sabato 7 ottobre 2023

Percorso amoroso. Fides e perfidia.


 

Argomenti

Il motivo della paura. L'uomo ( il tiranno, Creonte) teme  di perdere il potere; la donna (Deianira) il marito.

L'amante ingannata e abbandonata, la sposa mancata per la malafede dell'amante perfido: Arianna e Teseo. Medea e Giasone nelle Argonautiche di Apollonio Rodio.

La fides : Catullo, Cicerone, Livio. Fides e foedus

Fides come fundamentum iustitiae e  firmamentum stabilitatis.

La fides come valore della repubblica romana. Il Camillo di Tito Livio.

La fides eterna: Properzio, il servitium,  Petrarca e Florentino Aziza di Màrquez.

 

Torniamo alla Deianira delle Trachinie  di Sofocle: ella distingue la condizione della ragazza che nelle gioie solleva la vita senza fatica ( "hJdonai'" a[mocqon ejxaivrei bivon", v. 147), una creatura insomma sul genere della Silvia di Leopardi, diversa dalla donna sposata, quella sposa infelice che stiamo trattando e che nelle notti si carica di affanni temendo per il marito o per i figli ("  [htoi pro;" ajndro;" hj; tevknwn foboumevnh " , v. 150). Infatti, dormendo sola nel letto coniugale, questa moglie desolata balza su dal sonno in preda alla paura, tremante per il terrore (vv. 175-176).

Il motivo della paura è presente e assillante anche nei personaggi maschili  (Edipo  dell'Edipo re  e Creonte dell'Antigone ) che temono di perdere il potere; nella moglie di Eracle invece c'è il fovbo" della perdita del marito.

Del resto già da ragazza ella aveva sentito l'angoscia dell'abbandono, da parte della madre, quando, dopo avere assistito sbigottita alla lotta spaventosa tra Acheloo ed Eracle, un mostro (la forza di un fiume, dall'aspetto di un toro dalle alte corna, eretto su quattro zampe, vv. 508-509) contro un gigante che scuoteva l'arco flessibile, le lance e la clava (vv. 511-512), vinta da quest'ultimo, era andata via con lui "kajpo; matro;" bevbac& -w{ste povrti" ejrhvma" (vv. 529-530), lontano dalla madre, come giovenca abbandonata. Una volta le ragazze si sposavano “per forza”.

Qui in Italia per molte era ancora così almeno fino al 1968.

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Deianira viene lasciata sola e tradita dopo essere stata per lo meno sposata e resa madre.

  Non così Arianna dell'opus  maximum  di Catullo, il carme 64, di 408 esametri.

La figlia di Minosse, piantata in asso da Teseo mentre dormiva nell'isola di Dia, al risveglio si dispera, corre come una puledra e impreca contro il perfido amante:"Sicine me patriis avectam, perfide, ab aris,/ perfide [1], deserto liquisti in litore, Theseu?/Sicine discedens neglecto numine divum/inmemor a! devota domum periuria portas? " (64, vv. 132-135)  è così che tu, traditore, condottami via dal focolare paterno, mi hai abbandonata in una spiaggia deserta, Teseo, traditore? E' così che tu, fuggendo dopo avere disprezzato il potere dei numi, dimentico ah! porti a casa i tuoi maledetti spergiuri?

Vediamo che la ragazza si trova "in litore " (v. 133) vicino al mare, come Orfeo era "ad Strymonis undam " presso la corrente dello Strimone, il fiume della Tracia.

Vedremo la parodia di questo modello nel Satyricon (81) quando Encolpio va a lamentarsi dell'abbandono subito da Gitone in un posto appartato e vicino alla spiaggia.

 

Il fiume per l'uomo è comunque motivo di riflessione e approfondimento, di ingresso in se stesso. 

 

Con questa ottica lo osserva Siddharta di H. Hesse  :" il protagonista viene ospitato dal barcaiolo Vasudeva, un uomo che ascoltava con grande attenzione. Grande virtù è questa: sapeva ascoltare come pochi. Ascoltava senza giudicare. Imbattersi in un uomo simile è una fortuna. Chi ascolta con attenzione sa che questo è un pregio notevole e può metterlo in mostra per sedurre.

