggerisce di commentare il primo verso dell'Antigone "o capo davvero fraterno di Ismene, sangue mio", con i "capitoli dedicati a Ulrich e ad Agathe nell'Uomo senza qualità "[16].
Un ottimo esercizio sarà individuare alcuni tovpoi in un autore e arricchirli attraverso la lettura di diversi testi dello stesso autore e di altri.
Importante è anche la segnalazione delle parole chiave "che caratterizzano una società in un'epoca data (es. mores maiorum in epoca augustea) o, aggiungiamo, un movimento letterario o un autore (es. lepos in Catullo)". Tali parole, nota la Giordano, "servono per comprendere l'atmosfera culturale e politica di quel tempo" [17].
In greco alcune di tali parole particolarmente significative possono essere qumov", novso", ajrethv, a[th, u{bri", fronei'''''n, pavqo", mavqo", novmo", aijdw''" e così via. In latino, oltre mos, posso indicare fides, amor, foedus, amicitia, pietas, pudicitia, matrimonium, perfidus, vitium, adulterium. Ognuno di questi termini è suscettibile di ampie spiegazioni e varie, secondo le loro collocazioni in diversi testi.
C'è da aggiungere che proprio attraverso le parole chiave si può indicare l'ambiguità del linguaggio, particolarmente di quello drammatico: u{bri" per esempio per il Coro dell' Edipo re , ossia per Sofocle stesso è la madre dei tiranni (v. 872), per il Creonte dell'Antigone (v. 309) è il misfatto di chi alla tirannide si oppone.
Similmente novmo" , sempre nell'Antigone, "per la fanciulla il termine significa "norma religiosa"; per Creonte, "editto promulgato dal capo dello Stato"[18].
Leggendo gli autori vediamo " che le parole sono, insomma, terribilmente pesanti, poiché, come la punta di un iceberg, nascondono grappoli di ramificazioni, e ciascun ramo di ogni grappolo può portare molto lontano"[19]. Questo fatto può ostacolare la comunicazione.
L'ambiguità del linguaggio e l' impossibilità di intendersi viene teorizzata da Pirandello nei Sei personaggi quando il padre dice:"Ma se è tutto qui il male! Nelle parole! Abbiamo tutti un mondo di cose; ciascuno un suo mondo di cose! E come possiamo intenderci, signore, se nelle parole ch'io dico metto il senso e il valore delle cose come sono andate dentro di me; mentre chi le ascolta, inevitabilmente le assume col senso e col valore che hanno per sé, del mondo com'egli l'ha dentro! Crediamo d'intenderci; non ci intendiamo mai!"[20].
Questa ambiguità può assumere diverse valenze didattiche:"Quando si costruiscono percorsi dentro la ramificata complessità dell'interpretazione, si compie un'altra scoperta fondamentale: quella della non automaticità della significazione. I lettori scopriranno con meraviglia che i loro viaggi, compiuti per dettare di senso il dettato linguistico del testo, non sono uguali. Le parole del testo erano uguali per tutti, eppure…Ecco una finestra fondamentale per penetrare, poi, nella grammatica del significato"[21].
Questo tipo di lavoro porta a dare grande importanza al lessico che deve venire prima delle regole grammaticali e comunque non rimanerne soffocato.
Delle parole più frequenti e delle più significative sarà bene indicare l'etimologia e le parentele etimologiche.
La morfologia sarà comunque uno dei gradini sul quale procedere in vista dell'apprendimento della lingua e della letteratura. Il successivo sarà la sintassi ma queste parti tecniche vanno "condite" fin dall'inizio, ossia fin dal ginnasio, con il sapore più gradevole della letteratura.
" Giovanni Pascoli, invitato a stendere una relazione sulle cause dello scarso rendimento degli alunni agli esami di licenza liceale, così si esprimeva:"Si legge poco, e poco genialmente, soffocando la sentenza dello scrittore sotto la grammatica, la metrica, la linguistica…Anche nei licei, in qualche liceo, per lo meno, la grammatica si stende come un'ombra sui fiori immortali del pensiero antico e li aduggia. Il giovane esce, come può, dal liceo e getta i libri: Virgilio, Orazio, Livio, Tacito! de' quali ogni linea, si può dire, nascondeva un laccio grammaticale e costò uno sforzo e provocò uno sbadiglio"[22].
Le regole grammaticali e sintattiche andranno ricavate dai testi anziché essere anteposti a loro. Ma è ben più antica di Pascoli la critica alla grammatica quale fine:" E' del '400 la reazione alla tradizione grammaticale da parte di Guarino Veronese che, nelle sue Regulae grammaticales, propose una drastica riduzione dell'apprendimento grammaticale allo scopo di passare rapidamente alla lettura diretta dei testi, suggerendo così una prassi didattica indubbiamente innovativa, o di Lorenzo Valla che nelle Elegantiae si propose di descrivere ed insegnare l'esprimersi del latino attraverso la consuetudo degli scrittori"[23].
