Un ottimo esercizio sarà individuare alcuni tovpoi in un autore e arricchirli attraverso la lettura di diversi testi dello stesso autore e di altri.
Importante è anche la segnalazione delle parole chiave presenti in diversi testi di autori diversi.
In greco alcune di tali parole particolarmente significative possono essere qumov", novso", ajrethv, a[th, u{bri", fronei'''''n, pavqo", mavqo", novmo", aijdw''" e così via. Tra quelle latine sono frequenti queste: mos, fides, amor, foedus, amicitia, pietas, pudicitia, matrimonium, perfidus, vitium, adulterium. Ognuno di questi termini è suscettibile di ampie spiegazioni e varie, secondo le loro collocazioni nelle opere degli autori.
C'è da aggiungere che proprio attraverso le parole chiave si può indicare l'ambiguità del linguaggio, particolarmente di quello drammatico: u{bri" per esempio per il Coro dell' Edipo re , ossia per Sofocle stesso è la madre dei tiranni (v. 872), per il Creonte dell'Antigone (v. 309) è il misfatto di chi alla tirannide si oppone.
Similmente novmo" , sempre nell'Antigone, "per la fanciulla il termine significa "norma religiosa"; per Creonte, "editto promulgato dal capo dello Stato"[1].
Leggendo gli autori vediamo " che le parole sono, insomma, terribilmente pesanti, poiché, come la punta di un iceberg, nascondono grappoli di ramificazioni, e ciascun ramo di ogni grappolo può portare molto lontano"[2]. Questo fatto può ostacolare la comunicazione.
L'ambiguità del linguaggio e l' impossibilità di intendersi viene teorizzata da Pirandello nei Sei personaggi quando il padre dice:"Ma se è tutto qui il male! Nelle parole! Abbiamo tutti un mondo di cose; ciascuno un suo mondo di cose! E come possiamo intenderci, signore, se nelle parole ch'io dico metto il senso e il valore delle cose come sono andate dentro di me; mentre chi le ascolta, inevitabilmente le assume col senso e col valore che hanno per sé, del mondo com'egli l'ha dentro! Crediamo d'intenderci; non ci intendiamo mai!"[3].
Questa ambiguità può assumere diverse valenze didattiche:"Quando si costruiscono percorsi dentro la ramificata complessità dell'interpretazione, si compie un'altra scoperta fondamentale: quella della non automaticità della significazione. I lettori scopriranno con meraviglia che i loro viaggi, compiuti per dettare di senso il dettato linguistico del testo, non sono uguali. Le parole del testo erano uguali per tutti, eppure (…) Ecco una finestra fondamentale per penetrare, poi, nella grammatica del significato"[4].
Questo tipo di lavoro porta a dare grande importanza al lessico che deve venire prima delle regole grammaticali e comunque non rimanerne soffocato.
Delle parole più frequenti e delle più significative sarà bene indicare l'etimologia e le parentele etimologiche.
La morfologia sarà comunque uno dei gradini sul quale procedere in vista dell'apprendimento della lingua e della letteratura. Il successivo sarà la sintassi ma queste parti tecniche vanno "condite" fin dall'inizio, ossia fin dal ginnasio, con il sapore più gradevole della letteratura.
"Giovanni Pascoli, invitato a stendere una relazione sulle cause dello scarso rendimento degli alunni agli esami di licenza liceale, così si esprimeva:"Si legge poco, e poco genialmente, soffocando la sentenza dello scrittore sotto la grammatica, la metrica, la linguistica…Anche nei licei, in qualche liceo, per lo meno, la grammatica si stende come un'ombra sui fiori immortali del pensiero antico e li aduggia. Il giovane esce, come può, dal liceo e getta i libri: Virgilio, Orazio, Livio, Tacito! de' quali ogni linea, si può dire, nascondeva un laccio grammaticale e costò uno sforzo e provocò uno sbadiglio"[5].
