Tutta la letteratura europea è congeniale a se stessa e ha un’esistenza simultanea
Durante la tirata di Agamennone, Ascilto si allontana. Encolpio coglie l'occasione di un momento di caos tra gli studenti per tornare nella loro locanda a cercarlo ma non si orienta: itaque quocumque ieram eodem revertebar, donec et cursu fatigatus et sudore iam madens accedo aniculam quandam, quae agreste holus vendebat" (6, 4), sicché in qualsiasi direzione mi fossi mosso, tornavo nel medesimo punto, finché stremato dalla corsa e già fradicio di sudore, mi avvicino a una vecchietta che vendeva verdura di campo.
-eōdem revertebar: è la prima allusione al labirinto che viene nominato più avanti (73) e significa un andirivieni faticoso e senza progresso, o addirittura spaventoso, come è tipico negli incubi. Sono quelli che T. S. Eliot in Gerontion, assumendo una visione cosmica del labirinto, chiama i corridoi artificiosi della Storia:" Think now/History has many cunning passages, contrived corridors./And issues, deceives us with whispering ambitions, Guides us by vanities " (vv. 34-37), pensa ora, la Storia ha molti anditi ingannevoli, corridoi artificiosi e varchi, ci inganna con sussurranti ambizioni, ci guida con cose vane.
Il disorientato Encolpio domanda all'anicula :"mater, numquid scis ubi ego habitem?" (7), mamma, sai dirmi dove abito?
Questa domanda assurda può accostarsi a quella di uno degli occupati del De brevitate vitae[1] di Seneca. Costoro sono dei maniaci impegnati in attività che secondo l'autore sono quanto meno futili e vane. Ebbene da di questi, un delicatus, per giunta, un raffinato, il filosofo maestro di Nerone riferisce di avere sentito "cum ex balneo inter manus elatus et in sella positus esset, dixisse interrogando ' iam sedeo'?" (12, 7), quando sollevato a braccia dal bagno e posto su una sedia sembra abbia fatto questa domanda: "sono già seduto?".
Seneca sottolinea l'irrazionalità di certi personaggi, Petronio fa risaltare l'incongruenza anticipando addirittura alcuni aspetti del nonsense di Edward Lear (1812-1888) che con i limericks[2] del suo A Book of Nonsense (del 1846) eleverà a sistema l'enunciazione dell'incongruo. Del resto Izzo suggerisce che il " nonsense avanti lettera…è una costante nelle opere della letteratura inglese più lontane dall'influsso delle letterature continentali" e ne indica un esempio in "almeno una tra le filastrocche delle streghe" del Macbeth, quella che fa: una moglie di marinaio aveva nel grembiale delle castagne, e masticava, masticava, masticava. "Dammi qua" feci io. "Vai via strega !" grida quella carogna rimpinzata. Suo marito è andato ad Aleppo , capitano della Tigre. Ma io farò vela per colà imbarcata in uno staccio. And like a rat without a tail-I'll do, I'll do and I'll do" (I, 3), come un topo senza coda io farò e farò e farò.
Oltre che al nonsense del resto questa non logica delle streghe può ascriversi a una certa primitività che comporta un uso ossessivo della paratassi che è tipico dei demoni della mitologia inferiore: nelle Eumenidi di Eschilo, quando le Erinni non ancora placate si svegliano con mugolìi e gemiti, la corifèa le aizza contro il matricida gridando:" labe; labe; labe; labev : fravzou", prendilo prendilo prendilo prendilo; stai attenta!"(v. 130).
La vecchietta fu divertita dalla battuta balorda di Encolpio (" delectata est illa urbanitate tam stulta") e rispose a tono con un altro nonsense:"quidni sciam?", perché non dovrei saperlo?, quindi si alzò e cominciò a precedere il giovane che la seguì:"divinam ego putabam "(Satyricon, 7, 2), io la credetti inviata da Dio.
Fu quello che pensai io pure come vidi Elena. I classici non solo parlano a noi, ma parlano di noi e ci suggeriscono le parole per esprimere degnamente i nostri sentimenti. Chi non sa usare le parole relative alle proprie idèe e ai propri sentimenti, ripete gli annunci pubblicitari o usa pugni, calci, pistole.
In realtà procedettero verso un bordello dove quella anus urbana, vecchia civile, centonem reiecit , scostò una cortina di stracci che divideva le celle e impediva all'aria fredda di entrare, "et 'hic' inquit 'debes habitare'" (7, 2), è qui disse che devi abitare. La vecchia ha assunto il tono della profetessa. Mentre Encolpio diceva di non conoscere la casa, vide "quosdam inter titulos nudasque meretrices furtim spatiantes" (7, 3), certi tipi che si muovevano furtivamente tra le targhe e le puttane nude.
Sentiamo ancora Huysmans:"Là lupanari dove i clienti girano intorno a donne nude che si esibiscono in piedi tra cartelli; mentre per gli usci mal chiusi delle stanze si intravvedono coppie sollazzarsi"[3].
Ma la prima impressione fatta dalla vecchia su Encolpio è data da quel:" divinam ego putabam". Dicevamo del realismo magico di Marquez. Ne possiamo trovare un'anticipazione in questo romanzo:"In questo sottomondo emergente, con tutta la sua potenza torbida e vitale, non poteva mancare come unica sublimazione 'metapsichica', fra così straripante fisicità senza orizzonti e quasi senza cielo, l'elemento magico. Ma la magia ha i toni foschi della tregenda, la cupezza della cronaca nera, la maledizione della violenza, della lubricità, della follia"[4].
