X stazione. pp. 375-389. Argomenti
L'adulterio.
L'adulterio in Lisia (Per Eufileto). La categoria dell'eterno marito: Eufileto, il marito di Emma Bovary, di Hester Prynne (La lettera scarlatta), di Anna Karenina. Mimesis di Auerbach.
La Satira I 2 di Orazio sconsiglia l'adulterio. L'eterno amante: Cupienno, Vel'čaninov e Vrònskij. Di nuovo Emma, Anna ed Ester, tre donne una più bella e fine dell'altra. Alle adultere comunque Orazio preferisce le liberte.
X stazione 1
Su questo argomento, antico ed eterno, quindi anche attuale, si è già detto qualche cosa nella prima stazione; ora voglio ampliare e approfondire alcuni aspetti di tale attitudine umana ricorrendo ad autori antichi e moderni. Partiamo dall'orazione giudiziaria di Lisia In difesa di Eufileto che aveva ucciso il seduttore della moglie, Eratostene. La datazione oscilla tra la fine del V secolo e i primi due decenni del quarto.
I parenti di Eratostene, un omonimo dell'oligarca, accusavano Eufileto di avere ammazzato il rivale per strada e di averlo portato in casa in un secondo tempo. Il punto di forza della linea difensiva è la fiducia che l'uomo, il marito, ha sempre nutrito nei confronti della moglie, al punto di farsi chiudere in una stanza mentre la donna riceveva l'amante in un altro locale della casetta a due piani.
In questa orazione (I) , come nelle altre di Lisia, c'è, oltre l'ovvia apologia dell'accusato, la meno facile denigrazione (diabolhv) della vittima.
Il buon cittadino, Eufileto, è kovsmio" , disciplinato, e swvfrwn, moderato (21, 7) ed è disponibile a fare quanto la città richiede. Eratostene invece, il seduttore di professione, ha peccato di ajkosmiva, quindi non è stato lo sposo tradito a punirlo uccidendolo bensì la stessa legge violata. L'adultero infatti l'aveva calpestata ritenendola meno importante dei suoi piaceri. Il logografo vuole accreditare l'immagine di Eufileto cittadino ingenuo, fiducioso nella moglie, e nella legge che ha applicato direttamente per evitare l'anarchia familiare, inevitabile se gli adulteri restassero impuniti.
Secondo Plutarco, Solone concesse di uccidere l'adultero a chi l'avesse colto in fallo[1].
L'affermazione che più colpisce nella difesa di Lisia è quella con la quale il marito tradito sostiene che la seduzione è un reato più grave della violenza:" così, signori, la legge ha ritenuto che i violentatori (tou;" biazomevnou") fossero meritevoli di una pena minore rispetto ai seduttori (tou;" peivqonta"): questi infatti li ha condannati a morte, per quelli ha stabilito un risarcimento pari al doppio del danno, ritenendo che quanti hanno portato a termine il loro intento con la violenza siano odiati da quanti l'hanno subita, mentre i seduttori corrompono l'animo a tal punto che rendono le mogli degli altri più familiari con loro che con i mariti e che tutta la casa va in loro potere, e che i figli non è chiaro di chi vengano ad essere, se dei mariti o degli amanti. Per queste ragioni il legislatore ha stabilito per loro la morte come pena ( Per Eufileto, 32-33).