Le regole grammaticali e sintattiche andranno ricavate dai testi anziché essere anteposte a loro. Ma è ben più antica di Pascoli la critica alla grammatica quale fine:" E' del '400 la reazione alla tradizione grammaticale da parte di Guarino Veronese che, nelle sue Regulae grammaticales, propose una drastica riduzione dell'apprendimento grammaticale allo scopo di passare rapidamente alla lettura diretta dei testi, suggerendo così una prassi didattica indubbiamente innovativa, o di Lorenzo Valla che nelle Elegantiae si propose di descrivere ed insegnare l'esprimersi del latino attraverso la consuetudo degli scrittori"[6].
Non molto diversamente Goethe:"ho appreso il latino esattamente come il tedesco, il francese, l'inglese, solo mediante l'uso, senza regole e astratti concetti"[7].
Il fatto è che talora la grammatica e la sintassi sono state impiegate da alcuni insegnanti come " una misura di polizia per rintuzzare le intelligenze "[8] .
L'insegnamento del lessico potrà essere fatto in parallelo tra la lingua greca, quella latina e magari anche altre lingue indoeuropee: alcune parole topiche, ricche di valenza storico-letteraria, potranno essere trattate illustrandone la presenza nei testi di due o tre letterature. Per esempio l' ajnakuvklwsi" di Polibio[9], l'orbis di Tacito[10], il "cerchio" di Machiavelli [11], il "circuito" di Leopardi [12] mutuato dal circuitus di Cicerone[13]. Si potrebbe tradurre con "ritorno ciclico" o perfino con "l'eterno ritorno"[14].
A volte il nesso interverbale può essere indicato sulla base dell' etimo: per esempio nel caso del verbo greco ejsqivw[15] , "mangio", etimologicamente imparentato con il latino edo , il tedesco essen, l'inglese to eat.
Strumento privilegiato dovranno essere comunque i testi degli ottimi autori.
Il congiuntivo esortativo della terza e della prima coniugazione si rendono memorabili ai ragazzi leggendo:"Vivamus mea Lesbia atque amemus " prendiamoci la vita, mia Lesbia, e facciamo l'amore di Catullo (5, 1), quindi facendo conoscere questo poeta. Oppure due forme delle subordinate finali si possono esemplificare con Spectatum veniunt, veniunt spectentur ut ipsae"[16] , vengono (le donne al circo) per osservare, vengono per essere loro stesse osservate, un poliptoto con due costruzioni : il supino indica uno scopo più generico; ut + il congiuntivo è maggiormente connotato dalla volontà.
"In principio era il testo" fu il motto di un bel seminario tenuto a Chianciano, dal 19 al 23 aprile del 1999, sulla "Conoscenza dei valori della Civiltà classica nella scuola dell'obbligo".
settembrel
Procedo con la metodologia
Altro punto di partenza saranno i miti: questi fanno vedere le origini e mostrano la psicologia del profondo.
Strumenti utili possono essere anche i film derivati dai miti o tratti da opere letterarie come l'Edipo re e la Medea di Pasolini.
Leggendo e commentando la versione sofoclea del mito nel quale il figlio uccide il padre e sposa la madre, o quella euripidea della maga barbara che, abbandonata dal marito, ammazza i propri figli, si può ricordarne, tra le molte altre, l'interpretazione cinematografica.
La lettura pasoliniana del dramma di Euripide[17] risulta oltre tutto molto attuale in un'epoca di conflitto tra culture diverse.
