Le notizie sono alquanto accumulate in una congerie poco vivace e piuttosto scolorita, ma chi le legge vi può trovare qualche cosa di utilizzabile. Tendo a eliminare l’assolutamente inutile.
Durante il corso risponderò a domande su ciò che non è chiaro abbastanza. Se vedrò che questa erudizione dà noia, la ridurrò.
Ancora Peri; [Isido~ kai; jOsivrido~ titolo greco del detto anche De Iside et Osiride di Plutarco, uno dei Moralia.
Tifone è un demone cattivo: rossiccio e con pelle d’asino. Gli Egiziani di Copto, durante certe feste, maltrattano gli uomini dai capelli rossi e gettano un asino in un precipizio per il fatto che Tifone era rossiccio e aveva la pelle d’asino ( dia; to; purro;n gegonevnai Tufw`na kai; ojnwvdh th;n crovan, 362F).
Gli abitanti di Busiride e di Licopoli, sempre in Egitto, non usano le trombe perché il loro suono ricorda il raglio dell’asino. Pensano che l’asino sia immondo e di essenza demoniaca ouj kaqaro;n ajlla; daimonikovn dia; th;n pro;~ ejkei`non oJmoiovthta per la sua somiglianza con Tifone. Questo Titano è figlio di Gea e di Tartaro. Lancia rocce contro il cielo. E’ ucciso da Zeus e sepolto sotto l’Etna.
L’asino paga il fio della somiglianza con Tifone dia; th;n ajmaqivan kai; th;n u{brin (363C) per l’ignoranza e la prepotenza non meno che per il pelo rossiccio.
Tifone rappresenta la brutalità, l’emotività incontrollata, tutto quanto in natura è smisurato e disordinato to; a[metron kai; a[takton (377), in eccesso e in difetto. Invece tutto quanto è ordinato (kekosmhmevnon) e buono (ajgaqovn) e giovevole (wjfevlimon) è opera di Iside e immagine di Osiride.
Tifone rappresenta la parte dell’anima soggetta a passioni (to; paqhtikovn e l’a[logon e il titanikovn, 371B).
Non si dimentichi che Giganti e Titani sono eterni nemici della cultura.
Tifone viene chiamato anche Seth e impersona ogni turbamento e turbolenza, mentale e corporea. Porta le cattive stagioni, le intemperie, le eclissi di luna, terremoti, tempeste. Seth significa ciò che tiranneggia e ciò che violenta.
Osiride invece presiede all’ordine mentale e naturale.
Tra gli animali domestici to; ajmaqevstaton, il più stupido lo assegnano a Tifone e tra le belve gli attribuiscono le più selvagge: krovkodeilon kai; to;n potavmion i{ppon (371C), il coccodrillo e l’ippopotamo.
Insomma pavnta ta; fau`la kai; blabera; Tufw`no~ e[rga (371E). Tutto quanto è stupido e dannoso è opera di Tifone.
Tifone non ha ordine tavxi~, né gevnesi~ generazione, né movimento dotato di misura e ragione kivnhsi~ mevtron e[cousa kai; lovgon (372). Perciò sono da disprezzare quelli che assegnano a Tifone la sfera del sole.
Plutarco confuta quelli che identificano il Sole con Tifone cui non si addice lamprovn, splendore, né capacità di salvare.
Il sole è piuttosto immagine di Osiride vestito con un colore di fiamma.
Ora c’è la tendenza a demonizzare il caldo dato dal sole che illumina e nutre la vita. Sofocle lo chiama il primo fra tutti gli dèi.
Plutarco trova inopportuna e pericolosa l’identificazione totale degli animali con gli dèi da parte degli Egiziani: gli ingenui cadono nella superstizione, i cinici nell’ateismo (379 E). I Greci si limitano a consacrare un determinato animale a una divinità, come la colomba ad Afrodite e il cane ad Artemide.
C’è comunque una corrispondenza tra Anubi ed Ecate la maestra delle streghe.. Nella Medea di Seneca Ecate risponde a latrati: ter latratus-audax Hecates dedit (840-841). Nell’ Eneide IV 609: Hecate ululata per urbes.
Platone nella Repubblica descrive gli inesperti di saggezza e virtù: costoro passano il tempo in banchetti ed errano tutta la vita senza mai guardare in alto, ma si rimpinzano, si accoppiano, ingrassano per l’avidità smodata, laktivzonte~ scalciando e cozzando tra loro con unghie e corni di ferro, fino ad ammazzarsi di’ ajplhstivan per la loro insaziabilità, in quanto non possono riempirsi di vera realtà (586ab).
E’ la natura dell’eterno consumista
Nel Fedone, Socrate parla delle anima che non si sono liberate dall’elemento carnale, greve e terrigno. Quelli che praticarono gozzoviglie, dismisure e ubriacature, probabilmente si calano nelle razze dei somari (eij~ ta; tw`n o[nwn gevnh) e di altri animali del genere (82).
La curiositas o periergiva di Apuleio si estende dalla magia nera, al sesso, al misticismo. Nel romanzo c’è un passaggio dall’oscenità milesia al platonismo.
Nietzsche: L’uomo diventa uomo solo se ha la forza di usare il passato per la vita e di trasformare la storia passata in storia presente (Sull’utilità e il danno della storia per la vita).
L’asino è emblematico della stupidità e della lussuria.
In Fedro I, 29, demisso pene, dice al cinghiale: “simile si negas-tibi me esse, certe simile est hoc rostro tuo” assomiglia al tuo grugno.
Platone nel Fedro paragona a un quadrupede chi cede all’istinto del piacere e di generar figlioli.
Del resto può andare peggio: Gregorio Samsa di Kafka, scrittore “spiritualmente incapace di sposarsi”[1] si è trovato trasformato in uno scarafaggio.