Il marito, l'eterno marito predisposto alle corna, viene presentato come un contadino ingenuo che torna dal lavoro dei campi stanco ma soddisfatto, e per lungo tempo non si accorgere di essere ingannato dalla moglie sedotta dall'adultero professionista che l'aveva adocchiata durante i funerali della suocera. In seguito, presi accordi attraverso la servetta, il bellimbusto andava a trovarla di notte al pianterreno della casetta a due dove lei lo aspettava , pure con il bambino, mentre il marito viveva al piano di sopra, del tutto ignaro. Sentiamolo :" E ormai era un fatto così abituale che spesso mia moglie andava giù a dormire dal bambino, per dargli il seno e perché non gridasse. Queste abitudini per lungo tempo continuavano così, ed io non sospettai mai. Anzi ero così sciocco da credere che la mia donna fosse la più onesta fra tutte quelle nella città. Passando poi il tempo, o giudici, ero tornato inaspettatamente dalla campagna, e dopo la cena il bambino strillava ed era irritabile tormentato apposta dalla serva perché facesse questo: infatti l'uomo era dentro; più tardi infatti venni a sapere tutto. Ed io ingiungevo a mia moglie di scendere e di dare il seno al bambino, affinché smettesse di piangere. Quella dapprima non voleva, come se con piacere mi avesse visto tornare dopo del tempo; ma siccome io mi adiravo e le ingiungevo di scendere, "certo perché tu qui-diceva-ci provi con la servetta, come la volta che eri ubriaco e la trascinavi". Ed io ridevo, e quella, alzatasi, mentre se ne va, chiude l'uscio fingendo di scherzare e si porta via la chiave. Ed io, non pensando a nessuno di questi imbrogli e non sospettando, dormivo contento, poiché ero tornato dalla campagna (ejkavvqeudon a[smeno" , h{kwn ejx ajgrou') . Come però si faceva giorno, quella venne e aprì la porta. Ma quando le domandai perché di notte i battenti avessero fatto rumore, rispose che la lucerna presso il bambino si era spenta, e che quindi l'aveva riaccesa dai vicini. Io allora tacevo e pensavo che queste cose stessero così. Però mi parve, o giudici, che il volto fosse truccato, mentre il fratello le era morto nemmeno trenta giorni prima; comunque senza avere detto nulla nemmeno su questa faccenda, uscito, me ne andavo fuori in silenzio" (10-14).
Sul volto truccato come segno di grilli per la testa secondo certi uomini, abbiamo già detto.
Tutta questa situazione non disonora il campagnolo, almeno nelle intenzioni di Lisia il quale conta sul fatto che ognuno dei giudici sposati avrebbe potuto riconoscersi in quest'ometto. Sicché la sua miseria mentale non deve renderlo ridicolo come il rusticus nimium di Ovidio ( Amores, III, 4, 37) o come il signor Bovary di Flaubert, ma anzi costituisce un'attenuante alla vendetta compiuta in nome delle leggi e dell'ordine familiare. Abbiamo visto che nelle Nuvole di Aristofane l'apologia dell'adulterio viene fatta dal Discorso Ingiusto. Il Discorso Giusto prova a sventolare come deterrente la pena grottesca del ravanello infilato nell'ano (v. 1083) ma tutti gli argomenti razionali e reali vengono smontati dalla malizia sofistica del suo avversario, l’Ingiusto..
I seduttori sono designati da Lisia con il participio del verbo peivqw (persuado), dunque sono uomini capaci di persuadere, forse anche con l'aspetto, ma soprattutto con la parola, come i sofisti, come i politici capaci. Il prototipo di tutti i persuasori è Odisseo che non era bello, ma le sue parole erano fluenti e chiare come i fiocchi di neve (Iliade, III, v. 222). I casi di adulterio femminile nella letteratura greca, che io sappia, non sono molti, probabilmente per il fatto che le donne ateniesi, chiuse in casa, non avevano tante occasioni. L'adultera in questione, della quale non viene fatto nemmeno il nome, ebbe l'unica opportunità di un funerale, e la sfruttò come racconta il "buon" Eufileto imbeccato da Lisia:
“Dunque nel primo tempo, o Ateniesi, era la migliore di tutte: infatti era un'energica massaia e una buona risparmiatrice e amministrava tutto quanto con scrupolo, ma poi, quando mia madre morì, una volta morta, divenne causa di tutti i mali per me. In effetti mia moglie, avendola accompagnata nel funerale, adocchiata da quest'uomo, con il tempo viene corrotta. Infatti spiando la serva che andava al mercato e rivolgendole delle proposte la rovinò (7-9).
La donna che trova l'amante al funerale, magari del marito stesso, è considerato dal magister Ovidio uno dei vari casi strani e imprevisti nei quali è comunque possibile l'adescamento del maschio:" casus ubique valet: semper tibi pendeat hamus:/quo minime credis gurgite piscis erit…Funere saepe viri vir quaeritur: ire solutis/crinibus et fletus non tenuisse decet"[2], il caso ha forza dappertutto: sempre penda il tuo amo: nel fondo dove meno credi ci sarà il pesce…Spesso al funerale del marito si trova marito: dona andare con i capelli sciolti e non trattenere il pianto.
