NUOVE DATE alla Biblioteca «Ginzburg»: Protagonisti della storia antica

Ciclo di incontri alla biblioteca «Ginzburg». Protagonisti della storia antica

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giovedì 2 giugno 2022

Secondo stasimo dell’Edipo re di Sofocle (863-910) prima parte (vv. 863-882).


 

 

 

La nobile gara benefica per la città

 

 

Una parte  nodale della tragedia Edipo re di Sofocle che viene rappresentata in questo mese nel teatro greco di Siracusa è il secondo stasimo. Ne trascrivo qui la traduzione della prima metà, per significare che non è possibile parteggiare per uno  degli eserciti attualmente in guerra dal momento che le guerre vengono  fatte per ragioni di potere, di potere tirannico oltretutto che è sempre claudicante: come quello dell’Edipo di Sofocle  e quello del Riccardo di Shakespeare.

  Non bisogna dimenticare che Edipo aveva avuto le caviglie forate e quindi doveva essere zoppo, con i piedi gonfi (oijdevw e pouv").

 Si può pensare anche a Riccardo che, entrando in scena nel dramma di Shakespeare,  si presenta come deform’d , unfinish’d- (I, 1, 20) deforme, incompiuto, and so lamely and unfashionable that dogs bark at me, as I halt-  (I, 1, 20-23) e così claudicante e goffo che i cani mi abbaiano quando arranco vicino a loro. Abbiamo visto più di una volta gli uomini di potere inciampare, talora anche cadere.

  

Prima strofe del secondo stasimo dell’Edipo re di Sofocle. 863-872.

Sommario

Il coro invoca per sé la purezza delle parole e delle opere che devono essere concordi e regolate non da leggi umane, transeunti siccome soggette a mode e a regimi, bensì da norme divine: scaturite dagli dei e dalla natura, tali che i mortali non possano mutarle né trascurarle.

"Oh, mi accompagni sempre la sorte di portare

 la sacra purezza delle parole

e delle opere tutte, davanti alle quali sono stabilite leggi

sublimi, procreate

attraverso l'etere celeste di cui Olimpo è padre da solo né le

generava natura mortale di uomini

né mai dimenticanza

potrà addormentarle:

grande c'è un dio in loro e non invecchia"872

Commento

ei[ con l'ottativo(xuneivh da suvneimi) esprime un desiderio realizzabile.-fevronti=concordato con moi:letteralmente"sia con me- che porto".-eu[septon(hapax; cfr.sevbomai=venero)

 

864aJgJneivan: il coro, colpito dalla bestemmia di Giocasta, reagisce invocando per sé la veneranda purezza delle parole –lovgwn- cui sono collegate le opere -e[rgwn- poiché nell'uomo probo non c'è discrepanza tra il dire e il fare, e  ingannevoli sono le parole dei sofisti, dei ciarlatani, dei  ruffiani; insomma degli uomini senza criteri morali e religiosi. Per il poeta pio che opera attraverso l'affabulazione drammatica, la corrispondenza tra le une e le altre deve essere diretta e completa.

865-866 -novmoi..uJyivpode": sono norme non terrene né mortali, come le a{grapta kajsfalh' qew'n novmima, le leggi non scritte e  non cancellabili degli dei di Antigone (vv.454-455).

Euripide nelle Supplici reagisce facendo dire a Teseo che dove non sono vigenti leggi scritte vige l’arbitrio dei potenti[1].

Platone nel Critone  personifica le leggi, le fa parlare, ed esse esortano Socrate a vivere e morire dando retta a loro poiché lo hanno allevato:"peiqovmeno" hJmi'n toi'" soi'" trofeu'si"(54b). Qui non c'è dicotomia tra le leggi della povli" e quelle eterne: infatti i novmoi di Platone hanno dei fratelli nell'Ade:"oiJ hjmevteroi ajdelfoi; oiJ ejn  vJvAidou "(Critone  54c).  

 

 vv.869-872. qnata;...ghravskei:"generava natura mortale di uomini/né mai dimenticanza/potrà addormentarle:/grande c'è un dio in loro e non invecchia".-

 oujdev nin (…) qnata;(=qnhth;;) fuvsi" e{tikten: gli uomini, che non le hanno inventate, non  possono metterle da parte per sostituirle con codici più nuovi; esse  non seguono regimi o mode poiché sono le norme eterne della religione e della morale.

 

Prima antistrofe.vv.873-882.