Non molto diversamente Goethe:"ho appreso il latino esattamente come il tedesco, il francese, l'inglese, solo mediante l'uso, senza regole e astratti concetti"[24].
Il fatto è che talora la grammatica e la sintassi sono state impiegate da alcuni insegnanti come " una misura di polizia per rintuzzare le intelligenze "[25] .
L'insegnamento del lessico potrà essere fatto in parallelo tra la lingua greca, quella latina e magari anche altre lingue indoeuropee: alcune parole topiche, ricche di valenza storico-letteraria, potranno essere trattate illustrandone la presenza nei testi di due o tre letterature. Per esempio l' ajnakuvklwsi" di Polibio[26], l'orbis di Tacito[27], il "cerchio" di Machiavelli [28], il "circuito" di Leopardi [29] mutuato dal circuitus di Cicerone[30]. Si potrebbe tradurre con "ritorno ciclico" o perfino con "l'eterno ritorno"[31].
A volte il nesso interverbale può essere indicato sulla base dell' etimo: per esempio nel caso del verbo greco ejsqivw[32] , "mangio", etimologicamente imparentato con il latino edo , il tedesco essen, l'inglese to eat.
Strumento privilegiato dovranno essere comunque i testi degli ottimi autori.
Il congiuntivo esortativo della terza e della prima coniugazione si rendono memorabili ai ragazzi leggendo:"Vivamus mea Lesbia atque amemus " prendiamoci la vita, mia Lesbia, e facciamo l'amore di Catullo (5, 1), quindi facendo conoscere questo poeta. Oppure due forme delle subordinate finali si possono esemplificare con Spectatum veniunt, veniunt spectentur ut ipsae"[33] , vengono (le donne al circo) per osservare, vengono per essere loro stesse osservate, un poliptoto con due costruzioni : il supino indica uno scopo più generico; ut + il congiuntivo è maggiormente connotato dalla volontà.
"In principio era il testo" fu il motto di un bel seminario tenuto a Chianciano, dal 19 al 23 aprile del 1999, sulla "Conoscenza dei valori della Civiltà classica nella scuola dell'obbligo".
Bologna 15 maggio 2023 ore 18, 46 giovanni ghiselli.
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[1] Che cos'è un classico? , 1944.
[2] Io metterei prima il greco.
[3] E. Morin, La testa ben fatta, p. 63.
[4] M. Cacciari, Di fronte ai classici , p. 27.
[5]Letteratura europea e Medio Evo latino , pp. 81-82.
[6] Vv. 1347-1349.
[7] M. Zambrano, L'uomo e il divino, p. 194.
[8] Trattato di retorica anonimo degli anni 80 a. C.
[9] Eschilo, Agamennone, 177.
[10] Si veda la massima beethoveniana "Durch Leiden Freude", attraverso la sofferenza la gioia. Ricavo il suggerimento da E. Morin, La testa ben fatta, p. 43 n. 7.
[11] Per un'ampia trattazione di questo vedi la mia Antigone (Loffredo, Napoli, 2001) pp. 121-127.
[12] Per questo cfr. i miei Storiografi Greci (Loffredo, Napoli, 1999) pp. 174-178.
[13] G. Ghiselli, Storiografi Greci , pp. 363-364.
[14] Cfr. la mia Antigone, pp. 65, 73, 84.
[15] Per questo argomento cfr. il mio Storiografi Greci, Loffredo, Napoli, 1999, pp.323-327.
[16]Le Antigoni , p. 240.
[17]A. Giordano Rampioni, Manuale per l'insegnamento del latino nella scuola del 2000 , p. 95.
[18]J. P. Vernant, Ambiguità e rovesciamento in Mito e tragedia nell'antica Grecia , pp. 89-90.
[19] F. Frasnedi, La lingua le pratiche la teoria , p. 29.
[20] Sei personaggi in cerca d'autore ( parte prima).
[21] F. Frasnedi, op. cit. , p. 30.
[22] A. Giordano Rampioni, op. cit., p. 49.
[23]A. Giordano Ramponi, Manuale per l'insegnamento del latino nella scuola del 2000 , p. 43.
[24]A. Giordano Ramponi, op. cit., p. 45.
[25] Sono parole dello studente Kolia ne I fratelli Karamazov (p. 661) .
[26] Storie, VI, 9, 10. Ho sviluppato il tema del ritorno ciclico delle costituzioni nel mio Storiografi Greci (pp. 387 sgg).
[27] Annales , III, 55.
[28] Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio , I, 2.
[29] Zibaldone 3518.
[30] De Republica , I, 45.
[31] Cfr. F. Nietzsche, Crepuscolo degli idoli , Quel che debbo agli antichi, 4.
[32] Deriva dalla radice ejd/ojd-/wjd-. Questo però forse è meno interessante per degli studenti liceali.
[33] Ovidio, Ars amatoria , I, 99.
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