NUOVE DATE alla Biblioteca «Ginzburg»: Protagonisti della storia antica

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sabato 20 maggio 2023

Filosofi lungo l’Oglio. La mia lectio: Osare l’inattuale. III. La sfiducia nella tecnologia. Donne che osano

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Inattuale è lo scetticismo verso “le magnifiche sorti e progressive” della tecnologia.
 
La verità non può ridursi alla tecnologia che ora è ipervalutata
Non danno lungimiranza  le scoperte del presunto benefattore tecnologico Prometeo il quale riconosce: “ho infuso in loro[1] cieche speranze ("tufla;" ejn aujtoi'"  ejlpivda" katw/vkisa", Eschilo, Prometeo incatenato,  v.250).
 Egli è divinità solo apparentemente benefica  in quanto portatore di conoscenze pratiche fuorvianti:" qnhtou;" g j e[pausa mh; prodevrkesqai movron", ho fatto smettere ai mortali di prevedere il destino di morte"(v.248).
Prometeo ha reso ciechi gli uomini riguardo al futuro.
Diversi autori, da Erodoto, a Platone, a Orazio, a Seneca, a Leopardi, a Mary Shelley considerano almeno in parte malèfici i presunti benefìci di Prometeo.
"Wilamowitz ne ha tratto la conclusione (Aisch. Interpr. , p. 149) che Eschilo abbia accostato, senza coordinarli, due differenti miti di Prometeo, uno dell'amico degli uomini, l'altro del demone cattivo"[2].
 
Torniamo a Nietzsche che osa affermare la propria inattualità rispetto a tutta la storia umana.
“Io vengo a contraddire come mai si è contraddetto, e nondimeno sono l’opposto di uno spirito negatore. Io sono un lieto messaggero  quale mai si è visto, conosco compiti di una altezza  tale che finora è mancato il concetto per definirli, e solo a partire da me ci sono di nuovo speranze”[3]. Intende speranze bon cieche
“Per quanto parli di economia, il nostro tempo è un dissipatore: sperpera la cosa più preziosa, lo spirito”[4].
 
Cito Leopardi che condanna l’ossessione dell’utile,  proclama la propria inattualità e ne è fiero: “di questa età "superba,/ che di vote speranze si nutrica,/vaga di ciance, e di virtù nemica;/stolta, che l'util chiede,/e inutile la vita/quindi più sempre divenir non vede;/ maggior mi sento. A scherno/ ho gli umani giudizi; e il vario volgo/ a’ bei pensieri infesto,/e degno tuo disprezzator, calpesto"( Il pensiero dominante  vv. 59-68-1831).
  
Ancora più duramente si esprime nei confronti del lucro  il poeta di Recanati nella Palinodia al Marchese Gino Capponi :" anzi coverte/fien di stragi l'Europa e l'altra riva/dell'atlantico mar (...) sempre che spinga/contrarie in campo le fraterne schiere/di pepe o di cannella o d'altro aroma/fatale cagione, o di melate canne,/o cagion qual si sia ch'ad auro torni"(vv. 61-67, 1835).  
 Pasolini ha ripetuto di recente questa denuncia dello “sviluppo" quale "fatto pragmatico ed economico" senza "progresso" come "nozione ideale" (Scritti corsari p.220).
E’ stato ingrassamento, per alcuni, senza grandezza, come quello che Platone nel Gorgia  attribuisce all'azione dei politici Ateniesi i quali:" in effetti senza preoccuparsi della temperanza e della giustizia (a[neu ga;r swfrosuvnh" kai; dikaiosuvnh") hanno riempito la città di porti, di arsenali, di mura,  di contributi e di altre sciocchezze del genere (toiouvtwn fluariw'n ejmpeplhvkasi th;n povlin, 519a).
 
Ambiguità dell’osare.
Osare è rischioso ma il rischio può essere bello-
Osare è sempre rischioso ma in certi casi può essere costruttivo. Osare il bene quando prevale il male è un rischio bello- uno di quelli di cui parla Socrate. “kalo;ς ga;r oJ kivndunoς”, Platone, Fedone, 114d).
 
Non osare in certi casi può essere una debolezza o una viltà-
Non osare in favore della vita è  una viltà che può favorire la morte.
 Il personaggio Fedro  nel Simposio di Platone  racconta che Orfeo non piacque agli dèi e non riebbe l'amata Euridice"     o{ti malqakivzesqai ejdovkei...kai; ouj tolma'n e{neka tou' e[rwto" ajpovqnh/skein w{sper  [Alkhsti""(179d) poiché sembrava essere un vile, un languido citaredo e non osare morire per amore come Alcesti.
 