In un'intervista Pasolini dichiarò di aver voluto mettere in evidenza
il contrasto tra la cultura pragmatica di Giasone e quella arcaica e ieratica di Medea:" Ho riprodotto in Medea tutti i temi dei film precedenti...Quanto alla pièce di Euripide, mi sono semplicemente limitato a qualche citazione...Medea è il confronto dell'universo arcaico, ieratico, clericale, con il mondo di Giasone, mondo invece razionale e pragmatico. Giasone è l'eroe attuale (la mens momentanea) che non solo ha perso il senso metafisico, ma neppure si pone ancora questioni del genere. E' il "tecnico" abulico[18], la cui ricerca è esclusivamente intenta al successo (...) Confrontato all'altra civiltà, alla razza dello "spirito", fa scattare una tragedia spaventosa. L'intero dramma poggia su questa reciproca contrapposizione di due "culture", sull'irrudicibilità reciproca delle due civiltà (...) potrebbe essere benissimo la storia di un popolo del Terzo Mondo, di un popolo africano, ad esempio[19]". Agli studenti si devono delle spiegazioni. Una si può ricavare da un altro lavoro di Pasolini, gli Scritti corsari :" L'interpretazione puramente pragmatica (senza Carità) delle azione umane deriva dunque in conclusione da questa assenza di cultura: o perlomeno da questa cultura puramente formale e pratica"[20].
Qui l'autore parla del vuoto di Carità dell'Italia della metà degli anni Settanta. Ma riferiamolo alla Medea di Euripide. Il pragmatismo di Giasone si manifesta chiaramente quando il seduttore dichiara a Medea di avere voluto cambiare donna, prendendo la principessa di Corinto non perché odiasse la madre dei suoi figli, o perché ne volesse altri, ma per la cosa più importante: vivere bene, lui con la famiglia, o le famiglie, e senza restrizioni (wJ" , to; men; mevgiston, oijkoi''men kalw'"-kai; mh; spanizoivmeqa) sapendo con certezza che il povero tutti lo sfuggono, perfino l’amico (vv. 559-560). Pensate quanto è attuale questo oggi nel 2023.
Egli insomma "dra'/ ta; sumforwvtata " (v. 876) fa quello che è più utile, come riconosce Medea, quando finge di sottomettersi a Giasone beffeggiandolo. Bisogna pure chiarire che la Medea di Euripide impiega, strumentalmente, questa cultura dell'utile che la rende infelice, quando blandisce Creonte per ottenere un giorno di permanenza a Corinto onde compiere la sua terribile vendetta: credi che avrei blandito costui, chiede alla corifea, se non per guadagnarci qualcosa o per tramare? (vv. 368-369).
Si può chiamare in causa e inserire in questa categoria dell'utile anche la Poppea Sabina di Tacito: unde utilitas ostenderetur, illuc libidinem transferebat (Annales, XIII, 45), dove si presentasse l'utile, là volgeva la libidine.
Questo utile applicato al matrimonio e persino all’amore poi spesso si rivela fasullo: possiamo pensare ai due matrimoni di Tony Buddenbrook nel romanzo di T. Mann.
Per contrasto si può indicare un'altra Medea, una donna innocente e calunniata dalla spietatezza del potere, quella di Christa Wolf, una Medea che non ha ammazzato il fratello, non ha ucciso i figli[21], e non sa mentire:"Purtroppo sono sola e disperata. Perché tutto è così evidente, così facilmente divinabile. Perché non gliene importa nulla. Perché riescono a guardarmi negli occhi con faccia di bronzo mentre mentono, mentono, mentono. Non riuscire a mentire è un grave impedimento. Mi viene in mente il nostro gioco infantile, fratello, volevamo imparare a mentire. Chi di noi riusciva ad ammannire alla madre o al padre una determinata bugia in modo talmente schietto che essi ci credessero, aveva vinto. Il più delle volte venivamo mandati via tra le risate, nessuno dei due era particolarmente versato in quel gioco. Questi invece, Apsirto, sono maestri nel mentire, anche nel mentirsi. Fin dal principio mi sono meravigliata per l'ispessimento dei loro corpi. Perché non sentivo nulla, quando mettevo loro la mano sulla nuca, sul braccio, sul ventre, nessun fluire, nessuno scorrere. Nient'altro che durezza. Quanto tempo mi ci è voluto per sciogliere quella durezza, com'erano riluttanti, come si difendevano. Come si difendevano dalla compassione"[22].
