Osare di essere a[topoi e a[cronoi, fuori posto e sfasati rispetto al proprio tempo .
Socrate si definisce a[topo~, fuori luogo, strano, insolito.
Nel prologo del dialogo platonico Fedro, Socrate dice a Fedro che se non credesse al mito di Borea che rapì Orizia figlia del re Eretteo, come non ci credono oiJ sofoiv, non sarebbe l’uomo strano (a[topo~) che è (229c). Potrei dire, facendo il sapiente sofizovmeno~, che un colpo di vento di Borea gettò Orizia giù dalle rupi o dall’Areopago. È un’interpretazione ingegnosa, ma chi la fa, poi deve raddrizzare gli Ippocentauri, la Chimera, e Gorgoni e Pegasi e tutte le stranezze della natura. E per questo ci vuole molto tempo liber che io non ho: ejmoi; de; pro;~ aujta; oujdamw`~ scolhv (229e).
Io non sono ancora in grado di conoscere me stesso kata; to; Delfiko;n gravmma, secondo le parole scritte a Delfi, perciò mi sembra ridicolo geloi`on dhv moi faivnetai indagare cose che mi sono estranee - ta; ajllovtria skopei`n. Dunque dico addio a tali questioni, esamino me stesso skopw` ejmautovn, per vedere se per caso io non sia una bestia più intricata e più invasa da brame di Tifone o se sono un essere vivente (zw`/on) più mite e semplice, partecipe per natura di una sorte divina e priva di superbia fumosa (Fedro, 230a)
Osare essere fuori tempo
Anticipatori
“Anche per me non è ancora venuto il tempo. Ci sono uomini che nascono postumi”[1].
O, viceversa, osare essere all’antica, cioè estranei al proprio tempo e rivolti al passato
Sentiamo Seneca che nel De Beneficiis (64 d. C.) segnala alcuni aspetti della corruzione del suo tempo: tra questi la moda della dissoluzione dei vincoli matrimoniali, la sparizione della pudicizia femminile e la complicità dei mariti:"Coniugibus alienis ne clam quidem sed aperte ludibrio habitis, suas aliis permisere. Rusticus, inhumanus ac mali moris et inter matronas abominanda condicio est, si quis coniugem suam in sella prostare vetuit et vulgo admissis inspectoribus vehi perspicuam undǐque " (I, 9, 3), dopo che si sono presi gioco delle mogli altrui, neppure di nascosto ma palesemente, hanno concesso le proprie agli altri. E' rozzo, incivile, di cattiva educazione, e tra le matrone la sua qualità è aborrita se una ha vietato a sua moglie di esporsi nella portantina e di farsi portare in giro ovunque tutta bene in vista per essere osservata pubblicamente.
Augusto aveva cercato invano di scoraggiare e reprimere l’adulterio dilagante e di incoraggiare la monogamia. Tale politica venne codificata dalla lex Iulia de adulteriis coercendis, dalla lex Iulia de maritandis ordinibus ( entrambe del 18 a. C.) e dalla lex Papia Poppaea ( del 9 d. C. ).
Tutto inutile
Seneca nel De beneficiis mette in rilievo la diffusione di poliandria e poligamia : “Numquid iam ullus adulterii pudor est, postquam eo ventum est, ut nulla virum habeat, nisi ut adulterum inrītet? Argumentum est deformitatis pudicitia”(III, 16, 3), c'è forse più un poco di vergogna dell'adulterio, dopo che si è arrivati al punto che nessuna donna ha il marito, se non per stimolare l'amante? La pudicizia è indizio di bruttezza.
Si ricordi anche l'irrisorio "casta est quam nemo rogavit” di Ovidio (Amores, I, 8, 44), è casta quella cui nessuno ha fatto proposte.
Ovidio venne punito e le leggi di Augusto rimasero lettera morta. Erano fuori tempo e fuori luogo.
