A. Feuerbach, Iphigenie (1862) |
A Bologna invece ero diventato un docente guardato con sospetto da diversi colleghi e dal preside nuovo arrivato.
Dovevo stare attento a non dare esche ai malevoli nei miei confronti. Malevolentissimo era il preside. Benevoli alcuni, ma, da quando, con il nuovo anno scolastico, il dirigente era cambiato, stavano attenti a non farlo vedere. Era mutato tutto in peggio dall’anno prima quando avevo un preside estimatore e amico, tanto che come arrivai trasferito da Imola, mi diede due classi da portare alla maturità con il greco. Portai l’Edipo re in una classe e le Baccanti nell’altra, due testi diventati poi miei cavalli di battaglia e due libri tradotti e commentati da me. Mi dicono che vengono ancora usati. Nell’Università Federico II per esempio
Sono esauriti ma a chi vuole questi testi manderò il file per posta elettronica. Gratis e con simpatia. Si trovano già nel blog e vengono consultati da migliaia di lettori.
Questo nuovo preside dunque cercava di spostarmi, confinarmi nel ginnasio, nonostante i liceali delle mie classi manifestassero in mio favore. Da loro Ifigenia aveva saputo che ero molto bravo. Al nuovo preside non piacevo per ragioni politiche, di metodo didattico, e probabilmente anche personali. Gli mancava tutto quello che io avevo.
Lui però aveva il potere di danneggiare me e i miei studenti, mentre io non avevo potere e loro nemmeno.
Insomma il mio rapporto con la dirigenza era cambiato molto in peggio e dovevo stare attento.
Le manifestazioni dei ragazzi in mio favore non erano richieste e tanto meno organizzate da me, però c’era chi telefonava in provveditorato perché venissi trasferito in quanto turbatore del clima del Minghetti.
Tornando agli amori dell’università estiva, là il tempo per realizzarli era ancora più breve di quello dell’estate: nemmeno una volta si sarebbe riaccesa la faccia della Kore regina degli Inferi durante il corteggiamento di ciascuna delle donne che volevo amare, che amai tosto, contraccambiato.
A Bologna nell’autunno del 1978 avevo davanti diverse riaccensioni della luna. Per questi diversi motivi procedevo adagio.
Inoltre, un rapporto che poteva diventare serio con una ragazza non del tutto implausibile per un fidanzamento mi terrorizzava anche se Ifigenia mi piaceva davvero. Vivevo la mia contraddizione come si diceva allora. Insomma dal don Giovanni che ero stato a Debrecen, e anche nei mesi precedenti passati quell’anno a Pesaro e Bologna, davanti alla giovane, splendidissima collega, ero ridiventato lo sparuto, immaturo gesuita di quando bazzicavo la parrocchia di San Terenzio, il patrono della mia cittadina.
Tuttavia capivo bene che Ifigenia esigeva una risposta al suo desiderio di un contatto carnale tra noi: a questo indirizzava la mira dei suoi strali aguzzi e potenti: era altamente dotata dei doni della bellezza, dell’età e del sesso, una dote che voleva condividere con me in una relazione non settimanale, e nemmeno mensile o mestruale che dire si voglia.
La forza di questo desiderio in una femmina tanto giovane e attraente, una che certamente piaceva a tutti i maschi eterosessuali dell’istituto- dai ginnasiali, ai bidelli, ai colleghi compreso il prete e il preside brutto assai- non poteva trovare una lunga resistenza in uno come me, e lei lo sapeva bene anche prima di parlarmi, data la mia fama, o infamia, di uomo cui piacciono molto le donne e ci prova con diverse, se non proprio con tutte. Sapeva che non avrei resistito a lungo. Sicché, mentre guardavo l’orologio per farle fretta, mi domandò: “In conclusione, ti va di fare l’amore con me o non te la senti professore?”
Il tempo dell’intervallo era già scaduto e si doveva tornare in fretta, sicché sfruttai questa circostanza per prendere tempo e prepararmi il discorso, magari scrivendone un canovaccio su un foglio. Dunque le dissi: “ti risponderò compiutamente all’uscita dalle lezioni. Contaci. Ora dobbiamo proprio andare. Intanto sappi che difficilmente d’ora in avanti mi sarà possibile prescindere dalla tua persona, carissima Ifigenia”. Ambiguo ancora una volta.
Eppure la ragazza mi assecondò: “nemmeno io potrò fare a meno di te, caro, prezioso Gianni”. Forse non senza un pizzico di ironica riprovazione
Bologna 23 settembre 2023 ore 20, 20
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