La cultura ieratica e arcaica della Medea di Euripide si vede nel fatto che nonostante il tradimento di Giasone, ella continua a credere nei giuramenti e
negli déi: fa giurare Egeo sulla Terra e sul Sole, il padre di suo padre (vv. 746
747) e invoca: " w\ Zeu' Divkh te Zhno;;;" JHlivou te fw'" "(v. 764), oh Zeus e Giustizia di Zeus e luce del Sole.
E' una delle poche battute del dramma di Euripide utilizzata, e più volte, da Pasolini nel suo film.
A proposito della diversità delle culture si può ricordare che già Franz Grillparzer nella sua Medea[23] mette in rilievo "la storia di una terribile difficoltà o impossibilità di intendersi fra civiltà diverse, un monito tragicamente attuale su come sia difficile, per uno straniero, cessare veramente di esserlo per gli altri"[24].
La motivazione più seria e produttiva dello studio e del lavoro: il piacere di farlo.
Federico Fellini che ha tratto un film dal Satyricon di Petronio verso la fine degli anni Sessanta indica in un suo scritto la motivazione che può avere avuto per questo lavoro, e fornisce un'indicazione utile per l'insegnante che deve motivare lo studente:"Potrei dire che la Roma della decadenza rassomiglia molto al nostro mondo d'oggi, con questa smania buia di godere la vita, la stessa violenza, la stessa vacanza di principi, la stessa disperazione, la stessa fatuità. Potrei dire che gli eroi del Satyricon, Encolpio e Ascilto, rassomigliano molto agli hippies, come loro ubbidiscono unicamente al proprio corpo, cercano una nuova dimensione nella droga, rifiutano i problemi. Potrei dirlo, e magari rischierei di avere ragione. Ma tutte queste spiegazioni più o meno convincenti, in fondo contano poco. L'importante è che nel fare questo film mi riscopro dentro un piacere, un fervore gioioso che temevo perduti. Mi pare di sentire che la mia voglia di fare cinema non si è esaurita"[25].
A proposito della connessione romanzo-cinema sentiamo ancora E. Morin:"anche il romanzo così come il cinema ci offrono ciò che è invisibile alle scienze umane. Esse occultano o dissolvono i caratteri esistenziali, soggettivi, affettivi, dell'essere umano, che vive le sue passioni, i suoi amori, i suoi odii, i suoi coinvolgimenti, i suoi deliri, le sue gioie, le sue infelicità, con fortuna, sfortuna, imbrogli, tradimenti, casi, destino, fatalità. Sono il romanzo e il cinema a farci vedere la relazione dell'essere umano con gli altri, con la società, con il mondo (…) E il miracolo di un grande romanzo, come di un grande film, è che immergendosi nella singolarità dei destini, localizzati nel tempo e nello spazio, rivela l'universalità della condizione umana. Così, il ritratto di un uomo di mondo, nel ristretto perimetro del quartiere Saint-Germain, diviene, nel romanzo À la recherche du temps perdu, un microcosmo della profondità della condizione umana (…) La complessità delle relazioni del soggetto con gli altri, le instabilità dell' "io" sono state mostrate con forza da Dostoevskij"[26].
Attraverso questi autori, sui quali torneremo più volte, l'adolescente acquista strumenti per scandagliare le profondità della sua anima:"Scuola della scoperta di sé, in cui l'adolescente può riconoscere la sua vita soggettiva attraverso quella dei personaggi di romanzi o di film (…) E' spesso caratteristico di queste opere (…) ciò che con parole straordinarie Eraclito dice della Pizia di Delfi:"Non afferma, non nasconde, ma suggerisce". Com'è bello favorire tali scoperte!"[27].
