L’adulterio
X, 2. Matrimoni infelici. Adultèri. Bordelli.
Sentiamo anche l'opinione di un'altra adultera celebre, Hester Prynne, la fiera protagonista del romanzo La lettera scarlatta (1850) di Nathaniel Hawthorne: "Si stupiva di essersi decisa un giorno a sposare quell'uomo; e pensava che la più grave delle sue colpe fosse stata quella di aver sopportato senza ribellione la carezza della mano viscida di lui, di aver ricambiato il suo sorriso e le sue tenerezze. Del pari le sembrava che la più grave colpa di Roger Chillingworth fosse appunto quella di averle fatto credere, quando il cuore di lei era ancora ignaro della vita, che ella avrebbe potuto trovare accanto a lui la felicità. "Sì, lo odio!" ripeté più amara di prima; "mi ha tradita, ingannata; mi ha fatto molto più male di quanto io possa averne fatto a lui". Disgraziato quell'uomo che si accinge a sposare una donna, senza avere prima suscitato una sincera passione nel cuore di lei: la sua sorte non sarà meno miserabile di quella di Chillingworth, e appena il cuore della donna si accenderà di una autentica passione, anche quella fredda immagine di felicità senza amore, che il marito aveva offerto alla moglie, gli sarà imputata ad imperdonabile colpa"[1].
Ora osserviamo il marito tradito, o prossimo a esserlo, con gli occhi dell'adultera bella e fine di Tolstoj, Anna Karenina [2]:"A Pietroburgo, non appena il treno si fermò e lei ne discese, la prima faccia che richiamò la sua attenzione fu la faccia del marito. "Ah, Dio mio! Perché gli sono venute quelle orecchie?" pensò, guardando la sua figura fredda e rappresentativa, e specialmente le cartilagini delle orecchie, che ora l'avevano colpita e che sostenevano le falde del cappello rotondo. Scorgendola, egli le venne incontro, atteggiando le labbra al sorriso ironico che gli era consueto e guardando verso di lei con i grandi occhi stanchi. Una certa sensazione sgradevole le strinse il cuore quando incontrò lo sguardo tenace e stanco di lui, come se si aspettasse di vederlo diverso. In particolare la colpì la sensazione di scontentezza di sé che provava nell'incontrarsi con lui. Era una sensazione di vecchia data, ormai nota, simile allo stato di finzione che provava nei rapporti con il marito; ma prima non se ne era mai accorta, mentre ora ne fu consapevole in modo chiaro e doloroso. "Sì, come vedi un marito affettuoso, affettuoso come al secondo anno di matrimonio, bruciava dal desiderio di vederti", disse egli con la sua voce lenta e sottile e con il tono che adoperava quasi sempre con lei, un tono di irrisione verso chi avesse parlato così per davvero. "Sereza sta bene?" domandò lei. "E' questa tutta la ricompensa," disse egli, "per il mio ardore? Sta bene, sta bene"[3].
Anna era già innamorata di Vrònskij.
Karenin sente aleggiare la sciagura sopra il suo capo, ma non può fare niente per evitare che gli piombi addosso. Vediamo anche i suoi sentimenti:"Come un bue, con la testa docilmente china, aspettava la mazza che già sentiva sollevata sopra di sé. Ogni volta che cominciava a pensare a questo, sentiva che bisognava tentare ancora una volta, che con la bontà, con la tenerezza, con la persuasione c'era ancora una speranza di salvarla, di obbligarla a ritornare in sé, e ogni giorno si disponeva a parlarle. Ma ogni volta che incominciava a parlare con lei, sentiva che quello spirito del male e dell'inganno che si era impossessato di lei, si impossessava anche di lui, e con lei diceva cose completamente diverse da quelle che voleva dire. Senza volerlo le parlava con il suo abituale tono di scherno" (p. 152).
Ancora lo sguardo di Anna su Karenin:" Lo vide avvicinarsi alla tribuna, ora rispondendo con indulgenza agli inchini adulatori, ora salutando amichevolmente, distrattamente, gli eguali, ora aspettando con desiderio lo sguardo dei potenti del mondo e togliendo il suo gran cappello tondo che gli schiacciava le estremità delle orecchie. Lei conosceva tutti questi modi e le erano tutti odiosi. "Unicamente ambizione, unicamente desiderio di riuscire: ecco tutto quel che c'è nella sua anima," pensava, "mentre i ragionamenti elevati, l'amore per la cultura, la religione, tutto questo non è che uno strumento per riuscire" (pp. 210-211). Il disprezzo di Anna dunque ha anche un motivo opposto rispetto a quello di Emma che viceversa disprezza la mancanza di ambizione del marito.