"Si pensi alla Roma di Giovenale, a questo rospo velenoso con gli occhi di Venere"[2] dove la moglie romana non sente la solidarietà con il marito:"Si iubeat coniunx, durum est conscendere navem,/ tunc sentīna gravis, tunc summus vertitur aër:/quae moechum sequitur, stomacho valet; illa maritum/convŏmit; haec inter nautas et prandet et errat/per puppem et duros gaudet tractare rudentis " ( Satira VI, 98-102), se lo comanda il marito, è duro salire sulla nave, allora la sentina puzza, allora si rigira la cima del cielo: colei che segue l'amante sta bene di stomaco; quella vomita addosso al marito; questa pranza in mezzo ai marinai e va in giro per la poppa e si bea nel maneggiare le dure funi.
Parini (1729-1799) attribuisce con amara ironia un siffatto disprezzo del pudore, e della fedeltà matrimoniale, ai nobili satireggiati nel suo poema:" D'altra parte il Marito ahi quanto spiace,/ E lo stomaco move ai dilicati/Del vostr'Orbe leggiadro abitatori,/Qualor de' semplicetti avoli nostri/Portar osa in ridicolo trïonfo/La rimbambita Fe', la Pudicizia,/Severi nomi!" (Il Mattino , vv. 292-298).
Un arretrato fuori luogo nel matrimonio monogamico è Charles Bovary disprezzato dalla consorte, un marito anche lui che “tanto "spiace” innanzitutto a sua moglie Emma la quale non si sente trattenuta ai vincoli imposti dalla fede coniugale:"La conversazione di Charles era piatta come un marciapiede, vi sfilavano le idee più comuni nella loro veste più ordinaria, senza suscitare la minima commozione, d'allegria o di sogno. Lo diceva lui stesso, non aveva mai provato la curiosità, durante il suo soggiorno a Rouen, di andare a sentire a teatro gli attori di Parigi. Non sapeva nuotare, né tirar di scherma, né usar la pistola, un giorno non seppe neppure spiegare alla moglie un termine d'equitazione che lei aveva trovato in un romanzo. E un vero uomo, invece, non avrebbe dovuto conoscer tutto, eccellere in ogni attività, essere in grado, insomma, d'iniziare la propria donna alle violenze della passione, alle raffinatezze della vita, agli innumeri misteri? Non insegnava nulla Charles, non sapeva nulla Charles, non immaginava nulla Charles: credeva che lei fosse felice, ma lei gliene voleva per tutta quella tranquillità imperturbabile, per tutta quella pacifica pesantezza, per tutta quella stessa sazietà (…) si persuade facilmente che nella passione di Charles per lei non vi era nulla di eccessivo. Le espansioni del marito erano diventate regolari, la baciava a ore fisse. Un’abitudine come un’altra, quasi un dolce, previsto per tempo, dopo la monotonia del pranzo![3]
Anticipatori
“Anche per me non è ancora venuto il tempo. Ci sono uomini che nascono postumi”[1].
O, viceversa, osare essere all’antica, cioè estranei al proprio tempo e rivolti al passato
Sentiamo Seneca che nel De Beneficiis (64 d. C.) segnala alcuni aspetti della corruzione del suo tempo: tra questi la moda della dissoluzione dei vincoli matrimoniali, la sparizione della pudicizia femminile e la complicità dei mariti:"Coniugibus alienis ne clam quidem sed aperte ludibrio habitis, suas aliis permisere. Rusticus, inhumanus ac mali moris et inter matronas abominanda condicio est, si quis coniugem suam in sella prostare vetuit et vulgo admissis inspectoribus vehi perspicuam undǐque " (I, 9, 3), dopo che si sono presi gioco delle mogli altrui, neppure di nascosto ma palesemente, hanno concesso le proprie agli altri. E' rozzo, incivile, di cattiva educazione, e tra le matrone la sua qualità è aborrita se una ha vietato a sua moglie di esporsi nella portantina e di farsi portare in giro ovunque tutta bene in vista per essere osservata pubblicamente.
Augusto aveva cercato invano di scoraggiare e reprimere l’adulterio dilagante e di incoraggiare la monogamia. Tale politica venne codificata dalla lex Iulia de adulteriis coercendis, dalla lex Iulia de maritandis ordinibus ( entrambe del 18 a. C.) e dalla lex Papia Poppaea ( del 9 d. C. ).