Se si fa questa citazione, anche in un ginnasio, è possibile ed è meglio usare direttamente il testo greco:"oJ a[nax, ou| to; mantei'ovn ejsti to; ejn Delfoi'" , ou[te levgei ou[te kruvptei ajlla; shmaivnei", il signore di cui c'è l'oracolo a Delfi, non dice e non nasconde ma significa. Con questo frammento si possono indicare parole chiave, un concetto chiave e si può parlare dell'ombelico del mondo. Partendo da questo shmaivnei eracliteo si può aprire un discorso sulla "dimensione infinita della significazione"[28] con riguardo agli innumerevoli echi e ai rinvii che un testo può suscitare. Del resto, per quanto riguarda la scoperta di sé, c'è un altro frammento di Eraclito più calzante:" ejdizhsavmhn ejmewutovn" (126 D.), ho indagato me stesso.
Anche noi insegnanti dobbiamo lavoare sui testi che ci sono piaciuti e suggerire agli studenti in quale modo l'autore antico parli di loro, li riguardi, per motivarli a studiarlo volentieri.
Il docente deve tradurre e commentare l'autore con i suoi strumenti, e agli allievi può assegnarre la lettura delle pagine del manuale come luogo della prima informazione e come punto di partenza per le domande da fare e da ricevere.
L'insegnante dovrà conoscere e indicare le fondamentali opere utilizzabili per una visione critica. Posso abbozzarne un elenco.
Ne segnalo qui alcune tra quelle che abitualmente uso per i miei lavori: l'Estetica di Hegel; Aut Aut di Kierkegaard; Parerga e Paralipomena di Schopenhauer; lo Zibaldone di Leopardi; La nascita della tragedia di Nietzsche e tutta l'opera del filosofo tedesco; Paideia di Jaeger; La cultura greca e le origini del pensiero europeo , Poesia e società , Eschilo e l'azione drammatica di Snell; La tragedia greca e La Stoà di Pohlenz; Introduzione alla metafisica di Heidegger; I Greci e l'irrazionale di Dodds; Sofocle e Pericle di Ehrenberg; Sofocle di K. Reinhardt; Euripide e i suoi tempi di Murray; Storia sociale dell'arte di Hauser; Sofocle e I tragici Greci di Perrotta; Storia dei Romani e Storia dei Greci di G. De Sanctis; Mimesis Il realismo nella letteratura occidentale di Auerbach; Il pensiero storico classico e L'impero romano di Santo Mazzarino; Sofocle di Vincenzo Di Benedetto; Euripide teatro e società del medesimo autore ; Il tiranno e il suo pubblico di Diego Lanza; Introduzione a Omero di Fausto Codino; Il vocabolario delle istituzioni indoeuropee di Benveniste; La civiltà greca di Bonnard; Lezioni americane e Perché leggere i classici di Calvino; Letteratura europea e Medio Evo latino di Curtius; Religiosità greca di Nilsson; Che cos'è un classico e La terra desolata di Eliot; Ulisse di Joyce; Lettera al padre di Kafka; Il ramo d'oro di Frazer; Totem e tabù , L'interpretazione dei sogni, L’uomo Mosè e la religione monoteistica di Freud; Il linguaggio dimenticato di Fromm; Gli dèi e gli eroi della Grecia , Miti e misteri di Kerényi; L'eroe sofocleo e Atene di B. Knox; Mangiare Dio di Kott; Storia della religiosità greca di Nestle; L'anello di Clarisse di Magris; Il mestiere di vivere di C. Pavese ; Sofocle e Atene di G. Ugolini; Le astuzie dell'intelligenza nell'antica Grecia di M. Detienne-J. P. Vernant; Mito e tragedia nell'antica Grecia di J. P. Vernant e P. Vidal-Naquet; e, degli stessi autori, Mito e tragedia due ; quindi, del solo J. P. Vernant , Mito e pensiero presso i Greci ; La morte negli occhi ; Le origini del pensiero greco ; Tra mito e politica ; L'individuo, la morte, l'amore .