Sommario

E' un anatema dell' u{bri" madre del tiranno, la prepotenza che, gonfia di vani orpelli, sale sui fastigi del potere ma poi, non avendo una base salda nel consenso dei cittadini, precipita nell’ abisso scosceso della necessità da dove il piede vacillante della sua tracotanza non può risollevare il corpo malato.

Il coro chiede al dio di mantenere viva la nobile gara democratica e ginnica, benefica per la città.

Traduzione

"La prepotenza fa crescere il tiranno, la prepotenza

se è riempita invano di molti orpelli

che non sono opportuni e non convengono

salita su fastigi altissimi

precipita nella necessità scoscesa

dove non si avvale di valido piede.

La gara benefica per la città,

prego dio di non

interromperla mai;

dio non cesserò mai di averlo patrono".

 

 

 

 

873 u{bri": cfr. Eraclito, fr.108 Diano:"u{brin crh; sbennuvnai ma'llon hj; purkaihvn", bisogna spegnere la prepotenza più che le fiamme di un incendio.

Già Solone del resto nella cosiddetta Elegia alle Muse (fr. 1 D, v. 16)) aveva scritto:"ouj ga;r dh;(n) qnhtoi's j u{brio" e[rga pevlei", non durano a lungo per gli uomini le opere della prepotenza.

 Interessante questa nota di Pavese ne Il mestiere di vivere (18 ottobre 1942):"L'ybris  è il conoscere un oracolo e non tenerne conto. Ma è fato (oracolo) anche l'ybris . Ciò che deve essere sia. Il coro constata questo".

Settembrini, il buffo umanista de La Montagna Incantata  di Thomas Mann distingue un' u{bri" buona da un'altra cattiva e santifica quella di Prometeo in quanto essa è amica dell'umanità:"Ma l'"Hybris" della ragione contro le oscure potenze è altissima umanità, e se chiama su di sé la vendetta di dèi invidiosi (...) questa è sempre una rovina onorata. Anche l'azione di Prometeo era "Hybris" e il suo tormento sulla roccia scita noi lo consideriamo il martirio più santo. Ma come siamo invece di fronte all'altra "Hybris", a quella contraria alla ragione, all'"Hybris" della inimicizia contro la schiatta umana?"(Capitolo sesto. Cambiamenti).


873tuvrannon: la prepotenza genera il tiranno poiché il dispotismo è la conseguenza del disordine nel quale cade un popolo quando è vuota la coscienza politica, quella morale e non c'è nemmeno uno spettro di religione per tenere a bada i peggiori.

Cfr. Crizia, Sisifo, fr.25 D.K.,vv.11-16 :"moi dokei'/prw'ton pukmov" ti" kai; sofo;" gnwvmhn ajnh;r/qew'n devo" qnhtoi'sin ejxeurei'n, oJvpw"/ei[h ti dei'ma toi'" kakoi'si, ka]n lavqra//pravsswsin h] levgwsin h] fronw'siv ti./ejnteu'qen ou\n to; qei'on eijshghvsato", mi sembra che dapprima un uomo accorto e saggio nella mente abbia trovato per i mortali il timore degli dei perché ci fosse terrore per i malvagi, anche se di nascosto fanno o dicono o pensano qualche cosa. Per questo dunque introdusse la divinità.

Il sofista oligarca, se pure l’autore del dramma satiresco è lui, è l'inventore della teoria della religione quale strumento di regno, una funzione ben lontana da quella attribuita da Sofocle alla devozione, ma comunque utile a frenare i criminali .

Il tiranno poi a sua volta genera prepotenza, come vediamo nelle Storie  di Erodoto: il despota Trasibulo di Mileto insegna un metodo al collega Periandro di Corinto che gli ha domandato come possa governare la città nel modo migliore: glielo fa capire, attraverso un gesto simbolico, ossia recidendo le spighe più alte di un campo di grano, che gli suggerisce di mettere a morte i cittadini  eminenti:"oiJ uJpetivqeto Qrasuvboulo" tou;" uJperovcou" tw'n ajstw'n foneuvein". Allora Periandro manifestò tutta la sua malvagità contro i cittadini:" ejnqau'ta dh; pa'san kakovthta ejxevfaine ej" tou;" polihvta""(V, 92).

873 pollw'n=neutro. Sono gli orpelli vani di cui si gonfia la prepotenza: essi possono ingannare gli uomini peggiori, vuoti , privi di interessi spirituali e lontani dalla giustizia.