Tutto inutile
Seneca nel De beneficiis mette in rilievo la diffusione di poliandria e poligamia : “Numquid iam ullus adulterii pudor est, postquam eo ventum est, ut nulla virum habeat, nisi ut adulterum inrītet? Argumentum est deformitatis pudicitia”(III, 16, 3), c'è forse più un poco di vergogna dell'adulterio, dopo che si è arrivati al punto che nessuna donna ha il marito, se non per stimolare l'amante? La pudicizia è indizio di bruttezza.
Si ricordi anche l'irrisorio "casta est quam nemo rogavit” di Ovidio (Amores, I, 8, 44), è casta quella cui nessuno ha fatto proposte.
Ovidio venne punito e le leggi di Augusto rimasero lettera morta. Erano fuori tempo e fuori luogo.
"Si pensi alla Roma di Giovenale, a questo rospo velenoso con gli occhi di Venere"[2] dove la moglie romana non sente la solidarietà con il marito:"Si iubeat coniunx, durum est conscendere navem,/ tunc sentīna gravis, tunc summus vertitur aër:/quae moechum sequitur, stomacho valet; illa maritum/convŏmit; haec inter nautas et prandet et errat/per puppem et duros gaudet tractare rudentis " ( Satira VI, 98-102), se lo comanda il marito, è duro salire sulla nave, allora la sentina puzza, allora si rigira la cima del cielo: colei che segue l'amante sta bene di stomaco; quella vomita addosso al marito; questa pranza in mezzo ai marinai e va in giro per la poppa e si bea nel maneggiare le dure funi.
Parini (1729-1799) attribuisce con amara ironia un siffatto disprezzo del pudore, e della fedeltà matrimoniale, ai nobili satireggiati nel suo poema:" D'altra parte il Marito ahi quanto spiace,/ E lo stomaco move ai dilicati/Del vostr'Orbe leggiadro abitatori,/Qualor de' semplicetti avoli nostri/Portar osa in ridicolo trïonfo/La rimbambita Fe', la Pudicizia,/Severi nomi!" (Il Mattino , vv. 292-298).
Un arretrato fuori luogo nel matrimonio monogamico è Charles Bovary disprezzato dalla consorte, un marito anche lui che “tanto "spiace” innanzitutto a sua moglie Emma la quale non si sente trattenuta ai vincoli imposti dalla fede coniugale:"La conversazione di Charles era piatta come un marciapiede, vi sfilavano le idee più comuni nella loro veste più ordinaria, senza suscitare la minima commozione, d'allegria o di sogno. Lo diceva lui stesso, non aveva mai provato la curiosità, durante il suo soggiorno a Rouen, di andare a sentire a teatro gli attori di Parigi. Non sapeva nuotare, né tirar di scherma, né usar la pistola, un giorno non seppe neppure spiegare alla moglie un termine d'equitazione che lei aveva trovato in un romanzo. E un vero uomo, invece, non avrebbe dovuto conoscer tutto, eccellere in ogni attività, essere in grado, insomma, d'iniziare la propria donna alle violenze della passione, alle raffinatezze della vita, agli innumeri misteri? Non insegnava nulla Charles, non sapeva nulla Charles, non immaginava nulla Charles: credeva che lei fosse felice, ma lei gliene voleva per tutta quella tranquillità imperturbabile, per tutta quella pacifica pesantezza, per tutta quella stessa sazietà (…) si persuade facilmente che nella passione di Charles per lei non vi era nulla di eccessivo. Le espansioni del marito erano diventate regolari, la baciava a ore fisse. Un’abitudine come un’altra, quasi un dolce, previsto per tempo, dopo la monotonia del pranzo![3]
Bologna 23 maggio 2023 ore 17, 11
Sempre1357065
Oggi215
Ieri394
Questo mese8531
Il mese scorso8502
[1] Nietzsche, Ecce homo.-1888 Perché scrivo libri così buoni. 1
[2]Umano, troppo umano , II, Parte prima, Opinioni e sentenze diverse, 224 Balsamo e veleno
trad. it. Mondadori, Milano
[3] Parte prima, capitolo VIII
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