Uomini e donne in Euripide.
 
“Euripide è stato straordinariamente  perfido”, commenta Kott, "Admeto non solo dimentica che il cantore trace non è riuscito a recuperare la moglie, ma non gli viene in mente di assomigliargli per la sua codardia"(Mangiare Dio, p.133).
Admeto è uno degli uomini di Euripide miserabili di fronte alle loro donne: dopo avere chiesto ai genitori poi alla giovane moglie di sostituirlo nella morte, ha l’impudenza, l’ipocrisia e la  stupidità di rivolgersi ad Alcesti morente con queste parole:
E se io avessi la lingua e il canto di Orfeo,
così da poterti strappare all'Ade affascinando
con i canti o la figlia di Demetra o lo sposo di quella,
vi scenderei e il cane di Plutone né
Caronte, il traghettatore di anime curvo sul remo
potrebbero trattenermi, prima che avessi riportato la tua vita alla luce"
( Alcesti, vv. 357-362).
 
 La Medea di Euripide  sente il bisogno di impiegare tutta la propria audacia nell’osare
 Nel quinto episodio della tragedia,  Medea combattuta tra la compassione materna e l'odio per  Giasone che l’ha abbandonata dopo averla usata e colonizzata , e per giunnta straziata dalla sofferenza  dell'amor proprio oltraggiato, si domanda:"Kaivtoi tiv pavscw; bouvlomai gevlwt j ojflei'n-ejcqrou;" meqei'sa ajzhmivou";-tolmhtevon tavd j j" ( Euripide, Medea, vv. 1049-1051), ma che cosa mi succede? voglio dare motivo di scherno ai miei nemici lasciandoli impuniti? Bisogna osare questo.
Il tipo di ardimento osato da Medea nell’ammazzare i figli purtroppo non è inattuale. Succede ancora che madri frustrate e impazzite ammazzino i figli piccoli.
 
Anche nelle Argonautiche  di Apollonio Rodio Medea è combattuta: tra la vergogna (aijdwv~, v. 652) che la trattiene e un desiderio ardito (qrasu;~ i{mero~, 3, 653)  che la spinge a recarsi da Giasone.
 
L’audace osare delle donne fa paura agli uomini. La trasvalutazione lessicale.
 
Tovlma secondo la visione tradizionale è una forma di sconsiderata temerarietà che porta a commettere azioni cattive. 
Nelle Coefore di Eschilo, Elettra, per esecrare la madre assassina, ne mette in rilievo l'audacia illimitata e la apostrofa chiamandola appunto:"pavntolme ma'ter" (v. 430), madre che tutto osa. 
il Coro delle donne che portano le libagioni sulla tomba di Agamennone  durante il primo stasimo afferma che la terra nutre molte creature tremende, angosce di terrori (polla; me;n ga' trevfei-deina; deimavtwn a[ch, vv. 585-586 strofe a), e gli abbracci marini sono pieni di mostri infesti ai mortali, e nel cielo divampano fiamme e tempeste furiose.
Quindi aggiunge: chi potrebbe descrivere la mente troppo audace dell'uomo e gli amori pronti ad ogni audacia delle donne temerarie nell'animo, associati alle sventure dei mortali? :"ajll' uJpevrtolmon ajn-dro;" frovnhma tiv" levgoi-kai; gunaikw'n fresi;n tlhmovnwn -pantovlmou" e[rwta", a[-taisi <  > sunnovmou" brotw'n; " ( Coefore, vv. 594-598, antistrofe a).
Poco dopo, nella strofe g, le portatrici di libagioni esprimono direttamente il loro rifiuto dell'audacia femminile, con riferimento all'ardire criminale di Clitennestra:"tivw d j ajqevrmanton eJstivan dovmwn,<gunaikeivan> t' a[tolmon aijcmavn." (vv. 629-630), tengo in pregio un focolare domestico che non brucia e un temperamento impulsivo di donna che non arriva all'audacia.
 Nell'esodo, Oreste, dopo avere ucciso la madre, si giustifica illustrando la natura malvagia di Clitennestra la quale, se fosse nata murena o vipera, avrebbe fatto imputridire uno, solo toccandolo, senza bisogno di morderlo "tovlmh" e{kati kajkdivkou fronhvmato" " (Coefore, v. 996) per la sua audacia e il pensiero fuori dalla giustizia.
 
