mercoledì 13 settembre 2023

Corso di ottobre-novembre XXVIII Satyricon 22. Nella pinacoteca entra Eumolpo, un vecchio poeta malvestito


 

Segue un' e[[[[[[[[[[[[[[[{[[[[[[[[[[[[[[[[[[[[[[[[[[[[kfrasi" che è la descrizione di un soggetto di particolare interesse, come un paesaggio, o un' opera d'arte, quale si trova nel carme 64 di Catullo o nel I canto dell'Eneide, e tornerà, più di una volta, nel romanzo greco. Leucippe e Clitofonte di Achille Tazio, per esempio, si apre con un' e[kfrasi": l'autore, giunto a Sidone in seguito a una tempesta, si reca nel tempio della dea fenicia Astarte dove ammira e descrive un quadro con il ratto di Europa. Vicino a lui c'è Clitofonte che gli racconta la sua vicenda. Anche Dafni e Cloe di Longo Sofista si apre con la descrizione di un quadro.

 

Leggiamo l' e[[[[[[[[[[[[[[[{[[[[[[[[[[[[[[[[[[[[[[[[[[[[kfrasi"   di Petronio che dovrebbe essere relativa a un quadro di Apelle "Hinc aquila ferebat caelo sublimis Idaeum, illinc candidus Hylas repellebat improbam Naida. Damnabat Apollo noxias manus lyramque resolutam modo nato flore honorabat " (83, 3), da una parte l'aquila portava alta nel cielo il giovinetto dell'Ida, dall'altra lo splendido Ila respingeva la Naiade sfrontata. Apollo malediceva le mani colpevoli e adornava la lira dalle corde allentate con fiori appena sbocciati.

 Il ragazzo dell'Ida è Ganimede, rapito da Zeus trasformatosi in aquila[1].  Ila è il giovinetto amato da Eracle e rapito da una Naiade (Naida è accusativo con desinenza greca da Nais) mentre prendeva acqua da una fonte dove l'improba lo trascinò. Questa storia è raccontata da Apollonio Rodio nelle Argonautiche: una ninfa dell'acqua vide Ila accanto a sé fiammeggiante di bellezza e di dolce grazia (I, 1230) mentre la luna piena lo illuminava; allora la Nuvmfh sconvolta nel cuore gli cinse il collo con il braccio sinistro desiderando baciare la tenera bocca e con la destra lo trascinò per un gomito e lo immerse nel mezzo del vortice (v. 1239).   Quello di Apollo è un  amore omoerotico: il dio uccise per sbaglio con un disco il giovinetto Giacinto che poi si trasformò nel fiore omonimo[2].

Procediamo con il commento di Encolpio

"Inter quos etiam pictorum amantium vultus tamquam in solitudine exclamavi:"Ergo amor etiam deos tangit. Iuppiter in caelo suo non invenit quod eligeret, et peccaturus in terris nemini tamen iniuriam fecit" (83, 4), e in mezzo a queste immagini di amanti dipinti, come se mi trovassi in un deserto, esclamai:" Allora l'amore tocca anche gli dèi! Giove nel suo cielo non trovò qualosa da scegliere, e venuto in terra per commettere peccati non ha però fatto torto a nessuno.

-amor etiam deos tangit: diversi commentatori dicono che Encolpio allude all'esclamazione di Enea quando, in analogo contesto di e[kfrasi" , vede raffigurati nel tempio di Giunone a Cartagine le pene e le glorie della guerra di Troia:"sunt lacrimae rerum et mentem mortalia tangunt" (Eneide, I, 462), ci sono lacrime per le sventure e le vicende mortali toccano il cuore.

Questo è l'aspetto patetico. Ma ce n'è anche uno comico che si può individuare nel Iuppiterpeccaturus e collegare a più di una commedia di Aristofane. Delle Nuvole (vv. 1079-1081) ho già detto; negli Uccelli (del 414) Pistetero propone al Coro di volatili che si proclami la guerra santa (iJero;n povlemon, v, 556) contro Zeus e che si impedisca agli dèi di andare e venire a cazzo ritto per la terra come fecero più di una volta commettendo adulterio con le Alcmene le Alopi e le Semele (vv. 556-559).

