mercoledì 13 settembre 2023

Exegi monumentum; seconda versione riveduta, corretta e ampliata

Sono tornato a Pesaro questa sera dopo 550 kilometri in bicicletta nel Peloponneso con discese e  salite pedalate persino nei 52, 2 gradi nella tappa Epidauro - Nauplion senza un lamento.
Ne racconterò le luci e le ombre.
Ora però devo occuparmi del mio romanzo prossimo a uscire. Racconta un apprendistato avvenuto attraverso lo studio, l’amicizia e l’amore, in particolare l’amore dei classici e di tre donne dotate di spirito e di corpo. Invero hanno contribuito all’educazione dell’io narrante anche diversi amici. Ho scritto questa storia che non è solo quella di una persona ma può costituire un corso i filosofia morale la quale insegna come sia bene vivere secondo ragione e sentimento, logos e pathos e non senza mythos, associando apollineo e dionisiaco, introversione con estroversione, disciplina e sacrificio con stravaganza e fantasia.
 
Per questa sera mi fermo assai contento di avere ripreso i contatti con voi lettori. Domani continuerò a presentarvi il mio monumentum aere perennius. Ora devo fermami perché mi sono stancato molto e ho bisogno di riposo: due passi al mare, poi a letto.
  
Il mio libro parte della presentazione
Si possono individuare parole chiave dentro il mio libro, epifaniche come certe giornate e alcuni fatti della nostra vita: sofferenza e comprensione-pathos e mathos-per esempio, interdipendenti tra loro come sentimento e intelligenza. Me lo hanno insegnato i tragici greci (Eschilo, Agamennone 177 in primis)  e pure diversi altri autori da Menandro a Proust.
 
Il mio monumentum sarà un anche un tempio della cultura europea, poiché le esperienze più significative sono state fiancheggiate dallo studio di ottimi autori. Gli atti avulsi dalla cultura sono insignificanti o criminali, più rozzi e cattivi del necessario, la cultura senza i fatti e atti di bellezza e di forza è più fiacca del necessario.
 
La bellezza è un’altra parola chiave: bellezza di donne e della natura prima di tutte le altre. Bellezza con semplicità come mi ha insegnato Tucidide. Semplicità quale complessità risolta.
 
Una parola chiave che può conternere la altre, verbum summum   è Eros, infatti omnia vincit amor [1].
Questo peraltro deve essere controllato dal Nou`~  che mette ordine nel caos.
 
Quindi la parola problema, in greco provblhma che significa ostacolo, impedimento gettato nel nostro cammino: dobbiamo superarlo per non essere fuorviati dalla nostra strada- ojdov~- deviando dal metodo che ciascuno deve trovare e percorrere metodicamente appunto.
 
 Le parole greche e latine vengono sempre tradotte e non sono sfoggi né segni di erudizione, bensì supporti della riflessioni su fatti della vita che compresi, conducono a una forma non mediocre di sapienza, la sofiva  che sa di vita appunto e produce e potenzia la vita. Questa viene umiliata, abbassata dai fallimenti e, viceversa, rallegrata, elevata dai successi.
Dai successi dobbiamo imparare il metodo per conseguirne altri, dagli insuccessi individuare le vie da evitare perché non si ripetano. In tutti i campi, a partire dai due più importanti: l’amore e il lavoro. Il metodo buono contiene intelligenza, creatività e disciplina.
Contano molto anche la salute e la fortuna.
  