 L'audacia di tante donne viene rilevata in un contesto comico da Palestrione, lo schiavo astuto del Miles gloriosus:" Neque eques neque pedes profectost quisquam tanta audacia-qui aeque faciat confidenter quicquam quam mulier facit" (vv. 464-465), davvero non c'è  cavaliere né fante alcuno di così grande audacia, che faccia qualche cosa con tanta sfrontatezza quanto una donna.    
    
La Medea di Euripide chiede aiuto al coro delle donne di Corinto e conclude il suo appello alla solidarietà femminile dicendo:
“La donna infatti per il resto è piena di paura
e vile davanti a un atto di forza e a guardare un'arma;
ma quando sia offesa nel letto,
non c'è non c'è altro cuore più sanguinario”.  (Medea, vv.  263-266)
 
L’audacia e l’osare delle donne fa notizia più di quella degli uomini, ecco perché viene ricordata tanto spesso.
  
 Nelle  Trachinie di Sofocle, Deianira biasima le donne temerarie capaci di:"kaka;" de; tovlma"  mhvt j ejpistaivmhn ejgwv-mhvt' ejkmavqoimi, tav" te tolmwvsa" stugw' " (vv.582-583), audacie cattive non vorrei conoscerle, né averle imparate, le temerarie hanno il mio odio.
Deianira si riferisce, come fatto eccezionale, da non ripetere, al chitone intriso del sangue di Nesso che avrebbe dovuto restituirle l'amore di Eracle, invece lo uccide. Questo presunto rimedio è l'extrema ratio per sottrarre il marito alla giovane e vincente rivale Iole con la quale la sposa matura devono aspettare un amplesso sotto una coltre sola (Trachinie, vv. 539-540). Deianira, esasperata, ricorre a questo atto audace poiché ha paura:" vedo una gioventù che procede avanti, e una che tramonta: da quella l'occhio ama cogliere il fiore, da questa ritira il piede. Io temo dunque che Eracle sia chiamato sposo mio, ma l'uomo della più giovane” (vv. 547-551).  “Voglio solo vincere quella giovane con filtri e incantesimi imposti a Eracle-fivltroi~ kai; qevlktroisi- (584-585).
 
Si pensi anche alle Farmakeuvtriai , le Incantatrici, il II idillio di Teocrito.  Simeta è stata abbandonata da Delfi e prega Ecate sotterranea che atterrisce anche i cani, Ecate tremenda. Le chiede aiuto per preparare filtri degni di Medea.  Ecate è la maestra e signora delle maghe e delle streghe: da Medea a Erichto alle fatali sorelle del Macbeth.
 
D’altra parte: “Tutte le donne sono un po’ fattucchiere quando sono innamorate”[5].
 
Il Coro di  donne di Trachis (in Tessaglia) si augura di veder giungere Eracle panivvvvmero"  (v. 660) pieno di desiderio grazie all'unzione ricevuta. Ma le audacie cattive non pagano. 
  
Medea sta conducendo una lotta intestina, all'interno della sua famiglia oltretutto, una guerra più che civile, e in tali conflitti molti valori  si capovolgono: lo afferma Tucidide a proposito della guerra civile (stavsi") di Corcira[6] quando ci fu una tranvalutazione generale e le stesse parole cambiarono il loro significato originario:"Kai; th;n eijwqui'an ajxivwsin tw' ojnomavtwn ej" ta; e[rga ajnthvllaxan th'/ dikaiwvsei. Tovlma me;n ga;r ajlovgisto" ajndreiva filevtairo" ejnomivsqh" (III, 82, 4), e cambiarono arbitrariamente l'usuale valore delle parole in rapporto ai fatti. Infatti l'audacia irrazionale fu considerata coraggio devoto ai compagni di partito. 
 
"Un'audacia " ajlovgisto"" prende il nome di coraggio, la prudenza si chiama pigrizia, la moderazione viltà, il legame di setta viene prima di quello di sangue, e il giuramento non viene prestato in nome delle leggi divine, bensì per violare le umane.   Sinistro carnevale, mondo a rovescio, in cui è necessario lottare con ogni mezzo per superarsi e in cui nessuna neutralità è ammessa. Così appare, a Corcira, per la prima volta tra gli Elleni, la più feroce di tutte le guerre (Tucidide, III, 82-84)” [7].
 
Medea però non ha compagni né partito, ed è rimasta sola con la sua filautiva (amor proprio) da difendere.
 