 

  Seguono altre considerazioni meno interessanti su questi amori di dèi confrontati con il proprio, il più disgraziato di tutti (83, 5-6), quindi entra un nuovo personaggio il quale avrà grande importanza nel seguito del romanzo che noi presto, non senza dispiacere, dovremo abbandonare:"Ecce autem, ego dum cum ventis litigo, intravit pinacothecam senex canus, exercitati vultus et qui videretur nescio quid magnum promittere, sed cultu non proinde speciosus, ut facile appareret eum ex hac nota litteratorum esse, quos odisse divites solent"(83, 7) ma ecco che, mentre litigavo con i venti, entrò nella pinacoteca un vecchio canuto, dalla faccia vissuta e che sembrava promettere non so che di grande, ma non parimenti distinto nell'abbigliamento, tanto che si vedeva facilmente che apparteneva a quella razza di letterati che i ricchi di solito detestano.-Ecce autem: introduce un cambiamento dell'azione .-cum ventis litigo: queste parole rendono l'idea della scarsa concretezza del personaggio e, anzi, fa venire in mente la sua appartenenza alla razza, letteraria e umana, che ha un seguito in Don Chisciotte e in tanti altri.-senex canus: Eumolpo (eu[molpo" significa il bravo cantore con allusione ironica al suo essere un poeta senza successo ) dovrebbe  corrispondere a Didone, come Encolpio ad Enea, e infatti sembra promettere qualcosa di grande con il volto; così la regina avanza nel tempio "forma pulcherrima" (Eneide, I, 496), bellissima di aspetto. Ma il cultus del vecchio non è speciosus come lo sguardo: l'anziano è trasandato e la sua negligenza non è artificio ma povertà ed emarginazione impostagli dall'odio dei ricchi. L'invenzione dell'eroe pezzente risale a Euripide che lo aveva raffigurato nei cenci del perduto Telefo. Aristofane ne fa la parodia negli Acarnesi quando Diceopoli si reca da Euripide per chiedergli degli stracci:"dov"  moi rJavkiovn ti tou' palaiou' dravmato"" (v. 415), dammi qualche straccio dell'antica tragedia.  

Ma torniamo a Eumolpo

"Is ergo ad latus consitit meum…"Ego" inquit "poeta sum et ut spero non humillimi spiritus, si modo coronis aliquid credendum est, quas etiam ad imperitos deferre gratia solet" (83, 8), costui dunque si fermò al mio fianco… "Io-disse-sono un poeta e, come spero, non di ispirazione proprio umile, se almeno si deve dare qualche credito alle corone che il favore spesso dispensa anche a chi non ha maestria.

 Questa presentazione di se stesso come poeta, che dalla successiva recita di esametri e dal commento seguente sembra aspirare alla qualifica di  satirico, è un altro ribaltamento rispetto alla tradizione, soprattutto oraziana. Infatti Orazio nella Satira I, 4, scrive:"Primum ego me illorum dederim quibus esse poetas,/excerpam numero" (vv. 39-40), prima di tutto io mi caverò dal numero di quelli cui concederei di essere poeti; infatti, continua il venosino, non basta scrivere un verso, né, come faccio io, mettere insieme composizioni molto vicine alla prosa (sermoni propiora, v. 42) ma ci vuole genio, mente ispirata e voce capace di grande risonanza (os/magna sonaturum, vv. 43-44).

Invece Eumolpo "si professa qui poeta a tutto campo e non esita ad arrogarsi il dono dell'ispirazione sublime (non humillimi spiritus: l'aggettivo humilis è tecnicismo retorico; il gesto di elegante dissimulazione affidato alla litote-non humillimi-è in realtà attenuato dal superlativo)"[3].

"Quare ergo" inquis "tam male vestitus es?" propter hoc ipsum. amor ingenii neminem umquam divitem fecit" (83, 9), "Perché allora", puoi dirmi, "sei vestito così male?" Proprio per questo. L'amore dell’ingegno non ha mai arricchito nessuno. La sentenza fa da titolo agli esametri seguenti e denuncia la discrepanza tra il gusto dell'uomo di cultura e di genio e quelli della massa che premia tutt'altre persone.

