A. Feuerbach, Iphigenie (1862) |
Nel liceo Minghetti di Bologna invece non avevo difensori tra i colleghi.
Il gruppo, anzi il gregge degli apolitici si conformava agli umori del preside e al suo malvolere nei miei confronti per non avere noie; i fascisti cui non ero mai piaciuto, ma finché c’era il preside a me favorevole si limitavano a evitarmi, dopo l’avvento del preside simile a loro, lo aizzavano contro di me rendendolo sempre più malevolo e ostile alla mia persona.
E i comunisti?
Nemmeno quelli che dovevano essere i miei compagni politici mi amavano per la varietà delle idèe che traevo da autori diversi: dai “religiosi” arcaici Pindaro e Sofocle, come dal “sacrilego Euripide” e dai razionalisti Democrito, Epicuro, Lucrezio; per giunta mi piacevano Nietzsche e T, S. Eliot, autori che per alcuni di loro andavano addirittura messi all’indice. Tra i denigratori, i più attivi e accaniti mi accusavano di infamie su infamie, e istigavano il preside perché mi cacciasse una volta per tutte. Che cosa facevo dunque di male secondo il loro vero pensiero che presentavano metaforizzato attraverso delle calunnie?
Insegnavo a pensare, a non credere, a non obbedire prima di averci pensato; estirpavo l’erba cattiva dei luoghi comuni dall’anima dei ragazzini invogliandoli a leggere i testi degli autori-accrescitori; stimolavo a confrontare gli autori tra loro, a esaminare idèe contrapposte-dissoi; lovgoi-, a confrontare le letture fatte con le loro esperienze, a raccogliere e ricordare le espressioni efficaci, a utilizzare la cultura per potenziare la loro natura, come avevano insegnato a me i miei maestri preferiti. Li abituavo a considerare la grammatica e la sintassi quali mezzi necessari per arrivare a capire i testi, a tradurli, a conoscere bene i significati veri, cioè etimologici delle parole. Dagli autori che presentavo, citavo e spiegavo, i miei allievi dovevano imparare a parlare e a scrivere con chiarezza, brevità e forza, a trovare uno stile di eloquio, scrittura e di vita elegante e produttivo di risultati buoni. I ragazzi del liceo che mi avevano tolto seguitavano a chiedere la mia presenza perché si erano sentiti aiutati a maturare da un giovane insegnante che era impegnato a crescere, a diventare uomo lui stesso con una disciplina ferrea e un entusiasmo che sapeva trasmettere. Ma la cricca invidiosa che metteva su il nuovo preside contro di me gli dicevano che io plagiavo gli studenti seducendoli con artifici e astuzie indegne di un docente.
Una vecchia collega simpatica mi disse: i ragazzi ti amano perché li attrai con i mezzi non comuni che hai, diversi colleghi ti odiano perché non hanno le tue doti né le tue capacità .
Bologna 15 ottobre 2023 ore 21
giovanni ghiselli
Procedo con la storia dell’apprendistato da me vissuto con metodo poi trasmesso ai giovani.
p. s
Statistiche del blog
Sempre1411893
Oggi205
Ieri194
Questo mese4034
Il mese scorso8635
Procedo con la storia dell’apprendistato da me vissuto con metodo poi trasmesso ai giovani.
p. s
Statistiche del blog
Sempre1411893
Oggi205
Ieri194
Questo mese4034
Il mese scorso8635
Nessun commento:
Posta un commento