Il mio libro III parte della presentazione
 Dicevo la salute. Questa va mantenuta il più possibile,  più a lungo che si può. Invecchiare imparando sempre molte cose, come faceva Solone e praticando l’esercizio fisico.
 Del resto senza lesinarsi il tempo libero la scolhv, l’otium cum dignitate per dedicarsi alla riflessione di quanto si è fatto e si è imparato.
La razionalità è anche imitazione della natura: Cicerone:"quam si sequemur ducem, numquam aberrabimus " (De Officiis , I, 1OO).
Seneca scrive a Lucilio "cum rerum natura delibera: illa dicet tibi et diem fecisse et noctem" (Ep. 3, 6), prendi decisioni osservando la natura: quella ti dirà che ha fatto il giorno e la notte.
Infatti:"Sequitur ratio naturam. Quid est ergo ratio? Naturae imitatio. Quod est summum hominis bonum? Ex naturae voluntate se gerere " .( Epistole a Lucilio , 66), la ragione allora segue la natura. Che cosa è la ragione? Imitazione della natura. Qual è il sommo bene dell'uomo? Comportarsi secondo la volontà della natura.
E’ dunque necessario anche il tempo del riposo, degli intervalli dai negotia  che occupano gran parte della nostre vita lavorativa.
Dobbiamo impegnarci molto in quello che facciamo, ma questo impegno  ha bisogno di intervalli : “Danda est tamen omnibus aliqua remissio"[2].
La ratio non deve mai essere  spietata: non può annullare il sentimento che è comunque un elemento della nostra natura umana e un aspetto della stessa ragione. Ogni forma di u{bri~, di  prepotenza, di sconsiderata o demenziale dismisura, porta alla zoppia della nostra umanità.
La prepotenza fa crescere il tiranno- (u{bri~ futeuvei tuvrannon), la prepotenza/se è riempita invano di molti orpelli/che non sono opportuni e non convengono/salita su fastigi altissimi/precipita nella necessità scoscesa/dove non si avvale di valido piede (Sofocle, Edipo re, vv.  873-878)
Il tiranno che si azzoppa menzionato sopra ci fa  venire in mente che il potere-kravto~- non è potenza- duvnami~ .
Nelle Baccanti di Euripide, Tiresia profetizza a Penteo, re di Tebe, il fatto che Dioniso verrà cooptato e accolto nell’ombelico del mondo, l’oracolo delfico su cui svettano le due cime del Parnaso
“Un giorno lo vedrai anche sulle rupi Delfiche                                            
saltare con le fiaccole sull’altopiano a due cime
agitando e scagliando il bacchico ramo,
grande per l’Ellade. Via Penteo, da’ retta a me:
non presumere che il potere abbia potenza sugli uomini”. (vv. 306-  310).
Il potere non è potenza dunque -mh; to; kravto" au[cei duvnamin ajnqrwvpoi" e[cein- come il sapere non è sapienza - to; sofo;n d j ouj sofiva (Baccanti, 395).
Umanesimo è passare dal sapere, la congerie di date, dati e nomi, alla sapienza che potenzia la nostra natura umana e serve alla vita.
La potenza e la sapienza accrescono e rendono più viva la vita, mentre il potere del tiranno e il sapere dell’erudito, dell’umbraticus doctor, possono mortificarla.
Le mie storie d’amore insegnano l’amore per le donne come umanesimo, quale amore per la vita.
Umanesimo è sapere di essere umano, è amore per l’umanità che significa vivere creando sinergia con altri umani e aiutare chi ha bisogno di aiuto. Umanesimo è diventare davvero ciò che siamo, cioè uomini umani.
L’ espressione di umanesimo più efficace e sintetica è quella che il vecchio Sofocle attribuisce a Teseo che  nell'Edipo a Colono dice al vecchio vagabondo cieco, incestuoso e parricida "e[xoid j ajnh;r w[n"(v.567), so di essere un uomo, per questo sono umano con te. La coscienza della propria umanità lo spinge ad aiutare l’uomo decaduto.
 Lo stesso Edipo prima della caduta, e ancora in auge, aveva detto che sarebbe spietato e disumano se non provasse compassione per i propri concittadini afflitti dal morbo (Sofocle, Edipo re, 12. -13). 
 
La principessa dei Feaci, la fanciulla Nausicaa, nel VI canto dell’Odissea (207-208) vuole  aiutare Odisseo giunto naufrago nell’isola di Scheria e  dice queste parole alle sue ancelle in fuga spaventate dall’aspetto dell’uomo sconciato dalla tempesta  : “  to;n nu`n crh; komevein: pro;~ ga;r Dio;~ eijsin a[pante~-xei`noiv te ptwcoiv te, dovsi~ d j ojlivgh te fivlh te”, dobbiamo prenderci cura di questo: da Zeus infatti vengono tutti gli stranieri e i poveri, e un dono pur piccolo è caro.
Le stesse parole dice Eumeo, il guardiano dei porci di Itaca, quando Odisseo gli si presenta travestito da mendicante irriconoscibile e il porcaio lo accoglie ospitalmente spiegandogli che non è suo costume maltrattare lo straniero (xei`non ajtimh`sai), nemmeno quando ne arriva uno kakivwn più malconcio di lui (Odissea, XIV, 57-59)  .
Nell’Antigone di Sofocle la pietosa sorella dice a Creonte che ha proibito la sepoltura di Polinice " ou[toi sunevcqein ajlla; sumfilei'n e[fun", (v. 523), certamente non sono nata per condividere l'odio, ma l'amore.
 