"Qui pelago credit, magno se faenore tollit,/qui pugnas et castra petit, praecingitur auro,/vilis adulator picto  iacet ebrius ostro,/et qui sollicitat nuptas, ad praemia peccat:/sola pruinosis horret facundia pannis/atque inopi lingua desertas invocat artes" (83, 10), chi si affida al mare, se ne tira fuori con grandi guadagni, chi affronta battaglie e campi militari si cinge d'oro, il vile adulatore sta steso ubriaco su drappi di porpora ricamata e chi corrompe le donne sposate commette una colpa in vista di premi: la sola l'eloquenza rabbrividisce in cenci gelati e con lingua impotente invoca le arti abbandonate.

"Eumolpo afferma la propria vocazione letteraria in forma di Priamel, un modulo compositivo con funzione di preambolo fondato sull'opposizione tra una serie di modelli esistenziali e la scelta di vita approvata dal poeta. Sul modello illustre della prima ode di Orazio, Eumolpo identifica la vocazione alla poesia con la scelta filosofica di vita (il bivo" filovsofo"). Si è osservato che, per la loro struttura programmatica, questi versi rappresentano un vero e proprio proemio a quella specie di liber costituito dalle poesie recitate da Eumolpo nel romanzo (un campionario assai variato dei più disparati generi poetici: epica e tragedia-alla sua voce si devono i due lunghi inserti sul Bellum civile e sulla "Presa di Troia"-, elegia, epigramma, poesia scientifica e moralistica). I primi quattro versi passano in rassegna scelte esistenziali tradizionalmente opposte alla vita contemplativa del sapiente e fondate sull'avidità del denaro"[4].

Il mercante,  avido di guadagno e antitetico al poeta, si trova nella prima ode di Orazio (vv. 15-18) e nell'ode Alla Musa del Parini:"Te il mercadante che con ciglio asciutto/fugge i figli e la moglie ovunque il chiama/dura avarizia nel remoto flutto,/Musa, non ama" (vv. 1-4) Questa figura negativa del resto trova una rivalutazione, sebbene velata di ironia,  in Gozzano :"Oh! questa vita sterile, di sogno!/Meglio la vita ruvida concreta/del buon mercante inteso alla moneta".[5]

 Viene poi il soldato associato, oltre che da Orazio anche da Virgilio[6], al mercante quale personaggio che mette a repentaglio la vita per la brama delle ricchezze.

-vilis adulator…ebrius : anche questa del parassita adulatore è una figura eterna. Si trova, sempre viva e moltiplicata, alla tavola di Don Rodrigo:"In faccia al podestà, in atto d'un rispetto il più puro, il più sviscerato, sedeva il nostro dottor Azzeccagarbugli in cappa nera, e col naso più rubicondo del solito: in faccia ai due cugini, due convitati oscuri, de' quali la nostra storia dice soltanto che non facevano altro che mangiare, chinare il capo, sorridere e approvare ogni cosa che dicesse un commensale, e a cui un altro non contraddicesse"[7].-ad praemia peccat: questo è il prostituto che spinge all'adulterio per interesse la sposa danarosa, presumibilmente vecchia e brutta.-sola…facundia: è il topos che si ritrova nel Canzoniere del Petrarca:"Qual vaghezza di lauro, qual di mirto?/Povera et nuda vai philosophia,/dice la turba al vil guadagno intesa.//Pochi compagni avrai per l'altra via:/tanto ti prego più, gentile spirto,/non lassar la magnanima tua impresa" (sonetto VII, 9-14).

 

Pesaro 13 dicembre 2023 ore 20, 59

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[1] Cfr. Ovidio, Metamorfosi, 10, 155 sgg.

[2] Cfr. Ovidio, Metamorfosi, 10, 162, sgg.

[3] G. B. Conte, Scriptorium Classicum 6, p. 35.

[4]G. B. Conte, Scriptorium Classicum 6, p. 36.

[5] La  signorina Felicita, vv. 301-303.

[6] Georgiche, 2, 503-506.

[7] A. Manzoni, I promessi sposi, V.

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