sabato 30 settembre 2023

T. Mann. I Buddenbrook. 17

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III, 10,  pp. 92-94

Tony riceve una lettera dal pretendente Grünlich che rinnova la richiesta di amore matrimoniale e acclude un anello.
La ragazza, disgustata, scrive al babbo rivelandogli la propria contrarietà e il suo amore per Morten , un ragazzo che “diventerà medico e appena avrà conseguito la laurea verrà a chiedere la mia mano”.
Quindi Tony aggiunge: “So benissimo che la consuetudine vuole che io sposi un commerciante, ma Morten appartiene a quell’altra categoria di persone cospicue, agli intellettuali. Non è ricco, e so che ciò ha importanza per te e per la mamma, ma devo dirti, caro babbo, per quanto io sia giovane, e più d’uno lo avrà imparato dalla vita, che la ricchezza da sola non sempre rende felici. Con mille baci sono la tua figlia devota.
Atonia
P. S. L’anello è di bassa lega e, come vedo, piuttosto sottile.
Commento queste belle parole di Tony con alcune righe del mio romanzo. La ragazza Buddenbrook non riuscirà a cogliere l’occasione di stabilire una relazione con il ragazzo che le piaceva e che stimava, contraccambiata.
Io non colsi l’opportunità di  vivere senza riserve l’amore per la donna che nei decenni successivi è rimasta sempre la migliore del mazzo che ho voluto infoltire negli anni badando più alla quantità che alla qualità.
Riferisco alcune parole dette da lei, la prima finnica Helena, durante la sera del corteggiamento iniziale nella csàrda di Hortobàgy nel luglio del 1971:
“Che cosa è l’amore per te?”. Le domandai. Molto direttamente, forse anche troppo, ma volevo saggiare il terreno della sua disponibilità erotica e dirle qualche cosa di incoraggiante all’eros, se, rispondendo, mi avesse dato la pur minima occasione di farlo.
Rispose: “E’ un sentimento positivo: che la mia umanità si espande e comunica qualche cosa di buono. Siamo qui al mondo gli uni per gli altri.
Io adesso  provo amore, individualmente, per un uomo che mi aspetta in Finlandia, ma generalmente lo sento per tante persone, per tutte spero, e per ogni creatura vivente”.
Riflettei un momento su questa risposta, degna del suo stile.
“Sì è in gamba come pensavo, è del mio stampo e della mia levatura. Purtroppo ha un compagno, ma non credo ne sia innamoratissima. In fondo il suo amore singolo non esclude l’umanistico, un sentimento  smisurato e indefinito un a[peiron dal quale potrebbe emergere l’individuazione per un’altra persona molto dotata del Nou`~ che mette ordine.  Potrei essere io da come attentamente mi guarda. Sarebbe la mia salvezza dal naufragio sempre temuto .”
Fu Helena in effetti a salvarmi ma per capirlo dovetti tornare a Debrecen in bicicletta 40 anni più tardi dopo una serie di relazioni prive di profondità e sincerità.
“Una notte dell’estate del 2011, andati a letto gli amici, sono tornato sotto la finestra dell’apparizione fatidica, una finestra oramai sconsacrata e  deserta, onde  mesto riluceva  il raggio riflesso della luna[1], dea dai tre nomi[2] e dalle tre forme. Ho ricordato i sentimenti forti, pieni di gioia di quella sera remota e ho sentito la necessità di raccontarla, di renderla eterna, se il giudizio finale, quello dell’arte, sarà positivo”.
Non la presi abbastanza sul serio nell’estate del 1971. Eppure non ho più trovato una donna altrettanto congeniale a me.
 
Ma torniamo al romanzo di T. Mann con il quale ho l’ardire di confrontarmi.
Anche Johann Buddenbrook, il padre di Tony non prende sul serio la figlia cui ripete e ufficializza  per iscritto, cioè con parola ben ponderata e scelta quanto le aveva già detto a voce. “Mia cara figlia, noi non siamo nati per quella che con occhio miope consideriamo la nostra piccola personale felicità, perché non siamo esseri staccati, indipendenti e autonomi, bensì anelli di una catena (…) La tua vita, così mi sembra, è da parecchie settimane tracciata davanti a te con la massima chiarezza e precisione, e tu non saresti mia figlia, né nipote del tuo nonno che riposa in Dio, né in genere un membro degno della nostra famiglia se pensassi seriamente, tu sola, di seguire, caparbia e volubile, le tue proprie vie irregolari…
Con sincero affetto
tuo padre.
 
I grandi romanzieri parlano di noi e Thomas Mann è uno dei più grandi.
Tony crede nel proprio gevno~ e per non traviarsi cambiando la via ha dato retta al padre. Ne sono seguiti due matrimoni sbagliati.
 
Credere nel proprio gevno~, almeno in uno dei due tra il paterno e il materno è dovuto alla fede che ciascuno di noi deve a se stesso. Ma ogni gevno~ è composito. Non ce n’è uno monolitico e monofonico. Personalmente ho dato retta alle zie Rina e Giulia, le maestre all’estero per quanto riguarda il mai domato l’amore per la scuola. Ho seguito la madre  mia santa  relativamente alla bizzarria e alla volontà di autonomia. Dal nonno Carlino Martelli di Borgo Sansepolcro ho ereditato consenziente l’amore che portava alle donne, al sole, alla bici; della nonna Margherita Scatolari di Pesaro sono stato perfetto nipote per l’amore che portava alla proprietà terriera. Infatti questa carissima donna voleva essere accompagnata dal notaio per segnare a me tutti i suoi poderi.
Purtroppo non era possibile ma l’ho ricompensata non vendendo per tanti soldi i 18 ettari che mi sono comunque arrivati, e, se potrò. ne comprerò  altri, sempre vivendo da poverello di Pesaro dove conservo anche la residenza.
All’antenato Canonico Carlo Martelli che nel gennaio del 1831 il Console nominò  Accademico corrispondente dell’Accademia degli Infecondi di Prato devo invece il lascito dell’amore per le lettere cui ho posposto l’interesse per dei figli carnali miei. Credo di avere una bella e numerosa discendenza di figli spirituali.  
Gli aspetti dei gevnh che mi hanno preceduto dunque li ho ereditati volentieri, poi li ho conservati e valorizzati con tutte le mie forze, altri invece li ho sdegnati e rifiutati in quanto non mi piacevano né punto né poco.

capitolo precedente: Giovanni Ghiselli: T. Mann. I Buddenbrook. 16
 
Pesaro 30 ottobre 2023 ore 16, 14, 
giovanni ghiselli
 
p. s
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[1] Cfr. Leopardi,: “quella finestra,/ond’eri usata favellarmi, ed onde/mesto riluce delle stelle il raggio/è deserta” Le ricordanze (vv. 141-144).
[2] Luna, Diana, Ecate. Quest’ultima è la signora delle streghe (quelle del Macbeth di Shakespeare, per esempio) e la maestra delle maghe (Medea per esempio).

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