Ieri sera al tramonto ho recitato la prova geneale di quello che sarà il mio ultimo atto: la morte in completo abbandono sul tipo di quella affrontata da Giovanni Drogo nel romanzo di Buzzati Il deserto dei Tartari. Quando lo lessi da adolescente compresi che sarei morto così.
La morte più difficile e
gloriosa. Mi si addice.
Stava calando il buio ed ero salito su una sedia per cambiare una lampadina fulminata. Una di quelle orribili al neon fatta a spirale. Il materiale taglientissimo di questa mi si è rotto tra le mani mentre la svitavo e ha appunto tagliato l’indice della mia mano sinistra. Dal dito ferito vicino alla cima cadevano sul pavimento, poi sul lavandino, fiotti di sangue. Ho provato a fermarlo, ma appena scostavo il fazzoletto il fiottare rosso riprendeva abbondante e precipitoso. Il cielo si stava spengendo e con lui, pensai si sarebbe spenta la mia vita se non avessi trovato un rimedio, quale che fosse. Ho telefonato a un paio di amici ma non hanno risposto. Sicché sono ricorso all’extrema ratio, quella tentata qualche anno fa per salvarmi la vita: il pronto soccorso.
Correndo in bici e insanguinando ogni strada sono arrivato al Sant’Orsola. Non trovavo l’ingresso consentito e sono entrato attraverso uno vietato.
Dalla sensazione convessa a quella concava. Appena dentro, un infermiere mi si è parato davanti minaccioso con occhi vermigli. Gridava: “lei da dove è entrato?”
Allora gli ho mostrato il dito da dove colava il sangue e il pavimento insanguinato. Immediatamente quel Cerbero è diventato un angelo custode. Ha detto che di solito fanno aspettare per ore ma io non sarei sopravvissuto per tanto tempo. Quindi abbiamo attraversato un corridoio pieno di genti dolorose, affannate, e infine quello spirito eletto mi ha curato e salvato la vita. Rinfrancato, sono andato al cinema- L’amore secondo Dalva, un bel film al cinema Galliera.
All’uscita però mi sono spaventato di nuovo perché sulla fasciatura appariva una macchia di sangue. Sicché sono tornato al Pronto Soccorso, ho trovato l’ingresso consentito dal quale mi avevano fatto uscire tre ore prima e ho incontrato il mio demone buono, lo spirito magno, infermiere o dottore che fosse, il quale mi ha detto che potevo stare tranquillo: la vita era salva e pure il dito. E così sia: non era ancora destino.
Bologna 15 maggio 2023 ore 11, 35 giovanni ghiselli
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