giovedì 5 ottobre 2023

Giustificazioni di donne adultere.


Avvertenza: il blog contiene 7 note e il greco non traslitterato

 

Le adultere di cui racconto hanno tradito me, non i mariti.

 

Mi hanno dichiarato amore dicendo che quegli sposi non erano abbastanza intelligenti poi però sono tornate ciascuna dal rispettivo consorte.

“Vennero donne con proteso il cuore

Ognuna dileguò senza vestigio”[1].

 

Le tracce le ho lasciate io raccontando  le nostre storie.

 

Sentiamo come si giustifica l’adultera Molly Bloom: “Oh quanto chiasso se fosse tutto qui il male che facciamo in questa valle di lacrime O much about it if thats all the harm ever we did in this vale of tears

 lo sa Iddio che non è poi un gran che tutti lo fanno solo che non si fanno vedere  God knows its not much doesnt everybody only they hide it   (Joyce, Ulisse, XVIII episodio, Penelope. Il letto)

 

  Mi preme indicare un'altra adultera che nega ogni significato al suo tradimento: si tratta della Clitennestra della Yourcenar che fa l' autodifesa:"Signori della Corte, esiste un solo uomo al mondo: il resto, per ogni donna, non è che un errore o un malinconico surrogato. E l'adulterio non è sovente che una forma disperata della fedeltà. Se qualcuno io ho tradito, si tratta certamente di quel povero Egisto. Avevo bisogno di lui per sapere fino a che punto fosse sostituibile colui che amavo"[2].

L' indulgenza verso l'adulterio del resto non se l'è inventata la Penelope di Joyce né la Clitennestra della Yourcenar: si trova già in Saffo (VII-VI sec. a. C.), in  Menandro e addirittura nelle parole di Cristo. Viceversa Catullo lo condanna.

 

Sentiamo almeno Saffo

La cosa più bella. Contro la guerra

Vediamo l'ode più ideologica di Saffo, quella chiamata "La cosa più bella"(fr. 16 LP):"alcuni una schiera di cavalieri, altri di fanti,/altri di navi dicono che sulla terra nera/sia la cosa più bella-emmenai kavlliston-, io quello/che uno ama./Ed è facile assai rendere questo/comprensibile a ognuno: infatti quella che di gran lunga superava/nella bellezza gli esseri umani, Elena, dopo avere lasciato/il marito che pure era il più valoroso di tutti,/andò a Troia navigando/e non si ricordò per niente della figlia/né dei suoi genitori, ma Cipride la/trascinò, in preda all'amore. (vv. 1-12)...Anche a me ora ha fatto ricordare[3]/di Anattoria assente./Di lei ora vorrei vedere l'amabile passo/ e il fulgido scintillio del volto/piuttosto che i carri dei Lidi e i fanti/che combattono nell'armatura". (vv. 15-20).

Saffo afferma il proprio gusto di persona e di donna: al mondo maschile della guerra ella contrappone quello femminile dell'amore, e non dell'amore matrimoniale, bensì dell'Eros come rapimento dei sensi e dell'anima travolti da Afrodite.

Come succede a Cherubino "ogni donna mi fa palpitar. Solo ai nomi d'amor, di diletto, mi si turba, mi s'altera il petto" ma  il nome che prediligo è Elena l’adultera meravigliosa.

 

Da Saffo dunque ha inizio la palinodia su Elena[4], una rivalutazione che però non ha bisogno, come quelle operate da Stesicoro (VII-VI sec. a. C.) e da Euripide, (nell' Elena del 412 ) di sostenere che la bella donna in realtà rimase fedele a Menelao, siccome a Troia andò solo un fantasma; né adduce il motivo patriottico, come farà Isocrate[5]  nell' Encomio di Elena[6]  sostenendo che la splendidissima fu la causa dell'unità del mondo greco contro la barbarie asiatica (67) in una guerra che prefigurò l'unità antipersiana auspicata dall'oratore; né deve accumulare una caterva di giustificazioni come  Gorgia, il maestro di Isocrate, nel suo Encomio di Elena :" ella in ogni caso sfugge all'accusa poiché fu presa da amore, fu persuasa dalla parola, fu rapita con la violenza, e fu costretta da necessità divina"(20)

  Invece la riabilitazione di Saffo è semplice e diretta: la poetessa approva la scelta amorosa della donna che ha seguito il richiamo della cosa più bella, un uomo che le piaceva più del marito, e quindi ha lasciato Menelao, senza tenere conto di convenzioni sociali, convenienze economiche o pastoie di qualsiasi genere[7].