Che cosa c’entra tutto questo con il mio romanzo?
Ne cito solo alcune parole  per farlo comprendere
Elena Si alzò dal letto e si diresse verso la porta. Allora capii. Capii di essere stato stupido, volgare e crudele; capii che quella creatura in attesa di un’altra creatura, non doveva subire ingiustizia, umiliazioni e dolori. Non da me. Avevo capito e sentivo che non vi è felicità grande senza morale profonda[3].
L’azione cattiva è pessima per chi l’ ha progettata e la compie[4].
Chi prepara il male a un altro, lo apparecchia a se stesso[5].
Ne avrei avuto rimorso per tutta la vita, forse anche oltre. E non solo per questo: io l’amavo, lei mi aveva reso migliore, e siccome in sua presenza mi vergognavo di essere ingiusto, mi avrebbe reso ancora migliore. La terra è in mezzo alle stelle, e sulla terra ci sei tu amore mio. Mi alzai, le afferrai la mano sinistra e dissi: “Scusa, Elena, aspetta.  Ora devo parlare io a te. Ne ho bisogno. Ti prego”.
Ero andato vicino a infliggere ingiustizia a una donna che amavo ed era stata generosa con me. Mi fermai in tempo e le chiesi perdono.
 
Ho voluto significare che ho cercato di dare l’impronta dell’universale a diversi miei casi personali. Credo di esserci riuscito.
 
Credo che questo mio libro che racconta l’apprendistato di un giovane, apprendistato alla vita e all’amore, possa giovare anche all’educazione sentimentale di tanti ragazzi, soprattutto di quanti, carenti di parole, non sono in grado di corteggiare una ragazza elegantemente, persuasivamente, e talora nemmeno civilmente.
I corteggiamenti reciproci che racconto sono tra le parti più significative e formative del romanzo. Anche la sezione dedicata alla scuola contiene parole e idèe che possono aiutare i giovani nel loro sviluppo.
 
Pesaro 13 settembre 2023 ore 16, 13 
giovanni ghiselli
 
P.s.
Quanto alla mia professionalità scolastica, insegnando ho cercato di dare le visioni d’insieme che raramente ho ricevuto dai chi mi insegnava a Pesaro prima e a Bologna poi, e che ho elaborato per mio conto perché mi mancavano e ne sentivo il bisogno per me e per i miei studenti. La base di queste sinossi è la letteratura con la filosofia e la storia greca. Poi su questo fondamento, la cultura latina e parti di quella europea. Cultura letteraria, prevalentemente e seriamente tale con gli antichi, poi quasi esclusivamente letteraria  a mano a mano che ci si allontana dai Geci e dai Latini.
 Come lingua moderna me la cavo con l’inglese. Bene con quello scritto, discretamente con il parlato.
Per quanto riguarda la musica mi piace il melodramma per la presenza della parola e perché, come pesarese, ho sempre saputo di Rossini e tutti gli anni ne seguo il festival da decenni. All’Arena di Verona solo poche volte. Vedo invece ogni anno le tragedie greche rappresentate a Siracusa e diverse volte quelle nel teatro di Epidauro.
 Quanto alle arti figurative ne possiedo solo un’infarinatura e non ne ho una forte sensibilità. Mi hanno commosso il maestro di Olimpia e quello di Pergamo per la rappresentazione dell’Ordine che prevale sul Caos. Ci vedo la storia della mia vita e di ogni vita davvero umana. Mi piace molto anche il maestro di Sansepolcro,  per averne sentito parlare e viste le opere fin da bambino, data la provenienza dal Borgo della famiglia materna, e per avere trovato da adulto delle analogie di forma e di spirito tra le madonne di Piero, particolarmente quella del parto, e l’Elena incinta della mia vita cui dedico questi versi non miei. Di mio ho scritto molto di più sul suo conto.
 
·  Qual dagli antri marini
·  l’astro più caro a Venere
·  co’ rugiadosi crini
·  fra le fuggenti tenebre
·  appare, e il suo viaggio
·  orna col lume dell’eterno raggio;
·  sorgon così tue dive
·  membra dall’egro talamo,
·  e in te beltà rivive,
·  l’aurea beltate ond’ebbero
·  ristoro unico a’ mali
·  le nate a vaneggiar menti mortali.
 
Pesaro 13 settembre 2023 ore 11, 21 
giovanni ghiselli
Ora vado a osservare le stelle


p.p.s.
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[1]Virgilio, Bucolica X ,  69.
[2] Quintiliano, Inst., I, 3, 8.
[3] Cfr. R. Musil, L’uomo senza qualità. Verso il regno millenario.  “E sostengo che non vi è profonda felicità senza morale profonda”.
[4] Cfr. Esiodo, Opere e giorni, v.266.
[5] Cfr. Esiodo, Opere e giorni, v. 265.  Seneca ribadisce questa legge nell’ Hercules furens:" quod quisque fecit, patitur: auctorem scelus repetit " (vv. 735-736), ciò che ciascuno ha fatto lo patisce: il delitto ricade sull'autore.

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