Si può pensare alla matrona di Efeso del Satyricon (111-112). Magari la conosceremo più avanti. Chi seguirà il mio corso verrà invitato a chiedere ampliamenti e approfondimenti se è interessato.
Non conosciamo il punto di vista della sposa infedele di questo Eufileto che aveva pagato Lisia perché gli scrivesse un'orazione capace di farlo assolvere dall'assassinio dell'amante di sua moglie, un'apologia dunque comprata e molto parziale, dalla quale non emerge il disprezzo che la donna prova necessariamente nei confronti dell'uomo che ha sposato, con il quale ha fatto dei figli e convive, per arrivare a tradirlo.
Vediamo tali sentimenti negativi per lo sposo indegno in Emma Bovary :"Che ometto! che ometto!" si diceva piano, e si mordeva le labbra. La sua irritazione contro di lui si acuiva sempre più. con l'età, lui prendeva abitudini grossolane; dopo mangiato tagliuzzava i tappi delle bottiglie vuote; si passava e ripassava la lingua sui denti; nel sorbire la minestra, gorgogliava a ogni cucchiaiata; e, poiché cominciava a ingrassare, i suoi occhi che già non eran mai stati grandi parevan respinti in su, verso le tempie, dal dilatarsi della faccia…In fondo al cuore, tuttavia, era una grande attesa, l'attesa di un vero avvenimento (p. 50)…Ma era soprattutto all'ora dei pasti che a lei pareva di non farcela più, in quella stanzuccia al pianterreno, con la stufa fumosa, la porta cigolante, i muri trasudanti, le mattonelle umide; era come se tutta l'amarezza dell'esistenza le venisse scodellata nel piatto; con il vapore del lesso salivano dal fondo del suo animo zaffate di disgusto. Charles era così lento a mangiare; lei sgranocchiava qualche nocciola, oppure, appoggiata al gomito, si perdeva a tracciar righe sulla tela cerata con la punta del coltello"[3].
Avevamo già osservato questo marito con gli occhi del disprezzo provato dalla moglie. Sentiamo ora un poco di commento fatto da E. Auerbach che in Mimesis [4] cita le righe riportate qua sopra per mostrare come in Flaubert il realismo diventi "imparziale, impersonale e obiettivo". Il critico che abbiamo già citato e citeremo ancora a proposito del Satyricon arriva a delineare una storia del realismo europeo attraverso una metodologia stilistica. Leggiamolo dunque:" Questo capoverso costituisce il culmine d'una rappresentazione che ha per oggetto l'insoddisfazione di Emma Bovary per la sua vita a Tostes. Ella ha a lungo sperato in qualche avvenimento improvviso che desse un nuovo corso a una vita senza eleganza, senza avventura, senza amore, in fondo a una provincia, al fianco d'un uomo mediocre e noioso, e a quell'avvenimento s'è perfino preparata, curando se stessa e la casa quasi per meritare quella svolta del destino ed esserne degna; e, quando nulla avviene, è presa da inquietudine e da disperazione. Tutto ciò Flaubert dipinge in parecchi quadri che rendono l'ambiente di Emma, quale adesso le appare. Solo ora si mostra chiaramente agli occhi di lei tutto lo sconforto, la monotonia, il grigiore, l'insulsaggine, la nausea, la strettura in cui non riesce più a scorgere speranza alcuna di liberazione. Questo capoverso è vertice della pittura della sua disperazione…Questo capoverso è dunque un quadro; marito e moglie a tavola. Però il quadro non sta a sé né ha una ragione a sé stante, ma è invece subordinato all'argomento dominante, la disperazione di Emma…Quando… si dice:"Charles était long à manger "[5], si ha…in effetti solo una ripresa e una variazione del motivo principale; soltanto dal contrapposto del gusto di lui nel mangiare con il disgusto e con i moti nervosi della disperazione di lei, subito dopo dipinti, la frase acquista il suo vero significato. Quell'uomo che mangia senza sospetti, diventa comico e quasi spettrale, e quando Emma guarda come lui siede e mangia, esso diventa veramente la ragione prima dell'"elle n'en pouvait plus"[6]; poiché tutte le altre cose che la inducono alla disperazione, l'ambiente triste, i cibi ordinari, la mancanza di tovaglia, lo sconforto generale, appaiono a lei, e dunque anche al lettore, come cose che sono in rapporto con lui, che si generano da lui, e che sarebbero del tutto diverse, se lui fosse diverso da quel che è"[7].