Vediamo altri casi di comprensione per l'adulterio, anzi proprio per l'adultera. Nella commedia L'arbitrato  (Epivtreponte") di Menandro (attivo tra il 320 e il 292 a. C.) troviamo un vero momento di mavqo" (comprensione) tragico quando Carisio, il marito che si crede tradito, definisce se stesso, ironicamente, l'uomo senza peccato attento alla reputazione ( ejgwv ti" ajnamavrthto", eij" dovxan blevpwn, v. 588) e comprende che l'errore sessuale della moglie, presunto, ma da lui ritenuto reale, è stato un "infortunio involontario"( ajkouvsion gunaiko;" ajtuvchm j, v. 594).

 Il protagonista di questa commedia  ripropone la formula antica della dovxa , la reputazione, ma poi la supera con quel "io l'uomo senza peccato", ejgwv ti" ajnamavrthto",  che anticipa il Vangelo  di Giovanni:"chi di voi è senza peccato scagli la pietra per primo contro di lei, oJ ajnamavrthto" uJmw'n prw'to" ejp& aujth;n balevtw livqon (8, 7).

Qui, nel Nuovo Testamento secondo Giovanni,  non si tratta di un adulterio presunto. Infatti gli scribi e i farisei portano al tempio una donna còlta in adulterio (mulierem in adulterio deprehensam ) e chiedono al Cristo, che insegnava in quel luogo, se dovesse essere lapidata secondo la legge mosaica. Lo dicevano per metterlo alla prova e magari poterlo accusare. Gesù allora si diede a scrivere con il dito sulla terra. E siccome lo incalzavano, il Redentore rizzatosi disse loro:" qui sine peccato est vestrum, primus in illam lapidem mittat  ". E riprese a scrivere per terra. Tutti gli altri uscirono, e il Cristo, rimasto solo con la donna, la assolse, come tutti gli altri, aggiungendo:"vade et amplius iam noli peccare " (7, 11), vai e non peccare più. Che significa: scegli tra i due uomini quello che ami.

 

Pesaro 5 ottobre 2023 ore 10, 20 giovanni ghiselli

p. s.

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[1] G. Gozzano, La signorina Felicita, vv. 259-260.

[2] M. Yourcenar, Fuochi, p. 88.

[3]Il soggetto probabilmente è Cipride.

[4]la quale nell'Odissea , IV, 145, tornata a Sparta, buona moglie , brava regina e avveduta padrona di casa, pentita dei propri trascorsi, chiama se stessa "faccia di cagna"

[5] 436-338 a. C.

[6] Del 390 a. C.

[7]Questa prima affermazione di indipendenza della donna risuonerà nelle parole di alcuni drammi greci dei quali ci occuperemo più avanti e procederà a mano a mano  fino ad arrivare alla Nora di Ibsen (del 1879):"io devo, anzitutto, pensare ad educare me stessa. Ma tu non sapresti aiutarmi..per questo ti lascio." E quando il marito le obietta:"prima di ogni altra cosa, tu sei sposa e madre", ella risponde:"Non credo più a questi miti. Credo di essere anzitutto un essere umano, come lo sei tu..So che la maggioranza degli uomini ti darà ragione, e che anche nei libri dev'esserci scritto che hai ragione. Ma io non posso più ascoltare gli uomini, né badare a quello ch'è stampato nei libri. Ho bisogno di idee mie e di vederci chiaro"(Una casa di bambola , trad. it. Newton Compton, Roma, 1973, atto terzo).

 

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