Durante l’ultima notte di Yväskylä, Päivi mi telefonò da Oulu, da casa di Jussi, dicendo che senza di me non poteva dormire, e che non aveva ancora deciso se tenere il nostro bambino.
Le mancavo, anzi soffriva, pensando che io ero in Finlandia, eppure parecchio lontano da lei.
“Torna qui” le risposi. “Io posso, anzi devo rimanere in Finlandia altri tre giorni. Io ti amo”.
“Anche io ti amo”, replicò lei, erano le quattro, “ma domani devo entrare in ospedale per le analisi”.
“Che cosa pensi di fare?”.
“Ancora non ho deciso. E’ difficile Gianni, è molto difficile, e nessuno mi aiuta”.
“Se vuoi, ti raggiungo”.
E’ meglio di no. Ciao, Gianni, ti amo molto”.
“Ciao. Domani mattina partirò da casa tua; poi mi fermerò due giorni a Helsinki, da quel simpatico Kalle, che abbiamo conosciuto a Debrecen. Telefonami là, magari. Ti amo molto anche io”.
Il giorno seguente andai a cercare Kaisa, l’amore dell’estate 1972, nella facoltà dove era assistente. Volevo parlare con lei. Si fece negare, poi mi scrisse che non aveva potuto fare diversamente siccome era già abbastanza chiacchierata dalle linguacce dell’università[1].
Quindi, nel pomeriggio del tutto desolato, partii da Yväskylä in treno, e, tre giorni dopo, da Helsinki con l’aeroplano. Eravamo spinti da una forza enormemente superiore alle nostre umane: quella della Necessità che con mani d’acciaio volge l’asse dell’universo attraverso cui avvengono tutti i movimenti del cielo.
Ananche ci aveva fatto incontrare a Debrecen in luglio, quindi aveva imbastito il nostro amore, e in settembre ci separava disfacendo la tela tessuta durante quel mese fatato o fatale, o forse soltanto sognato.
Decidi tu lettore. Fatto sta che Päivi e io non potevamo fare più nulla insieme.
Bologna 19 giugno 2022 ore 7, 53
Sono in partenza per Siracusa.
Saluti
gianni
[1] Cfr. La precedente Storia di Kaisa capitolo 14
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