 

La vanità degli orpelli del potere è denunciata anche da Shakespeare: Brakenbury, il Luogotenente della torre dove è rinchiuso Il Duca di Clarence per essere assassinato dietro ordine, di Riccardo, Duca di Gloucester e suo fratello,  entra in scena dicendo: “Princes have but their titles for their glories,-An outward honour for an inward toil;-And for unfelt imaginations-They often feel a world of restless care” (I, 4), i principi hanno solo i loro titolo per le loro glorie, un onore esteriore per un travaglio interno, e per le fantasie immaginate che non sentono; essi  sentono spesso un mondo di affanni senza posa.

 

Pasolini intervistato da Enzo Biagi in una trasmissione televisione (del 1971) con la classe frequentata al Galvani (c’erano SergioTelmon, Agostino Bignardi e altri compagni di scuola)

Disse che successo non è un  bene, anzi è l’altra faccia della persecuzione:

"Ecco che cos'è il successo: una vita mistificata dagli altri, che torna mistificata a te, e finisce col trasformarti veramente"[2].

L'ambiguo splendore del successo in effetti non poche volte provoca l' accecamento.

 

L’u{bri~ è l’antitesi della giustizia.

Eschilo nell'Agamennone  proclama:"Divka de; lavmpei mevn ejn-duskavpnoi" dwvmasin",Giustizia brilla nelle case dal povero fumo(vv.772-772). Sofocle è con Esiodo, Solone, Eschilo, Platone, uno dei profeti di Divkh. Il più antico la contrappone alla prepotenza, come fa il nostro.

Nelle Opere, si rivolge al fratello Perse in questi termini:"su; d& a[koue divkh", mhvd j u{brin o[felle-u{bri" ga;r te kakh; deilw'/ brotw'/", tu ascolta la giustizia e non fare crescere la prepotenza; la prepotenza infatti è cattiva per il povero mortale"(vv.213-214). E, poco più avanti(vv.217-218):"divkh d& uJpe;r u{brio" i[scei-ej" tevlo" ejxelqou'sa", la giustizia prevale sulla prepotenza quando giunge alla fine.

876-877-ajkrovtata (…) ajpovtomon: l'enfasi vuota di valori etici e religiosi può portare l'uomo dotato di"virtù senza morale"(così è chiamata da Nietzsche la capacità dell'uomo rinascimentale codificata da Machiavelli) sulla sommità del potere, ma prima o poi la giustizia lo farà precipitare nella necessità scoscesa, poichè morale e virtù non possono entrare in contraddizione ed è miope l'intelligenza che non comprende questo. Il saggio Solone scrive:"pavntw" u{steron h\lqe divkh", in ogni caso poi arriva giustizia(1 D.v.8).-

878-podi; crhsivmw/:  è possibile avvertire un'allusione al piede gonfio di Edipo, il Piedone.

880-pavlaisma: la gara benefica per la città è tanto la competizione dialettica fra gli uomini politici di uno stato democratico, quanto la gara poetica o quella atletica : esse non devono cessare per dare luogo alla guerra. Sofocle chiede al dio la tutela dei valori  che vede in pericolo nell'Atene del massacro degli abitanti l'isola di Melo, quando si profanavano i riti sacri e si mandavano a morire i giovani in spedizioni perdenti come quella di Sicilia. In questo caso la tirannide coincide con la demagogia. Nell'Aiace (v.1350) Agamennone ricorda l'improbabilità che si salvi la religione in un regime  tirannico:"to;n toi tuvrannon eujsebei'n ouj rJavdion, non è facile certo che un tiranno sia pio. Isocrate nell'Areopagitico (4) ribadisce questo concetto riferendolo all'ambito statale:"suntevtaktai kai; sunakolouqei' toi'" me;n plouvtoi" kai; toi'" dunasteivai" a[noia kai; meta; tauvth" ajkolasiva", alla ricchezza e al potere è coordinata e segue la pazzia, e con questa la licenza.

 

 

 

Bologna 2 giugno 2022 ore 17, 19

giovanni ghiselli

p. s.

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[1] In questa tragedia Teseo propugna la democrazia e dice all’araldo tebano mandato da Creonte  che quando c’è un tiranno non esistono più leggi comuni (novmoi- koinoiv, vv. 430-431). E procede: “gegrammevnwn de; tw'n novmwn o{ t’ ajsqenh;~-oJ plouvsiov~ te th;n divkhn i[shn ecei ” (vv. 433-434), quando ci sono le leggi scritte il debole e il ricco hanno gli stessi diritti.

 

[2] P. P. Pasolini, , dai “Dialoghi con Pasolini” su “Vie Nuove” (1960) in Pasolini saggi sulla politica e sulla società, p. 910.

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