Siddharta lo ringrazia per essere stato ascoltato così bene: “Sono rari gli uomini che sanno ascoltare”. Un complimento che mi è toccato dalle mie tre grazie (p. 116) 

Vasudeva chiarisce: “Ad ascoltare mi ha insegnato il fiume e anche tu imparerai da lui. Lui sa tutto, il fiume, tutto si può imparare da lui. Vedi, anche questo tu l'hai già imparato dall'acqua, che è bene discendere, tendere verso il basso, cercare il profondo (p. 117) Siddharta dunque prende il fiume come maestro: “Prima di tutto apprese da lui ad ascoltare, a porger l'orecchio con animo tranquillo, con l'anima aperta, in attesa, senza passione, senza desiderio, senza giudicare, senza opinioni (p. 118)

“Una volta Siddharta domandò a Vasudeva: “ Hai appreso anche tu quel segreto del fiume: che il tempo non esiste?”

“Sì- rispose-il fiume si trova dovunque in ogni istante”

Siddharta disse che il fiume gli aveva reso un’immagine della sua vita: “ vidi che anch’essa è un fiume, vidi che soltanto ombre, ma nulla di reale, separano il ragazzo Siddharta dall’uomo Siddharta e dal vecchio Siddharta”

“Spesso sedevano insieme di sera su un tronco presso la riva, e tutti e due ascoltavano l’acqua, che per loro non era acqua, ma la voce della vita, la voce di ciò che eternamente è ed eternamente diviene” (p. 119).

 

Gli autori ottimi parlano delle esperienze di tutti poiché hanno lo stile dell’universale.

La voce della vita la sentivo da bambino nell’acqua del mare di Pesaro, nell’acqua dei torrenti Avisio e San Pellegrino di Moena, poi quando insegnavo nel Veneto traevo pensieri e sentimenti dall’acqua del Brenta come ho raccontato nel mio libro. Allora non avevo letto la storia di Siddharta ma  facevo come lui e il barcaiolo Vasudeva. Ecco perché leggo tanto. Nei libri buoni scopro me stesso.

Cito alcune righe dal capitolo relativo all’inizio della mia vita da professore  apprendista nella scuola media inferiore Ugo Foscolo di Carmignano di Brenta nell’ottobre del 1969.

La mattina del 29 mi presentai dal preside che non mi affidò subito una classe ma prese tempo.

  Dunque ero ancora a spasso e andai a esplorare i dintorni.

“A Tezze sul Brenta fui attirato dall’acqua che rifletteva il campanile del paese e la santa faccia del sole, immagine visibile di quella divina. Mi fermai a fissare il fluire del fiume come facevo a Moena con la corrente del torrente Avisio. Questa del Brenta era più lenta e un po’ meno limpida. Sul greto sassoso c’erano due cacciatori con dei cani che correvano su e giù. Erano snelli, muscolosi, vitali. Come me, cercavano qualche cosa. Volevo trovare la mia parte di giovane uomo nella vita siccome quella del ragazzo studente l’avevo già recitata tutta dalle elementari di Pesaro alle Università di Bologna e di Debrecen. Tutte scuole di vita.

Dovevo interpretare bene il nuovo ruolo che il destino mi aveva assegnato in quel paese lontano, tra gente diversa e strana. L’acqua  non era fangosa. Si potevano contare le pietre sommerse. Il sole galleggiava nel fiume come un canotto rotondo e risplendeva in cima al campanile come la mela, e la ragazza di Saffo troppo elevate per essere còlte.

Helena distava ancora due anni, Kaisa tre, Päivi cinque, Ifigenia nove, con diverse altre in mezzo.

Ne sarei stato felice se l’avessi saputo ma in quel momento prevedevo solitudini grandi e lunghe, mesi o anni di ascetismo da anacoreta. Salìi al castello di Marostica. Era circondato da tanti voli di uccelli contenti. Le foglie dei ciliegi erano vizze ma ancora verdi, i pampini delle viti arancioni o purpurei. Finiva la stagione meno dolente delle quattro, e un’epoca della mia vita mortale non tutta, non sempre serena. Se l’inverno era vicino, la primavera non poteva essere lontana. Il 25 dicembre, nemmeno due mesi più tardi, sarebbe stato il dies natalis Solis invicti.

 Il giorno seguente sarebbe iniziata l’era del gianni ghiselli professore di lettere in una scuola media. Dovevo cogliere il bene tra quanto il destino mi offriva. Il male potevo schivarlo e scartarlo.

 

Bologna 7 ottobre 2023 ore 18, 29 giovanni ghiselli  

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[1]"Il primo attributo del traditore nelle parole di Arianna fa riferimento al suo essere venuto meno alle promesse basate sulla fides , un principio cardine del carme" (G. B. Conte, Scriptorium Classicum  2, p. 63).

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