Sul mito è chiarificatore anche James Hillman di cui segnalo Variazioni sul mito, scritto con Karl Kerényi, e Il piacere di pensare .
Ottimo per la tragedia greca è anche L'arcipelago di M. Cacciari.
Raccolte di saggi utili sono Lo spazio letterario di Roma antica e Lo spazio letterario della Grecia antica della Salerno editrice. Per quanto riguarda lo studio comparativa delle letterature europee suggerisco Gerorge Steiner: Morte della tragedia, Le Antigoni, Tolstoj o Dostoevskij, Dopo Babele, Nel castello di Barbablù Note per la riedifinizione della cultura. Per la "letteratura carnevalizzata" consiglio Michail Bachtin: Dostoevskij, Estetica e romanzo.
Per quanto riguarda lo studio della lingua segnalo Lexis, Lessico per radici della lingua greca di G. Ugolini. Questo lavoro è utilissimo poiché l'autore risale alle radici indoeuropee ricostruite, quindi passa per quelle greche e latine, e arriva alla loro presenza nelle moderne lingue europee. Lavori sulla didattica che mi risulta particolarmente congeniale sono La testa ben fatta di Edgar Morin e La lingua le pratiche la teoria di Fabrizio Frasnedi. La Storia e Antologia della letteratura greca che Luciano Canfora ha fatto per la Laterza è valida soprattutto per quanto riguarda la storiografia.. Utile è pure quelle di Dario Del Corno (Principato).
Una letteratura latina ben fatta e gradevole è quella curata da Maurizio Bettini per La Nuova Italia; ottima antologia di autori latini è quella modulare coordinata e diretta da Gian Biagio Conte: Scriptorium classicum (Le Monnier).
Mi sembra buona cosa che gli allievi di una classe possano utilizzare commenti diversi di uno stesso testo per procedere a confronti tra differenti interpretazioni.
La conoscenza di vari strumenti metterà il giovane nella condizione del kritikov" , ossia del lettore capace di dare un giudizio (krivsi") autonomo, cioè di giudicare (krivnein) con un criterio suo, eppure non arbitrario, l'opera in questione. Su ciascun autore infatti non è mai stata detta l'ultima parola e lo studioso non deve essere solo il ripetitore pedissequo di teorie altrui.
"La scuola, i luoghi della formazione, della Bildung , hanno continuamente malgrado tutto a essere centri di critica, di discussione, di confronto tra tendenze diverse, di interrogazione"[29]. La critica dei ragazzi deve poter colpire anche i docenti: all'allievo va lasciata piena libertà di parola. Sentiamo ancora Cacciari:" Paideia è ab origine connessa a parresia . Se viene meno la parola libera-e la parola può cessare di essere libera soltanto per 'autocensura'-, la parola che intende discutere ogni presupposto e ogni 'stato', non vi è più scuola, ma, per dirla con Nietzsche, "produzione di impiegati", se va bene di "impiegati intelligenti"[30].
Parrhsiva, libertà di parola, potrebbe essere scelta come parola chiave e vista a partire dallo Ione di Euripide (del 410 a. C.) dove il protagonista chiede a Xuto di poter ereditare da una madre ateniese questo privilegio recandosi ad Atene poiché lo straniero che piomba in quella città, anche se a parole diventa cittadino, rimane schiavo nella bocca se non possiede la parresia (vv. 671-675).
Tanto meglio se la critica da alcuni viene guardata con sospetto siccome "è diventato l'atteggiamento eretico quando la Chiesa poteva bruciare i dissenzienti"[31]. Senza la capacità critica il pensiero si impoverisce:"perché pensare non significa trasmettere velocemente dei dati ma significa elaborare dei dati"[32].
"La prima finalità dell'insegnamento è stata formulata da Montaigne: è meglio una testa ben fatta che una testa ben piena (…) una testa ben fatta è una testa atta a organizzare le conoscenze così da evitare la loro sterile accumulazione"[33].