In una donna l'audacia ben difficilmente viene considerata una virtù: si pensi alla Sempronia sallustiana:"quae multa saepe virilis audaciae facinora commiserat " (Bellum Catilinae, 25) che spesso aveva perpetrato misfatti di audacia virile.
Sentite i virilis audaciae facinora quali sono: “litteris Graecis, Latinis docta, psallere, saltare elegantius quam necesse est probae, multa alia, quae instrumenta luxuriae sunt. Sed ei cariora semper omnia quam decus atque pudicitia fuit; pecuniae an famae minus parceret, haud facile discerneres; lubido sic accensa, ut saepius peteret viros quam peteretur”, sapeva di latino e di greco, e suonare e danzare con eleganza maggiore di quanto si chiede a una onesta, e conosceva molte altri mezzi che sono strumenti di lussuria. Ma tutto le fu sempre più caro che il decoro e la pudicizia, non avresti potuto facilmente decidere se avesse meno riguardo del denaro o della reputazione: la libidine era così ardente che cercava gli uomini più spesso di quanto venisse cercata. Faceva insomma parte della risma dei seguaci di Catilina, uomini di ogni tipo e donne che da giovani si erano prostituite, poi si erano riempite di debiti:  con questi il loro capo banda contava di sollevare gli schiavi, incendiare Roma, arruolare i loro mariti o ucciderli.
 
L’ audacia attribuita a Catilina e ai suoi seguaci è presentata come una forma di estremismo. Nella prima Catilinaria Cicerone attacca il nemico attribuendogli piani e intenti eversivi:"quem ad finem sese effrenata iactabit audacia? " (I, 1, 1), fino a quale estremo si lancerà l'estremismo scatenato?   
 
Un estremismo che, anche a Roma, trasvaluta perfino le parole, ne cambia il valore tradizionale:
Nella  monografia di Sallustio citata sopra, Catone, parlando , in senato dopo e contro Cesare, il quale aveva chiesto di punire i congiurati "solo" confiscando i loro beni e tenendoli prigionieri in catene nei municipi, denuncia questo cambiamento del valore delle parole:"iam pridem equidem nos vera vocabula rerum amisimus: quia bona aliena largiri liberalitas, malarum rerum audacia fortitudo vocatur, eo res publica in extremo sita est " (Bellum Catilinae 52, 11), già da tempo veramente abbiamo perduto la corrispondenza tra il valore reale dei nomi e le cose: poiché essere prodighi dei beni altrui si chiama liberalità, l'audacia nel male coraggio, perciò la repubblica è ridotta allo stremo.
 
Il ritratto paradossale di Sempronia-donna piena di vizi e di capacità, termina con queste parole: “Sed ea saepe antehac fidem prodiderat, creditum abiuraverat, caedis conscia fuerat: luxuria atque inopia praeceps abierat.  Verum ingenium eius haud abssurdum : posse versus facere, iocum movere, sermone uti vel modesto vel molli vel provaci; prorsus multae facetiae multusque lepos inierat (25) ma già prima, ella aveva spesso tradito tradito la fede, negato con spergiuro un debito, era stata complice di un delitto: per il lusso e il bisogno era caduta in rovina. Tuttavia il suo ingegno non era rozzo: era capace di versificare, di scherzare, di conversare con parole modeste o tenere o licenziose: insomma in lei c’era molto spirito e molto fascino.
Di sicuro una donna non insignificante.
Tali ritratti paradossali presentano donne e uomini misti di pregi e difetti
Questa è la presentazione del capo della congiura : “Catilina, nobili genere natus, fuit magna vi et animi et corporis, sed ingenio malo pravoque” (5) .
Poco meno favorevole è il giudizio di Tacito  sui Gracchi anche loro nobili genere nati:Ma l’oratoria dei Gracchi non era così preziosa da sopportarne le leggi (eversive). “Sed nec tanti rei publicae Gracchorum eloquentia fuit ut pateretur et leges  (Dialogus de oratoribus, 40).


Bologna 20 maggio 2023 ore 17,35 
giovanni ghiselli

p. s.
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[1] Nei mortali
[2] B. Snell, Eschilo e l'azione drammatica, p. 122.
[3] Nietzsche . Ecce homo. Perché io sono un destino 1.
[4] Nietzsche, Aurora, III, 179.
[5] S. Màrai, La donna giusta, p. 204.
[6]  427-425 a. C.
[7] M. Cacciari, Geofilosofia dell'Europa, pp. 42-43.

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