Passiamo quindi alla letteratura latina. Abbiamo già visto qualche verso della Satira I 2 di Orazio il quale sconsiglia l'adulterio, in sintonia con la politica di Agusto contro questa forma di sovversione che mina la famiglia, un'istituzione secondo alcuni naturale per l'uomo, secondo altri contraria alla libertà e alla felicità umana, comunque raccomandata e benedetta in ogni tempo dal potere.
Leggiamo qualche altro verso di questa satira che mette in rilievo gli inconvenienti dell'adulterio presentato come pratica assai rischiosa. Orazio, tra i due estremi sessuali del bordello e delle mogli altrui, consiglia la frequentazione delle prostitute:" :"nil medium est. Sunt qui nolint tetigisse nisi illas/quarum subsuta talos tegat instita veste,/contra alius nullam nisi olenti in fornice stantem" (28-30), non c'è la via di mezzo: ci sono coloro che non vogliono contatti se non con quelle le cui caviglie copre la balza cucita in fondo alla veste, un altro al contrario non vuole nessuna che non stia ad aspettare in un bordello maleodorante.
Dall'insieme della satira appare evidente che il Venosino considera più simpatico e meno pericoloso il vizio postribolare che di certo era meno eversivo rispetto ai programmi della restaurazione progettata dal suo augusto protettore.
Il male maggiore insomma sta nell'insidiare le spose.-subsuta: ablativo (da sub-suo, cucio sotto) concordato con veste , mentre instita è nominativo: il tutto costituisce una specie di cortina ferrea del pudore matronale.
Più avanti vengono enumerati altri ostacoli all'abbordaggio e addirittura alla visione delle sposate:" si interdicta petes, vallo circumdata, nam te/hoc facit insanum, multae tibi tum officient res,/custodes, lectica, ciniflones, parasitae,/ad talos stola demissa et circumdata palla,/plurima, quae invideant, pure adparere tibi rem" (vv. 97-100), se mirerai ai divieti , cinti da una trincea, infatti questo ti fa impazzire, allora molti ostacoli ti si opporranno: guardie, lettiga, parrucchieri, le confidenti, la veste che scende fino alle caviglie e la sopravveste messa intorno, moltissime barriere che impediscono che la merce appaia nella sua schiettezza.
"L'amore esclusivo e radicale delle matrone è rappresentato icasticamente e buffamente. Le matrone sono quelle tutte avvolte nella stola col bordo cucito e ricamato, tutte chiuse nel falso pudore e nella segreta voglia. L'artista prevale sul moralista:" "quarum subsuta talos tegat insita veste" (v. 29), i loro talloni copre la balza in fondo alla veste. L'instita non c'è più al v.99, dove prevale più propriamente la stola: stola ad talos demissa che sostiene a maggior difesa il mantello, ma ritorna nell'Ars amatoria ovidiana quasi guardia vivente e accorta del decoro delle matrone così come le bende tenui sono la bandiera della castità delle vergini:"Este procul, vittae tenues, insigne pudoris,/quaeque tegis medios, instita longa, pedes"[4], State lontano, bende sottili, bandiera del pudore,/e tu, balza lunga, che copri i piedi fino a mezzo.
E lo stesso Ovidio, maestro d'amore, per dire che la matrona non entra nei suoi giochi, scrive semplicemente: in nostris instita nulla iocis [5], la balza della stola della matrona è fuori dal nostro gioco…Orazio contrappone la matrona non alla vergine, ma alla meretrice"[6].
In questa satira l'antitesi rispetto allo sconsigliato corteggiamento delle scomode mogli, barricate in vari modi e coperte fino ai talloni, è la meno rischiosa frequentazione dei bordelli, già approvata dall'austero Catone di cui infatti abbiamo messo in rilievo la paura nei confronti delle donne :"quidam notus homo cum exiret fornice, "macte/virtute esto" inquit sententia dia Catonis;/nam simul ac venas inflavit taetra libido,/huc iuvenes aequom est descendere non alienas/permolere uxores."nolim laudarier"inquit/"sic me" mirator cunni Cupiennus albi" (Orazio, Sermones, I, 2, vv. 31-36), una volta che un uomo conosciuto usciva da un bordello, "bravo per il tuo valore" esclamò il sublime parere di Catone; infatti appena la voglia oscura ha gonfiato le vene, qua è bene che scendano i giovani, non che macinino le mogli altrui. "Non vorrei essere lodato così", disse Cupienno ammiratore del sesso coperto di bianco.
