lunedì 18 settembre 2023

Apuleio, L’asino d’oro, libro VI. Le prove affrontate da Psiche.


Psiche peregrina cercando il marito. Vede un tempio di Cerere dove mette ordine nelle cose. Ma deve mettere ordine in se stessa.

Appare Cerere che le dice che deve pensare alla sua salvezza (6, 2).

 

Così anche Tiresia nell'Edipo re:"Creonte per te non è certo un danno, ma lo sei tu stesso per te" (v. 379).--dev soi ph'm j... su; soiv: con la ripetizione del pronome Tiresia invita l'avversario a guardare dentro di sé: il suo flagello è interno.

 Come il prete cristiano che in Il processo  di Kafka avvisa l'imputato K. "Cerchi troppi aiuti negli altri- disse il sacerdote disapprovando-, specialmente tra le donne. Ma non ti accorgi che questo non è il vero aiuto?", p.218), così Tiresia ammonisce il re di non indagare all'esterno bensì in se stesso.

 

Quindi Psiche si reca a un tempio di Giunone, ma anche questa dea, come Cerere, non vuole mettersi contro Venere.

 

Psiche è naufragio fortunae perterrita (6, 5)

 

cfr. Satyricon dove Eumolpo di fronte al cadavere del Ciclope, arcipirata, Lica, dice:"si bene calculum ponas, ubīque naufragium est " (115, 17), se fai bene i conti, il naufragio è dappertutto. Marìa Zambrano afferma che l'uomo, da quando ha memoria e storia, ha sempre avuto nel fondo dell'animo il sentimento del naufragio e ricorda che il suo maestro Ortega y Gasset nei suoi corsi su "La razòn vital" descriveva "la condizione di "naufragio" come la più umana della vita umana"[1].

 

Psiche decide di non fuggire più gli inevitabiles oculos di Venere e di affrontarla. Intanto Venere sale in cielo con il suo corteggio di passeri che ne seguono il carro gannītu constrepenti lasciviunt passeres (6, 6) con cinguettio strepitoso folleggiano i passeri.

 

Nell’Ode I D. di Saffo kavloi dev s j a\gon- w[kee~ strou`qoi peri; ga``~ melaivna~ (vv.9-10).

 

 Subito dopo c’è un ricordo lucreziano in Cedunt nubes  et Caelum filiae panditur il cielo si apre alla figlia (Te fugiunt venti, te nubila caeli, placatumque nite diffuso lumine caelum De rerum natura, I, 6-7).

 

Psiche si avvicina e viene trascinata davanti a Venere dall’ancella Consuetudo. Venere scoppia in una grande risata (6, 9). Di nuovo l’offesa del ridere in faccia. Altre ancelle sono Sollicitudo atque Tristitia. Sono situazioni psicologiche connesse all’amore. Lo fanno nascere e pure morire.

 

Ci si ammala di amore in queste condizioni: Quaeritis Aegisthus quare sit factus adulter?/In promptu causa est: desidiosus erat” Ovidio, Remedia amoris, 161-162, chiedete per quale motivo Egisto divenne adultero? La causa eccola qui: viveva nell’ozio.

 

Venere depreca le impares nuptiae che non possono essere legittime.   Quindi impone  a Psiche

quattro prove

Ordinare una congerie di  semi ( verrà aiutata da una formica)

Tosare le pecore dal vello d’oro ( da una canna)

Raccogliere l’acqua dello Stige (da un’aquila)

Discesa agli Inferi ( da una torre).

 

La prima prova dunque è quella di mettere ordine in una confusa congerie  di semi. Discerne seminum istorum passivam congeriem (6, 10). Le si chiede la capacità di discernimento. Un mucchio caotico di semi può significare la confusione interna.

Viene aiutata da una formicula ruricola che ne chiama altre.

Psiche comincia a entrare nella dimensione iniziatica poiché la mystica vannus Iacchi (Georgica I, 166), il mistico vaglio di Iacco è connesso ai misteri di Eleusi e distingue il grano dalla pula. Nella processione dell’ultimo libro (11, 10)  un sacerdote regge un’aurea vannus.

