A. Feuerbach, Iphigenie (1862) |
Divinam ego putabam, pensai che fosse mandata da Dio.
Era lei, la Kore immaginata e invocata durante il solitario giro di agosto dell’Ellade tra Andros, Mykonos, Maratona, Brauron, Atene, Corinto, Epidauro, Micene, Pattrasso. Era questa la ragazza invocata fra le gioie e i triboli di quel viaggio pieno di sogni e di segni. Il dio non mi aveva mentito. Probabilmente era questa nuova collega la kore, la figlia che cercavo dopo avere perduto quella concepita quattro anni prima con Päivi che l’aveva abortita.
Questa ragazza mi aveva sentito parlare durante un’assemblea studentesca e l’avevo per lo meno incuriosita. Il 1978 era stato un anno di abbondante raccolto amoroso ma tale fanciulla era spiga più bella del mazzo, il fiore dai colori più vivi, il frutto probabilmente più saporito.
“Come ti chiami?” Le domandai, simulando noncuranza.
“Ifigenia”disse con un sorriso aperto fin dentro l’anima.
“Io gianni”.
“Lo so. Posso darti del tu?”.
Certo, come no, siamo colleghi e magari diventeremo amici! Che cosa posso fare per te?”
“ I ragazzi mi dicono che sei molto bravo. Vorrei che lo dicessero anche di me. Insegnami come si fa. Per ora mi trattano con simpatia, come se fossi una di loro, ma non credo che mi ritengano brava”.
“Ci vuole tempo. Tu avrai poco più di vent’anni”
“Venticinque a dicembre”
“Quando ho iniziato al liceo, tre anni fa, ne avevo già compiuti trenta e non sapevo come fare. Ci ho messo un paio di mesi per farmi ascoltare dagli allievi e un paio di anni prima che mi considerassero bravo. Ho dovuto studiare molto, imparare bene le lingue, le letterature antiche, qualcosa anche delle moderne, capire la filosofia e l’arte dei Greci con un lavoro instancabile. Mi tenevo su con la speranza di una borsa di studio”.
“Cioè?”
“L’attenzione degli studenti. E ora la tua: my Fellow-ship I call you”
“Non so se merito tanta attenzione”
“Sto contraccambiando la tua, molto gradita”
“Ne sono felice”
La simpatia aperta che durante quell’intervallo, la giovane collega, la ragazza, discepola, figlia, la fiducia che mi dichiarava guardandomi apertamente negli occhi, e chiedendomi di insegnarle il nostro mestiere, la curiosità e la vitalità prorompente che tutta la sua luminosa persona irradiava, mi riempiva di gioia e non mi consentiva più alcuna dissimulazione. Contraccambiavo apertamente i suoi sorrisi mentre ne osservavo le membra slaciate e armoniose, formose ma snelle, il viso illuminato dagli occhi grandi, scuri, ridenti, la piccola testa dai folti capelli neri e ondulati. Mi venne in mente Helena, la finnica amata, poi l’amabile Afrodite dal dolce sorriso. Donne che amano e fanno amare la vita.
Continua
Pesaro 23 settembre 2023 ore 17, 14
giovanni ghiselli
p. s.
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