Più avanti Emma cerca di recuperare una qualche forma di simpatia per il marito spingendolo a fare un'operazione che avrebbe accresciuto il prestigio e la rinomanza delle sue capacità professionali. Ma la prova chirurgica non riesce e agli occhi della donna acquista valore il bellimbusto che l'ha trascinata nell'adulterio:"La passione per l'amante cresceva di giorno in giorno insieme con la ripugnanza per il marito. Più si abbandonava all'uno più odiava l'altro; mai e poi mai Charles le era apparso tanto sgradevole, tanto tozzo di membra, tanto tardo d'intelligenza, tanto volgare di modi come quando se lo ritrovava davanti dopo i convegni con Rodolphe" (p. 153). Insomma Emma "lo vede aggirarsi bonaccione, gretto, squallido e senza sospetti; tutto un cumulo di confuse impressioni. Nettamente delineato è solo il risultato, l'avversione di fronte a lui che deve celare. Flaubert traduce questa netta delineazione in impressioni; ne sceglie tre, apparentemente del tutto indipendenti, che però, a cagion d'esempio, sono tratte dal corporeo, dallo spirituale e dal comportamento, e le dispone quasi fossero tre chocs che Emma prova l'uno dopo l'altro. Questa non può affatto dirsi una riproduzione naturalistica della coscienza…Vi è qui la mano ordinatrice dello scrittore, il quale riassume e stringe l'intima confusione nella direzione in cui appunto essa preme, e cioè "avversione contro Carlo Bovary"[8].
Auerbach fa notare che anche in Flaubert, come in Stendhal e Balzac, si trovano "le due fondamentali caratteristiche del realismo moderno; anche qui vengono presi molto sul serio i fatti reali quotidiani d'uno stato sociale mediocre, la piccola borghesia provinciale…e anche qui i fatti consueti sono calati esattamente e profondamente in una determinata epoca storica contemporanea (l'epoca del regno borghese)…E' in queste due fondamentali caratteristiche che, rispetto a tutto il precedente realismo, consiste la concordanza fra i tre scrittori; e tuttavia la posizione di Flaubert di fronte al suo oggetto è completamente diversa. Molto spesso, e quasi di continuo, noi udiamo in Stendhal e in Balzac quello che lo scrittore pensa dei suoi personaggi e dei fatti…Tutto questo manca completamente in Flaubert. La sua opinione sui fatti e sulle persone non è mai espressa e quando i personaggi parlano, ciò non avviene mai in modo che l'opinione dello scrittore possa identificarsi con la loro, né avviene con l'intento che con la loro si identifichi l'opinione del lettore. Sentiamo, è vero, parlare lo scrittore, ma senza che esprima opinioni o commenti. Il suo ufficio si limita a scegliere i fatti e a tradurli in linguaggio, e questo avviene nella convinzione che ogni fatto, che sia riuscito a pura e completa espressione, interpreta se stesso molto meglio e più compiutamente di quanto possa fare qualsiasi opinione e giudizio che gli si aggiunga. L'arte di Flaubert riposa su questa convinzione e dunque su una profonda fiducia nella verità del linguaggio usato con senso di responsabilità e vigilante onestà…Flaubert…crede che nell'espressione linguistica si riveli anche la realtà dei fatti…egli dimentica se stesso, il suo cuore gli serve soltanto a sentire quello degli altri, e quando questo è stato raggiunto con la tenace pazienza d'un fanatico, ecco che l'espressione compiuta, capace d'afferrare completamente l'oggetto e di giudicarlo imparzialmente, si presenta da sola; le cose sono vedute come le vede Dio, nella loro essenza reale…E' evidente come una tale concezione stia in contrapposto alla esibizione pomposa e magniloquente del proprio sentimento e alle regole offerte da quella esibizione, quali erano sorte con Rousseau e a cominciare da lui. Il confronto d' una frase di Flaubert:"Il nostro cuore non deve servirci che a sentire quello degli altri" con una di Rousseau al principio delle Confessioni:"Io sento il mio cuore, e conosco gli uomini" ben ci spiega il mutamento d'indirizzo compiutosi. Dalla corrispondenza appare però con evidenza con quale convulsa fatica Flaubert sia giunto alle sue convinzioni. I grandi argomenti e il libero e irresponsabile disporsi della fantasia creatrice esercitano ancora un grande fascino su di lui. Da questo punto di vista egli vede con occhi del tutto romantici Shakespeare, Cervantes e anche Hugo, e maledice il suo argomento ristretto e piccolo-borghese che lo obbliga a un faticosissimo e minuzioso lavoro stilistico" (p. 261).
