In quel momento aveva ragione poiché facevamo aspettare i nostri allievi per problemi che riguardavano soltanto noi due. Avrei potuto scusarmi del ritardo ma non me lo consentì lo stile maleducato e offensivo di quella censura verbale. Dissi solo: "Ora vado".
Appena entrato in classe del resto mi scusai con i ragazzi.
Lo stile di un adulto non è un fatto esteriore alla persona ma ne rappresenta il pensiero, il carattere, lo stesso destino. Insomma non dobbiamo mai chiederci perché uno si comporti in un certo modo: ciascuno di noi “fa” così come “è”.
Quando doveva rivolgersi alle persone presunte deboli in quanto sottoposte alla sua autorità, colui usava il tono del duce sicuro di sé, imperioso e intollerante di qualsiasi obiezione, tuttavia non era efficace, cioè non otteneva il risultato voluto, in quanto appariva presto come di fatto era: stentato, affettato, inautentico e per smontarlo bastava non dargli importanza, ossia rispondergli con signorile sprezzatura. Allora lo sforzo rauco teso ad affermare supremazia diventava un singhiozzo strozzato.
Nei suoi momenti migliori quel pover’uomo poteva manifestare aspetti di carattere non cattivo, perfino di umanità, come quando parlando con me ammise di avermi fatto un grave torto nello spostarmi in una classe inferiore: “abbia pazienza professore - mi disse - summum ius summa iniuria”. Rimaneva comunque un uomo dal potere meschino, privo di ogni potenza: il summum ius , voleva dire, era incarnato da lui che aveva la facoltà di mettere gli insegnanti dove voleva, o dalla vicepreside che gli aveva potuto ordinare quello spostamento, e lui appena era arrivato nel liceo non poteva dire di no a una che nell’interregno aveva preso in mano la gestione della scuola.
Se poi tale degradazione era ingiuriosa per me e danneggiava gli allievi del triennio, lui non aveva potuto fare altro. Davvero un pover’uomo.
Bologna 21 ottobre 2023 ore 12, 07
giovanni ghiselli
p. s.
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