La formica è un animale molto ben reputato: è il simbolo quorum virtus exhĭbet solidum decus” (Fedro, XXIV, Formica et musca) mentre la mosca di quelli che se falsis ornant laudibus.

 

Seconda prova: tosare le pecore dal vello d’oro (6, 11). Viene aiutata da una arundo viridis, una canna verde, la sua voce interiore che le insegna ad aspettare, a raggirare la matta bestialità delle pecore. L’arundo simplex et humana salutem docebat (6, 13). Le consiglia di prendere tempo,

come suggerisce Seneca di fronte all’ira. Dandum est tempus: veritatem dies aperit (De ira 2, 22). Maximum remedium irae mora est (2, 29).

 La canna è flessibile ma non rinuncia alla sua forma.

 

Terza prova: la ragazza deve raccogliere l’acqua stigia. Viene aiutata da un’aquila che rappresenta l’elevazione del pensiero. L’aquila raccoglie l’acqua con un’ampollina.

 

Quarta prova: la discesa agli Inferi con una fiala per Proserpina. Dovrà metterci un poco della sua bellezza. Prove sempre più difficili ma il difficile aiuta la crescita.

Eraclito : “eja;n mh; e[lphtai ajnevlpiston oujk ejxeurhvsei, se non spera l’insperato, non troverà  (65 Diano).

Psiche in un primo momento dispera e sale su una torre per gettarsi giù ma la Torre stessa le dà dei consigli indicandole il cammino. La Torre può significare introversione o elevazione.

 

Nelle Rane di Aristofane, Eracle consiglia a Dioniso, che vuole scendere all’Ade per prendere Euripide, di salire sulla torre più alta del Ceramico e poi kavtw, di buttarsi giù (130).

 

La torre dunque suggerisce a Psiche di andare al Tenaro e di entrare nello spiraglio di Dite con 2 focacce e 2 monetine. Non dovrà aiutare un asinaio zoppo che conduce un claudum asinum. Presto giungerà allo Stige. Darà una monetina a Caronte lo squallido vecchio, ma non prenderai le putride mani tese verso di te da un vecchio morto. Sarebbe una inlicita pietas.

 

Dante Inf. XX, 28-30. “Qui vive la pietà quand’è ben morta/chi è più scellerato che colui/ che al giudicio divin passion porta?”. Bolgia degli indovini VII, 4 Tiresia e Manto.

Pietà inquietante: Deianira prova un deino;~ oi\kto~ per Iole (Trachinie, 298).

 

Attraversato lo Stige, Psiche dovrà lanciare un’ offula un boccone a Cerbero, quindi  arriverà da Proserpina la quale le offrirà un prandium opĭpare sontuoso (opes e paro). Ma Psiche deve sedersi per terra e mangiare solo panem sordidum (6, 19) un pane scadente

 

E’ il tabù del pranzo con i morti: Inno omerico A Demetra e Don Giovanni di Mozart-Da Ponte.

Sentiamo Raffaelli:"Quello che vieta ai vivi di mangiare nel mondo dei morti è un tabù molto antico e molto diffuso: ne conosciamo numerosissimi esempi, che si collocano nei tempi più vari e nei paesi più diversi. Un esempio che appartiene alla grecità arcaica è presente nell'Inno omerico A Demetra (VII sec. a. C.). La vicenda è assai nota: Ade, il signore dei morti, ha rapito la giovinetta Persefone e l'ha portata come consorte agli Inferi. La madre di Persefone, la grande dea Demetra, dopo un'aspra contesa, ha finalmente ottenuto da Zeus che la fanciulla possa ritornare tra gli dei superi. Ma prima di lasciarla partire Ade, ancora entro i confini del suo regno, le diede da mangiare il seme del melograno, dolce come il miele,-furtivamente guardandosi intorno-affinché ella non rimanesse per sempre lassù, con la veneranda Demetra dallo scuro peplo"[2]….Il significato antropologico di questo racconto è estremamente chiaro e su di esso…vi è un larghissimo consenso. Persefone, per aver mangiato nel mondo dei morti un cibo dei morti, resta indissolubilmente legata a quel mondo, al punto che neppure Zeus, questa volta, può sottrarla al suo destino: può soltanto ottenere un compromesso che riporti Persefone per otto mesi nel mondo degli dèi superi, ma per gli altri quattro mesi la dea apparterrà ineluttabilmente al suo sposo e al mondo dei morti. Il tabù di mangiare nel mondo dei morti, se infranto, comporta come s'è visto sanzioni inesorabili"[3].