Viceversa quella che non sa connettere nulla con nulla (I can connect/Nothing with nothing[34]) è una testa intronata tra spazi ventosi:"A dull head among windy spaces"[35].
Morin cita Pascal a proposito del connettere:"Pascal aveva già formulato l'imperativo dell'interconnessione che si tratta oggi d'introdurre in tutto il nostro insegnamento, a cominciare dalle scuole elementari:"Dunque, poiché tutte le cose sono causate e causanti, aiutate e adiuvanti, mediate e immediate, e tutte sono legate da un vincolo naturale e insensibile che unisce le più lontane e le più disparate, ritengo che sia impossibile conoscere le parti senza conoscere il tutto, così come è impossibile conoscere il tutto senza conoscere le parti"[36].
Molto prima di Pascal (1623-1662) Platone aveva detto che tutta la natura è imparentata con se stessa (th'" fuvsew" aJpavsh" suggenou'" ou[sh", Menone, 81d) e Dostoevskij farà dire allo stariez Zossima che "il mondo è come l'Oceano; tutto scorre e interferisce insieme, di modo che, se tu tocchi in un punto, il tuo contatto si ripercuote magari all'altro capo della terra. E sia pure una follia chiedere perdono agli uccelli; ma per gli uccelli, per i bambini, per ogni essere creato, se tu fossi, anche soltanto un poco, più leale di quanto non sei ora, la vita sarebbe certo migliore""[37].
Secondo questo principio e per quello della responsabilità collettiva di chi comanda, nel prologo dell'Edipo re di Sofocle viene descritta la sterilità della terra tebana sconciata e resa malata dai delitti di Edipo; nell'Oedipus di Seneca il protagonista si accusa dicendo "fecimus coelum nocens ( v.36), abbiamo reso colpevole il cielo, e nel Macbeth un nobile scozzese, Ross, fuori dal castello del delitto fa notare a un vecchio che il cielo, quasi sconvolto dal misfatto umano (as troubled with man's act) minaccia la sua scena sanguinosa, e il giorno è buio come la notte. Infatti risponde l'old man:" 'Tis unnatural, even like the deed that ' s done" (II, 4), è innaturale, proprio come l'azione che è stata perpetrata.
Questo tovpo" si trova anche nella Medea reinterpretata da Christa Wolf quale capro espiatorio dell' u{bri" di un popolo dominato e manipolato da assassini:"Lissa si rendeva conto come me che una specie di malattia cronica aveva colpito Corinto e che quasi nessuno aveva l'intenzione di andare a fondo di quella malattia (…) La risposta per lei era evidente. Nella vostra presunzione, disse. Vi sollevate sopra tutto e tutti, ciò altera il vostro giudizio sul reale, e anche su come siete realmente (…) Ma insieme al peso impostomi dal destino di Medea, provai pietà per i Corinzi, popolo di miseri traviati che sapevano liberarsi dalla paura della peste e della minaccia dei moti celesti e della fame e dei soprusi del palazzo solo scaricando ogni responsabilità su quella donna"[38]. Un intero capitolo del percorso che segue è dedicato a Medea e in esso ne studieremo varie interpretazioni
Il ragazzo, per giungere all'originalità, deve conoscere diverse teorie. Posso "autorizzare" questa mia convinzione con una riflessione di Leopardi il quale dichiara di "aver contratta, a forza di moltiplicare i modelli, le riflessioni ec. quella specie di maniera o di facoltà, che si chiama originalità. (Originalità quella che si contrae? e che infatti non si possiede mai se non s'è acquistata? Anche Mad. di Staël dice che bisogna leggere più che si possa per divenire originale"[39].
Qualche cosa di simile nel saggio già citato[40] di Eliot:"Se noi ci accostassimo a un poeta senza alcun pregiudizio, spesso ci accorgeremmo che le parti non solo migliori ma anche le più personali della sua opera sono forse quelle in cui i poeti scomparsi, i suoi antenati, dimostrano con maggior vigore la loro immortale maturità".
