Ora vediamo qualche aspetto della famigerata Cena cui gli scholastici Encolpio, Ascilto e Agamennone assistono sbalorditi, un poco come noi.
Trimalchione, il "tre volte potente" entra in scena nella palestra delle terme come un anziano calvo che, vestito con una tunica rossa, gioca a palla in mezzo a ragazzi zazzeruti (27). Quindi si avvia verso casa portato su una lettiga, avvolto in una coperta scarlatta, preceduto da quattro battistrada agghindati e da una carrozzina a mano " chiramaxio in quo deliciae eius vehebantur, puer vetulus, lippus domino Trimalchione deformior" (28), nella quale veniva trasportato il suo tesoruccio, un giovane vecchietto, cisposo, più brutto del suo padrone Trimalchione.
Questo amasio giovane-vecchio sembra incarnare alcuni tra i vizi del padrone : il cattivo gusto, la bruttezza che si individua, come abbiamo visto per la bellezza, immediatamente negli occhi, l'omosessualità congiunta all'adulterio. La sua età ibrida e il suo aspetto deforme fanno pensare addirittura ai mostri dei primordi. Oppure ai neonati dalle tempie bianche ( poliokrovtafoi, Opere , v. 181) della bassa età del ferro di Esiodo, o anche alla vita, come viene apostrofata dal duca di Vienna travestito da frate in Misura per misura di Shakespeare (del 1604):"Thou hast nor youth nor age/But as it were an after dinner sleep/Dreaming of both " (III, 1), tu non hai giovinezza né vecchiaia, ma è come se dormissi dopo pranzo sognando di entrambe queste età[1].
Poi i giovani giungono alla casa di Trimalchione ed entrano nella sala da pranzo dove cominciano a mangiare un antipasto molto ricco (gustatio valde lauta, 31, 8). Per ultimo fa il suo ingrresso il padrone:"cui locus novo more primus servabatur", al quale era riservato il primo posto con insolita procedura. Infatti il primo posto del primo letto (summus in summo) era riservato all'ospite di maggior riguardo; mentre all'ospitante era destinato il primo posto del terzo letto (summus in imo).
Entrato, sempre addobbato di rosso, Trimalchione, come s'è già detto, ostenta gli anelli: uno grande placcato d'oro (anulum grandem subauratum) e uno d'oro massiccio ( totum aureum ), quindi denuda il braccio destro armilla aurea cultum et eboreo circulo lamina splendente conexo (32), ornato da un bracciale d'oro e di un cerchio d'avorio intrecciato con una lamina luccicante, infine si cincischiò i denti con uno stuzzichino d'argento (pinna argentea dentes perfōdit, 33). E' un monumento classico, aere perennius, al cattivo gusto, alla volgarità dell'eterno cafone arricchito.
"La storia degli anelli d'oro: il più interessante capitolo di storia del costume dell'epoca imperiale, particolarmente dell'epoca giulio-claudia…Claudio eredita da Caligola, ed affina e organizza, il predominio dei liberti imperiali nella corte. Ma dietro questi tre potentissimi liberti[2] c'è la grande massa di tutti i liberti, imperiali o non, in tutto l'impero. Sono una borghesia affaristica e prepotente. Affrontano talora i rischi della legge, pur di portare l' anulus aureus, gabellandosi per cavalieri. La pressione di questa borghesia significa soprattutto una cosa: l'intensificazione dell'economia monetaria…burocrazia (questa burocrazia dei liberti imperiali) significa economia monetaria, intensità di circolazione dei mezzi legali di pagamento. L'economia naturale delle grosse domus senatorie è colpita a morte"[3].
Un' altra volgarità colossale fuoriesce dalla bocca di questo signore in rosso quando viene portato un vino etichettato come vecchio di cento anni, "Falernum Opimianum[4] annorum centum". L'anfitrione dunque batté le mani ed esclamò:"eheu…ergo diutius vivit vinum quam homuncio. quare tangomenas faciamus. vita vinum est. verum Opimianum praesto. heri non tam bonum posui, et multo honestiores cenabant" (34), ahimé…dunque il vino vive più a lungo dell'omuncolo. perciò facciamo baldoria. è vita il vino. per giunta vi offro dell'Opimiano. Ieri ne ho messo in tavola di meno buono e avevo a cena gente di maggior riguardo.
Il lamento sulla vanità e insignificanza della vita umana è coerente con il ridurla a "nascita copula e morte". Cito ancora Eliot che nella sua Terra desolata utilizza il Satyricon, e in Fragment of an agon vv. 33-35, rappresenta gli uomini rimasti, o tornati, alla scimmia, come Sweeney la cui formula è "Birth, and copulation and death./That's all, that's all, that's all, that's all,/Birth, and copulation, and death "[5].
Epure tale riduzione non è possibile:"Ciò che è più biologico-il sesso, la nascita, la morte-è anche ciò che è maggiormente imbevuto di cultura. Le nostre più elementari attività biologiche-come mangiare, bere, defecare-sono strettamente legate a norme, divieti, valori, simboli, miti, riti, cioè a ciò che vi è di più specificamente culturale; le nostre attività più culturali-come parlare, cantare, danzare, amare, meditare-mettono in moto i nostri corpi e i nostri organi, tra cui il cervello"[6].
Il vino che vive ed è vita, oltre farci notare l'allitterazione e la paronomasia, evoca il ricordo delle precedenti celebrazioni letterarie della pianta di Bacco :"non piantare nessun altro albero prima della vite"[7] scrive Alceo che trova un'eco precisa in Orazio:"Nullam, Vare, sacra vite prius severis arborem " (Odi , I, 18, 1), non piantare, Varo, nessun albero prima della vite sacra.
Trimalchione che è un latifondista assente dai suoi terreni non si cura della coltivazione ma gode del prodotto del lavoro altrui.
Il tema della vanitas della vita umana prosegue attraverso l'ostensione di uno scheletrino d'argento (larva argentea , 34, 8) snodabile che il padrone gettò sulla mensa facendogli assumere diverse posizioni, quindi aggiunse due esametri e un pentametro :"eheu nos miseros, quam totus homuncio nil est!/sic erimus cuncti, postquam nos auferet Orcus./ergo vivamus, dum licet esse bene." (34, 10), ahi poveri noi, come tutto l'omuncolo è nulla! così saremo tutti, dopoché l'Orco ci avrà portato via. Dunque viviamo, finché è consentito stare bene. Il vivamus di Trimalchione come risposta alla vanitas della vita ricorda quello di Catullo (5, 1) che però è coordinato all'amemus senza il quale non c'è vita, mentre questo gli subordina un benessere di altro genere.
Pesaro 10 settembre 2023 ore 19, 07 giovanni ghiselli
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[1] Queste parole costituiscono l'epigrafe del già più volte citato Gerontion di Eliot.
[2] Callisto, Pallante e Narcisso.
[3] S. Mazzarino, L'impero romano, 1, pp. 215-216.
[4] Risalirebbe all'anno del consolato di L. Opimio, il 121 a. C. Una data sicuramente fasulla come le citazioni letterarie di Trimalchione.
[5] Frammento di un agone. Nascita, e copula e morte, tutto qui, tutto qui, tutto qui, tutto qui, Nascita, e copula, e morte.
[6] E. Morin, op. cit., pp. 37- 38.
[7] Fr. 342 L.P
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