 

Quindi Psiche dovrà rifare il percorso a ritroso. Non dovrà aprire il vasetto che Proserpina le restituirà, curiosius, troppo curiosamente. La ragazza va e torna, ma viene presa temeraria curiositate e apre  il vasetto resĕrat pyxidem (6, 20). Allora fu presa da un infernus somnus, un sonno infernale dal quale la svegliò Cupido il quale le è fedele,

 in controtendenza: the boy love is perjured everywhere dice Helena in Midsummer night’s dream (I, 2) spergiura  dappertutto as waggish boys in game themselves forsweare, come ragazzi scherzosi giurano di non fare danno

 

Psiche va da Venere, e Cupido da Giove il quale gli ricorda che per colpa sua lui ha trasgredito la lex Iulia, tuttavia lo aiuta con la speranza che il dio dell’amore lo aiuterà a peccare ancora.

 

Nelle Nuvole di Aristofane il Discorso Ingiusto per coonestare l’adulterio dice che Zeus è h{ttwn e[rwto~ kai; gunaikw`n (1081).

La lex Iulia de adulteriis coercendis  è del 18 a. C.

 

Giove quindi approva il matrimonio di Amore e Psiche. I due si sposarono in pompa magna e generarono una figlia che chiamarono Voluptas. Torna tra gli uomini il Piacere che era tramontato. Qui (6, 24) finisce la favola raccontata dalla temulenta anicula la vecchia ubriaca e Lucio si rammarica di non avere avuto pugillares et stilum per annotare tam bellam fabellam. In fondo Psiche è un alter ego di Lucio.

 

 

Tornano i ladroni chiamati kat j ajntivfrasin mitissimi homines (6, 26). Vogliono ammazzare l’asino il quale cerca di fuggire mentre i farabutti sono fuori di nuovo. La vecchia tenta di fermarlo ma l’asino la prende a calci: Psiche accorsa vide una Dircen aniculam non tauro sed asino dependentem (6, 27) appesa non a un toro ma un asino.

 E’ la parodia del paradigma mitico.

Dirce fu legata alle corna di un toro da Anfione e Zeto, figli di Antiope maltrattata da Dirce

Ogni agire e patire di Lucio è scandito dal parallelo mitico.

 Il mito, immagine concentrata del mondo, è pieno di argomenta quae transferri in multas causas possunt (Cicerone, De inventione II, 48).

“La nostra origine è nei miti: tutti i miti sono di origine”. Hillman, Il piacere di pensare.

I due scappano ma vengono ripresi e i ladroni in un dibattito patibolare pensano a come punirli.

 

Pesaro 18 settembre 2023 ore 12, 05 giovanni ghiselli.

Sempre1403647

Oggi57

Ieri149

Questo mese4423

Il mese scorso5814

 



[1] L'uomo e il divino , p.65 n. 9.

[2].Inno a Demetra, 372-374; la traduzione è di F. Cassòla, Inni omerici, a cura di F. C.  , Valla-Mondadori, Milano 1975, p. 67.

[3] R. Raffaelli, "Verrai tu a cenar meco?" Il nucleo della leggenda di Don Giovanni e del Convitato di pietra in Il Convitato di pietra Don Giovanni e il sacro dalle origini al Romanticismo, Edizioni dell'Orso 2002, pp. 35-37.

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