NUOVE DATE alla Biblioteca «Ginzburg»: Protagonisti della storia antica

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martedì 30 maggio 2023

R. Musil, L’uomo senza qualità. III. 12. Continua il dialogo tra fratello e sorella

Dialoghi sacri. Alterne vicende
  seconda parte pp. 738-746
 
Ama il tuo prossimo - disse Agathe - “presuppone il tuo trasognamento”.
 
Gozzano invece associa il trasognamento al gioco delle carte. Ma nell’amore il trasognamento è l’incanto del fascino, nel gioco delle carte della poesia La signorina Felicita esso è dovuto alla noia, al disinteresse e al disgusto: “poiché trasognato giocatore-quei signori mi avevano in dispregio” (vv. 107-108).
Costoro erano “il molto regio Notaio, il signor Sindaco, il Dottore”, insomma la Sesquiplebe di Alfieri che nemmeno a Gozzano poteva piacere.
 
Ulrich obiettò che “tutti i precetti della morale indicano una stato di trasognamento che è già sfuggito alle regole in cui lo si chiude”
Agathe aggiunse che in definitiva “non c’è il bene né il male, ma soltanto la fede e il dubbio”.
 
La fede, commento è spesso il dogma, il dubbio è talora solo chiacchiera.
 
Ulrich aggiunse che “quando si evade dalla vita inessenziale si stabiliscono nuove correlazioni”. Le cose essenziali sono spesso associate: amore e morte, Eros ed Eris, per esempio.
 
Tutta la natura è imparentata con se stessa afferma Platone.
 L’anima ha visto  il mondo di qua e quello di là e ha appreso molto. Ogni vita allora può far riemergere quanto ha imparato nelle precedenti. E siccome tutta la natura è imparentata con se stessa (a[te ga;r th'" fuvsew" ajpavsh" suggenou'" ou[sh" , Menone,  82d), ricordare una sola cosa fa emergere tutto il resto se l’anima è coraggiosa e non si stanca di cercare, infatti cercare e imparare è in generale reminiscenza: “to; ga;;r zhtei'n a[ra kai; manqavnein ajnavmnhsi" o[lou ejstivn (81d)
 
Agathe uscì con un’altra sentenza: “Una persona buona rende buono tutto ciò che tocca, anche se gli altri le fanno la guerra: appena entrano nel suo campo, essa li trasforma interamente!”
 
E’più facile che avvenga il contrario a parer mio.
 
Ulrich replica che una persona buona non influisce sul mondo: se ne allontana soltanto!”
Penso al misantropo di Menandro, al Timone di Atene di Plutarco e Shakespeare,  e a Des Esseintes di Huysmans, il sordido anacoreta di
 A rebours.
 
Ulrich cerca contraddizioni alle regole della sorella. “Credi forse che i soldati i quali crocifissero Gesù non avessero l’animo vile? Eppure erano lo strumento di Dio” Una sorta di funzionari del Fato
Ulrich ricorda che quando era stato molto innamorato era fuggito via mille chilometri lontano dall’amata e come si sentì al sicuro da ogni possibilità di reale contatto “mi misi a guaire verso di lei come un cane alla luna!”
 
Mi viene in mente di nuovo Gozzano
 Il mio sogno è nutrito d’abbandono,
di rimpianto. Non amo che le rose
che non colsi. Non amo che le cose
che potevano essere e non sono
state… Vedo la case, ecco le rose
del bel giardino di vent’anni or sono! (Cocotte, vv. 67-72)
 
Agathe disse : “una volta nella vita tutto ciò che si fa, lo si fa per un altro. Si vede il sole splendere per lui”.
 
La mia obiezione potrebbe essere: e se questo o questa no gradisce lo splendore del sole? Penso naturalmente a Päivi. O se disprezza la cultura, la bellezza e l’arte? Ne ho conosciute tante di questo tipo, ahimé.
 
Ulrich propose di ritornare con l’immaginazione sulla panchina in montagna con la vista sui vitelli. Vi sta seduto un funzionario, un impiegato in calzoni tirolesi nuovi di zecca e bretelle verdi sulle quali è ricamato “Salve”: egli rappresenta la solida sostanza della vita che si gode le ferie”. Ulrich ha presentato una figura ridicola.
 In tale situazione l’impiegato non conta, non valuta, non calcola il peso vivo degli animali che pascolano ed è pieno di sentimenti buoni o, se pure calcola, lo fa meno del solito siccome è circondato dallo stormire del bosco, dal mormorio del ruscello e dalla luce del sole
“la mentalità delle vacanze” integrò Agathe.
 
Li vedo a Pesaro d’estate: devono credere e far credere che si divertono dalla mattina alla sera, qualunque cosa facciano.
 
Ulrich risponde : “oggi persino delle  persone religiose sono così contagiate dalla mentalità scientifica che no si arrischiano a guardare che cosa arda nell’intimo del proprio cuore, e sarebbero sempre pronte a chiamare con il termine medico di follia quel fuoco interiore”
Dunque fino a che punto credi? Domandò Agathe
“Sì e no” disse Ulrich
“Dunque no” concluse Agathe.
 
Credo, non credo, m’ama non m’ama: nel dubbio, se il dubbio perdura la risposta è indubbia: è no.
Ulrich  rispose: “ Credo che tutti i precetti della nostra morale siano concessioni a una società di selvaggi”.
 
Personalmente direi piuttosto di ipocriti.
 
“Credo che nessuno sia giusto
Credo che nulla sia finito.
Credo che nulla rimanga in equilibrio e che invece ogni cosa vorrebbe sollevarsi sull’altra. Questo è il mio credo ; ed è nato con me, o io con esso”.
 
Mi sembra un credo che risenta di Anassimandro con l’a[peiron e di Tucidide- il diritto del più forte- tra i miei autori.
Ulrich vedeva sculture classiche riprodotte in gesso sugli scaffali della libreria del padre: Minerva, Socrate e ricordò che Goethe teneva in camera una testa di Giunone più grande del naturale. Oramai quell’idea era ridotta a un vuoto classicismo, una manifestazione ritardata del curialismo pedante della generazione di suo padre pensava.
Quindi disse:
“Io sono nato con una morale diversa. Mi hai chiesto che 
Cosa credo. L’unico segno sul quale regolerò il mio giudizio sulla bontà o no di una cosa è se la sua presenza mi abbassa o mi innalza. Se mi desta alla vita oppure no.
Dunque io non credo. Non credo prima di tutto all’inibizione del male mediante il bene, che rappresenta il miscuglio della nostra civiltà e mi fa schifo. Dunque io credo e non credo. Ma forse credo che fra un po’ di tempo gli uomini saranno parte molto intelligenti e parte dei mistici.
 
Penso a Epicuro e Sofocle come rappresentanti classici di queste due categorie.
 
La morale si divìderà in matematica e mistica.
Agathe era scossa e non ascoltava più. Lo aveva sentito ritrattare sempre quello che si era lasciato sfuggire e le sue parole erano entrate in lei come grosse stille di felicità e malinconia.
I sentimenti della sorella in buona parte plagiata dunque sono contaddittori come le parole del fratello “educatore”. Fine 12 p. 746
 
Bologna 30 maggio 2023 ore 18, 15 

giovanni ghiselli
p. s.
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