Da commentare è il commento di G. B. Conte:
"Orfeo fallisce perché viene meno alle rigorose prescrizioni degli dèi immitis rupta tyranni/ fodera (Georgica IV, vv. 492). Egli non può rispettare gli ordini ricevuti da Plutone perché manca di tenacia e fermezza: è un amante e ha in sé la 'leggerezza' dell'amore che lo possiede. Volta gli occhi, e contra legem - contro la condizione imposta dagli dèi della morte-guarda l'oggetto del suo amore. L'amore lo tradisce e lo 'gioca'. Il suo è l'ingannevole trionfo d'amore (quasi l'essersi illuso che davvero potesse valere la sentenza dell'omnia vincit amor [1], che amare avesse più forza anche della morte). Una comparazione sistematica tra i due eroi ottiene, dunque, un primo risultato. Il parallelismo fra Orfeo e Aristeo, realizzato tramite l'espediente della cornice, ha la funzione di manifestare un'opposizione permanente fra due atteggiamenti e due modi di vita: da un lato il georgòs scrupoloso e pio, dall'altro l'amante che-seppure armato della forza trascinante e sconvolgente di Eros- è però tradito da quello stesso furor che lo anima"[2].
Il mio commento
Virgilio con questo racconto vuole suggerire ai suoi lettori che è bene obbedire al potere, non trasgredine gli ordini. Altrettanto farà il “pio” Enea quando obbedisce senza discutere all’ ordine che Mercurio gli trasmette in sogno di fuggire da Cartagine abbandonando Didone. Il “pio” eroe scapperà di nascosto senza nemmeno salutare l’amante che si ucciderà (Eneide, IV)
Tenete conto che Orfeo, il gewrgov~ “scrupoloso e pio”, premiato per la sua pietas, consistente nell’obbedienza, ha causato la morte di Euridice la quale fu morsa da un orribile serpente mentre fuggiva a precipizio lungo il fiume inseguita da Aristeo che voleva violentarla immanem ante pedes hydrum moritura puella (…) non vidit in herba” (Georgica IV, v. 458 e v. 459).
E’ la stessa pietas spietata di Enea che abbandona Didone pure lei moritura, ossia “pesti devota futurae” (Eneide, I, 712)
Bologna 5 settembre 2023 ore 18, 37 giovanni ghiselli
p. s.
"Dei poeti, come Virgilio, Orazio, Ovidio non discorro. Adulatori per lo più de’ tiranni presenti, sebbene lodatore degli antichi repubblicani. Il più libero è Lucano” ( Leopardi, Zibaldone 463).
Ovidio a parer mio non c’entra con gli adulatori tanto che venne cacciato in esilio. Dopo magari lo divenne, sperando di essere richiamato a Roma.
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