-fornice: fornix è un sotterraneo a volta dove erano tipicamente situati i bordelli; infatti i giovani vi devono descendere. Su questo sostantivo si forma il verbo fornicare. In inglese c'è fornication di cui cito un'occorrenza suggestiva in Christopher Marlowe (1564-1693):"Thou hast committed…"- "fornication but that was in another country,-and besides, the wench is dead "[7] "tu hai… "fornicato; ma fu in un altro paese e oltretutto la ragazza è morta.
-taetra libido:"il nostro poeta ha creato una scena di alto spessore parodistico grazie alla giuntura taetra libido, che allude all'enniana Discordia taetra[8] più che al taeter morbus di Catullo[9]…Catone continua ad essere su un piedistallo divino, ma diviene sostenitore di un vizio estremo, del vizio estremisticamente opposto alla caccia delle matrone: postribolo contro alcova, meretricio contro adulterio"[10].-cunni Cupiennus albi: cunnus è una sineddoche, la parte per il tutto.
" Ecco l'anticatone di turno. Chi è chi non è? E' Cupiennus, un signore di Cuma…Il suo nome sa di insaziabile cupidigia, di taetra cupido, o di dira libido come dice Lucrezio[11]. Cupiennus avanza sulla scena e:"Caro Catone", ribatte "non ci casco: la tua lode proprio non la vorrei. Il sesso bianco m'incanta". Cupiennus è appunto un mirator, un ammiratore estasiato del sesso velato dalla bianca stola della matrona: tradurre anche qui è tradire perché va via la stupenda allitterazione di Cupiennus/cunnus. Forse possiamo azzardare "Cupienno ammiratore del bianco conno"!"[12].
Cupienno insomma è l'eterno amante che ama raggirare l'eterno marito. Un altro di loro, è Vel'čanicov che come vede la nuova moglie dell'eterno marito con l'amante di turno la osserva con lo sguardo non so dire se cinico o clinico del seduttore di professione:"La signora lo interessava; era, come ben si vedeva, una provincialotta piuttosto ricca, vestita senza gusto ma con sfarzo, e con modi lievemente ridicoli, riuniva quindi in sé tutto ciò che garantisce il successo a uno zerbinotto della capitale che abbia certe mire su una donna. Presero a discorrere: la signora parlava e si lamentava con foga del proprio marito, il quale "a un tratto era sparito dal vagone, e per questo era successo tutto, perché quando dovrebbe esserci sparisce sempre". Una necessità…-borbottò l'ulano. -Ah, Miten'ka!-tornò a congiungersi le mani. "Be', il marito avrà il fatto suo!" pensò Vel'čaninov"[13].
A questa specie seduttiva, e con la presunzione che si tratti di una razza superiore, appartiene Vrònskij :"Nel suo mondo di Pietroburgo tutte le persone si dividevano in due specie assolutamente opposte. Una specie inferiore: persone volgari, stupide e soprattutto ridicole, che credono che un marito solo debba vivere con una moglie sola, con la quale è sposato; che una ragazza debba essere innocente, la moglie pudica, l'uomo virile, temperato e fermo; che bisogna educare i figlioli, guadagnarsi il proprio pane, pagare i debiti e altre sciocchezze del genere. Questa era la specie degli uomini fuori di moda, e ridicoli. Ma c'era un'altra specie di uomini, uomini veri, di cui facevano parte loro tutti, nella quale bisognava soprattutto essere eleganti, belli, magnanimi, audaci, allegri, darsi a ogni passione senza arrossire, e ridere di tutto il resto"[14].
Pesaro 4 settembre 2023 ore 16, 49
giovanni ghiselli
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[1] N. Hawthorne, La lettera scarlatta , p. 137.
[2] Romanzo del 1877. G. Steiner lo definisce "la lettura critica più fedele di Madame Bovary" (Errata, Una vita sotto esame , p. 30).
[3] L. Tolstoj, Anna Karenina , pp. 106-107.
[5] Ars amatoria, II, 600.
[6] M. Gigante, Orazio Una misura per l'amore , p. 55.
[7] The jew of Malta , IV, 1. L'ebreo di Malta è una tragedia del 1589. T. S. Eliot utilizza queste parole del frate, poi di Barabba come epigrafe a Portrait of a Lady, Ritratto di signora.
[8] Ennio 225 Skutsch.
[9] Catull. LXXVI 25.
[10] M. Gigante, op. cit., p. 57.
[11] IV, 1046.
[12] M. Gigante, op. cit., p.57.
[13] F. Dostoevskij, L'eterno marito, p. 169.
[14] L. Tolstoj, Anna Karenina, p. 117.
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