Pesaro 22 settembre 2023 ore 11, 07 giovanni ghiselli
[1]J. P. Vernant, Ambiguità e rovesciamento in Mito e tragedia nell'antica Grecia , pp. 89-90.
[2] F. Frasnedi, La lingua le pratiche la teoria , p. 29.
[3] Sei personaggi in cerca d'autore ( parte prima).
[4] F. Frasnedi, op. cit. , p. 30.
[5] A. Giordano Rampioni, Manuale per l'insegnamento del latino nella scuola del 2000 ,, p. 49.
[6]A. Giordano Ramponi, Manuale per l'insegnamento del latino nella scuola del 2000 , p. 43.
[7]A. Giordano Ramponi, op. cit., p. 45.
[8] Sono parole dello studente Kolia ne I fratelli Karamazov (p. 661) .
[9] Storie, VI, 9, 10. Ho sviluppato il tema del ritorno ciclico delle costituzioni nel mio Storiografi Greci (pp. 387 sgg).
[10] Annales , III, 55.
[11] Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio , I, 2.
[12] Zibaldone 3518.
[13] De Republica , I, 45.
[14] Cfr. F. Nietzsche, Crepuscolo degli idoli , Quel che debbo agli antichi, 4.
[15] Deriva dalla radice ejd/ojd-/wjd-. Questo però forse è meno interessante per degli studenti liceali.
[16] Ovidio, Ars amatoria , I, 99.
[17] Per quello di Sofocle cfr. il mio Edipo re, Loffredo, Napoli, 1998.
[18] Questo aggettivo si addice piuttosto, come vedremo, al Giasone delle Argonautiche di Apollonio Rodio.
[19]J. Duflot, Pier Paolo Pasolini. Il sogno del centauro, Roma 1983, in Naldini, Pasolini, una vita , Einaudi, Torino 1989.
[20] P.P. Pasolini, Scritti corsari, p. 49.
[21] Si legge nella Periegesi della Grecia (II, 3, 6) di Pausania Periegeta ( ca. 100-180 d. C.) la versione secondo la quale i figli di Medea, Mermero e Fere, sarebbero stati linciati dai Corinzi poiché avevano portato a Glauce, figlia del re Creonte e nuova moglie di Giasone, i doni della madre che avevano causato il suicidio della principessa greca.
[22] C. Wolf, Medea, p. 106.
[23] Che compone e conclude la trilogia Il vello d'oro con L'ospite e Gli argonauti del 1821.
[24]C. Magris in Euripide, Grillparzer, Alvaro, Medea Variazioni sul mito a cura di M. G. Ciani, p. 17.
[25] F. Fellini, Fare un film , p. 105.
[26] La testa ben fatta, p. 41.
[27] E. Morin, La testa ben fatta, p. 47.
[28] F. Frasnedi, op. cit., p. 29.
[29] M. Cacciari, Di fronte ai classici , p. 22.
[30] M. Cacciari, op. cit., p. 22.
[31] U. Galimberti, La lampada di Psiche, p. 25.
[32] U. Galimberti, op. cit., p. 70.
[33] E. Morin, La testa ben fatta, p. 15 e p. 18.
[34] T. S. Eliot, La terra desolata, vv. 301-302
[35] T. S. Eliot, Gerontion, v. 16.
[36] B. Pascal, Pensieri, tr. it. Mondadori, Milano, 1994, p. 143.
[37]F. Dostoevskij, I fratelli Karamazov , p.402.
[38] Medea, p. 168 e p. 213. Queste parole fanno parte di due degli undici monologhi che costituiscono il romanzo, quelli di Leuco, il secondo astronomo del re di Corinto.
[39]Zibaldone , 2185-2186.
[40] Tradizione e talento individuale.
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