La stessa lamentela si trova in Tacito:" nobis in arto et inglorius labor " (Annales , IV, 32), la mia fatica si limita ad un campo ristretto, ed è senza gloria.
Leggiamo ancora un poco di Mimesis :" A ciò ancora s'aggiunge che egli, come tanti egregi artisti del secolo XIX, odia il suo tempo: con grande acutezza ne vede i problemi e le crisi che si preparano; vede l'anarchia intima, la "mancanza di base teologica", l'avanzare della folla, il molle storicismo eclettico, il dominio della frase fatta; e non vede poi né soluzione né via d'uscita; la sua fanatica mistica dell'arte è quasi un surrogato della religione, a cui s'afferra convulsamente, e la sua onestà spesso diventa arcigna, gretta, irosa e nervosa…Tuttavia il capoverso che analizziamo è immune da tali lacune e debolezze del suo spirito, e ci consente di osservare puro l'effetto delle sue concezioni artistiche. La scena mostra moglie e marito a tavola…è un quadro dell'insofferenza, e non momentanea e passeggera, bensì di quella cronica che domina completamente tutta una vita, la vita di Emma Bovary…Il romanzo è la rappresentazione di un'intera vita umana senza uscita…E' un momento qualsiasi di un'ora che ritorna regolarmente, in cui marito e moglie mangiano insieme. I due non leticano, non si mostra il minimo segno d'un conflitto palese. Emma è in uno stato di completa disperazione, ma questa non è cagionata da una qualche determinata catastrofe: non ha perduto nulla di concreto, non desidera nulla di concreto. In verità ella prova molti desideri, ma tutti vaghi: eleganza, amore, una vita con novità e imprevisti; una disperazione così vaga può ben sempre esservi stata, ma nessuno per l'addietro aveva pensato di prenderla sul serio in un'opera letteraria…Non accade nulla, ma il nulla è diventato qualche cosa di pesante, di oscuro, di minaccioso…I due siedono insieme a tavola: il marito non intuisce affatto lo stato d'animo di lei; essi hanno così poco in comune che non vengono mai a una lite, a una spiegazione, a un aperto conflitto. Ognuno dei due è così inviluppato nel proprio mondo, lei nella disperazione e negli oscuri sogni, lui nella sciocca soddisfazione di sé, da essere ambedue affatto soli: non hanno nulla di comune, e non hanno però nulla di così proprio per cui metta conto d'esser soli. Avendo ognuno un mondo falso e assurdo che non può accordarsi con la sua reale condizione, a ognuno sfuggon di mano le possibilità che la vita offre"[9].
Ebbi una sensazione del genere sulla spiaggia di Pesaro, da bamibino.
Un marito e una moglie erano seduti sulla sabbia: uno avanti l’altra dietro. Ognuno mangiava una mela, senza guardare l’altro, senza dire una parola. Fu allora che dissi a me stesso: “non sposarti mai, mai!”. Poi ho visto migliaia di casi del genere. Ora, con i telefonini sono milioni.
Per fortuna certe donne si salvano con l’adulterio invece di morirne come Emma Bovary e Anna Karenina. Paradossalmente succede che l’adulterio a volte salva il matrimonio. Il resto nol dico: già ognuno lo sa.
Pesaro 4 settembre 2023 ore 12, 03
giovanni ghiselli
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[1]"moico;n me;n ga;r ajnelei'n tw'/ lavbonti devdwken", Vita di Solone , 23.
[2] Ars Amatoria, III, 425-426; 431-432.
[3] G. Flaubert, Madame Bovary, p. 53.
[4] Uscito in tedesco nel 1946.
[5] Carlo era lento a mangiare.
[6] lei non ne poteva più.
[7] E. Auerbach, Mimesis , pp. 256 sgg.
[8]E. Auerbach, Mimesis , p. 259.
[9] E. Auerbach, Mimesis , p. 260 e sgg.
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