Osiride è il dio della vegetazione che con Iside generò Horus. La ragione si identifica con Osiride.
Tacito racconta che pars Sueborum et Isidi sacrificat (Germania 9) e aggiunge che tratta di un peregrinum sacrum, un culto esotico e che il simbolo della dea è una liburna (nave leggera e veloce dei pirati illiri): “signum ipsum docet advectam religionem”. Il segno stesso ci insegna che è un culto straniero
Cfr. Asino d’oro XI, 4 dove Iside appare con un cymbium aureum pendente dalla mano sinistra. Una coppa a forma di navicella.
Socrate nel prologo del Fedro afferma di dover indagare se stesso per vedere se non sia una bestia più intricata (poluplokwvteron) e più intrisa di brame di Tifone (230a).
Callimaco nel prologo degli Ai[tia si colloca tra i poeti che non amano non il raglio degli asini qovrubon o[nwn, (30) l’armonioso frinire della cicala ligu;n h\con tevttigo~ .
Tifone viene sconfitto ma non annientato poiché Iside non volle che la natura antagonista dell’umidità venisse del tutto annichilita (367a).
L’irrazionale infatti non deve essere eliminato: va recuperato al bene, come fa Atena con le Erinni trasformandole in Eumenidi.
Alla fine dell’Orestea di Eschilo le Erinni sopravvivono come Eumenidi: “Dopo l’intervento razionale di Atena, le Erinni-forze scatenate, arcaiche, istintive, della natura-sopravvivono: e sono dee, sono immortali. Non si possono eliminare, non si possono uccidere. Si devono trasformare, lasciando intatta la loro sostanziale irrazionalità: mutarle cioè da “Maledizioni” in “Benedizioni”. I marxisti italiani non si sono posti, ripeto, questo problema”[2].
Nelle Metamorfosi di Apuleio, Iside chiama l’asino pessima mihique detestabilis belua iam dudum (XI, 6). Alla fine Lucio potrà uscire da quella pelle. Eppure è grato asino meo (9, 13) all’asino che gli ha fatto fare le esperienza necessarie.
Nell’Inferno di Dante leggiamo della bestialità dell’uomo-asino o uomo-mulo: Vanni Fucci nella bolgia dei ladri (VIII cerchio) si presenta dicendo: “Vita bestial mi piacque e non umana-sì come a mul ch’i’ fui; son Vanni Fucci-bestia, e Pistoia mi fu degna tana” (XXIV, 124-126).
Nel Satyricon c’è l’uomo lupo (racconto del versipellis).
Agostino elogia Apuleio scrivendo che si distinse in entrambe le lingue come illustre platonico (De civitate Dei, VII, 13). Tuttavia Agostino critica la concezione apuleiana dei demoni quali mediatori tra gli dèi e gli uomini. Essi sarebbero portavoce degli uomini presso gli dèi .
Nell’Epistola 138 Agostino scrive a Marcellino: “Quale fatto più ridicolo e miserevole che confrontare i miracoli di Apuleio e di Apollonio di Tiana[3] a quelli di Cristo?
Opere minori di Apuleio
De deo Socratis . E’ uno studio del demone socratico. I daivmone~ ( i modelli degli angeli cristiani) portano agli dèi le richieste degli uomini. Queste potenze semidivine trasvolano continuamente tra terra e cielo per la salute degli uomini e per uno scambio di messaggi tra dei e uomini.
De Platone et eius dogmate è una sintesi della fisica e dell’etica platonica ricavata soprattutto dal Timeo.
De mundo (di dubbia autenticità) è un rifacimento del Peri; kovsmou pseudo aristotelico.
Fozio patriarca di Costantinopoli (IX d. C.) nella Biblioteca dà notizia delle Metamorfosi di Lucio di Patre, un libro ricco di elementi prodigiosi.
Abbiamo un Lucio o l’asino -di Luciano ? (120-190)- forse una versione abbreviata del testo di Lucio di Patre, un sofista contemporaneo di Luciano. In Lucio o l’asino non c’è la parte isiaca che probabilmente è solo di Apuleio.
Fozio non sa se le Metamorfosi di Lucio di Patre derivino da Lucio o l’asino di Luciano o viceversa. Entrambe le opere abbondano di invenzioni fiabesche e sconcezze indicibili.
Luciano vuole ridicolizzare le superstizioni.
Il romanzo di Apuleio nei codici porta il titolo di Metamōrfosěon libri (unděcim), ma viene chiamato Asinus aureus come fece Agostino in De civitate Dei, XVIII, 18).
La magià nera domina nella prima parte del romanzo. Iside invece incarna la magia bianca. Il malum carmen era considerato un reato già nelle XII tavole e al tempo di Apuleio sussisteva la sillana lex Cornelia de sicariis et veneficiis.
La curiositas che tende alla magia nera può significare un peccato ideologico, può essere u{bri~ nei confronti della natura.
Il comico dei primi tre libri è pieno di paura e affanno. Lucio non è un peccatore spensierato. C’è una mescolanza di sacro e di profano, di mistico e di osceno che dà il senso della rottura dell’equilibrio classico.
Gli insperata atque inopinata verba non mancano nell’opera di Apuleio.
Erano la delizia dell’arcaismo di Frontone, educatore di Marco Aurelio che fu discepolo anche di Erode Attico, uno dei più illustri neosofisti. Uno stile ricco di arcaismi, neologismi, parole prese dal sermo plebeius, giochi di parole. Nel misticismo orientale c’è il naufragio del mondo antico. Questo di Apuleio è un romanzo di formazione Bildungsroman. Descrive un mondo labile come ha fatto Ovidio. C’è un ritratto del caos morale.
Pesaro 16 settembre 2023 ore 17, 26 giovanni ghiselli
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