Sia pure tardi, anzi troppo tardi, Encolpio capì di essere stato portato in una casino:"tarde, immo iam sero, intellexi me in fornicem esse diductum (7, 4). Il ragazzo, maledette le insidie della vecchia, si copre il capo e si mette a correre in mezzo al lupanare: proprio sull'ingresso (in ipso aditu) incontra Ascilto arrivato per altra strada, ugualmente stanco e moribondo, probabilmente condotto dalla stessa anicula.
Si vede che in questo romanzo le Sibille devono morire (cfr. 48, 8), i frequentatori di bordelli cercano di non farsi riconoscere attraverso la velatio capitis, ma tutte le strade e tutte le guide portano in luoghi malfamati. La vergogna e la stanchezza mortali però non sono prese troppo sul serio: Encolpio salutò Ascilto ridens e gli chiese cosa facesse in un luogo tanto brutto. Il compare allora racconta il suo iter: mentre cercava il loro alloggio era stato avvicinato da un pater familias che si era proposto, humanissime (8) con estrema cortesia di fargli da guida. Siamo alla "prima apparizione degli uomini-donne, discendenti da quegli abitanti di Sodoma che furono risparmiati dal fuoco celeste"[5]. Ne seguiranno tante altre.
Quindi lo condusse là, "prolatoque peculio coepit rogare stuprum" e, tirato fuori del denaro, cominciò a chiedere una prestazione sessuale. Poco mancò che non raggiungesse lo scopo:"iam pro cella meretrix assem exegerat, iam ille mihi iniecerat manus, et nisi valentior fuissem dedissem poenas", già la meretrice aveva riscosso l'asse per la cella, già quello mi aveva gettato le mani addosso, e se non fossi stato più forte sarei dovuto soccombere.
Da questi primi capitoli si vede una forma di realismo impastato con elementi magici-sovrannaturali, alcuni aspetti della distruzione della ragione, e pure il prevalere del diritto del più forte, per ora fisicamente, in un mondo dove il sesso, degradato e guasto, si insinua dappertutto.
Sentiamo ancora Bachtin:"Una particolarità molto importante della menippea è l'organico combinarsi di libera fantasia, di simbolismo e a volte dell'elemento mistico-religioso con un estremo e grossolano (dal nostro punto di vista) naturalismo sordido. Le avventure della verità sulla terra avvengono sulle strade maestre, nei lupanari, nei covi dei ladri, nelle taverne, sulle piazze dei mercati, nelle prigioni, nelle orge erotiche dei culti segreti, e così via. L'idea qui non teme nessun luogo sordido e nessuna bruttura della vita. L'uomo d'idea, il saggio, s'imbatte nell'espressione estrema del male, della degenerazione, della bassezza e della viltà del mondo. Questo naturalismo sordido appare, evidentemente, già nelle prime menippee. Già di Bione Boristenita[6] gli antichi dicevano che "per primo rivestì la filosofia dell'abito variopinto di un'etera. Molto di questo naturalismo sordido è in Varrone e Luciano. Ma lo sviluppo più ampio e completo questo naturalismo potè averlo solo nelle menippee, sviluppate fino al romanzo, di Petronio e Apuleio. La combinazione organica di dialogo filosofico, di sublime simbolismo, di fantasia avventurosa e di naturalismo sordido è la particolarità più notevole della menippea, che si conserva anche in tutte le successive fasi di sviluppo della linea dialogica della prosa romanzesca fino a Dostoevskij"[7].
Come vedete il corso di ottobre parte dai testi antichi e indica diversi nessi con i moderni. Quello di gennaio partirà dai moderni collegati e associati agli antici. Tutta la letteratura europea è congeniale a se stessa e ha un’esistenza simultanea
Pesaro 9 settembre 2023 ore 11, 30
giovanni ghiselli
p. s
Statistiche del blog
Sempre1400523
Oggi29
Ieri118
Questo mese1299
Il mese scorso5814
[1] Del 49 d. C. circa.
[2] "Così comunemente si chiama la forma strofica usata dal Lear. Sembra derivi da un coro, in quel metro, nel quale figurava il nome della città irlandese di Limerick. Un "limerick" si compone di cinque versi (aabba), dei quali gli "a" sono tripodie e i "b" dipodie anapestiche. I "limericks" sono popolarissimi, e ne esiste un'incalcolabile quantità di anonimi". Do un paio di esempi di limerick, tratti dall'antologia del caro maestro C. Izzo:"C'era un vecchio sannita-disgustato della vita:-gli cantarono una ballata,-lo cibarono d'insalata,-e guarirono quel vecchio sannita". "C'era un vecchio dal mento barbuto-che disse:"l'ho sempre temuto!-Due gufi e un pollastrello,-quattro allodole e un fringuello-han fatto il nido nel mio mento barbuto" Storia della letteratura inglese, 2, p. 594 n. 1; 595 n. 2 e n. 3.
[3] Controcorrente, p. 44.
[4] Luca Canali, L'erotico e il grottesco nel Satyricon, p. 46.
[5] M. Proust, Sodoma e Gomorra, p. 5.
[6] Filosofo vissuto tra il 325 e il 255 a. C., fu allievo di Teofrasto, m è considerato inventore della diatriba cinica.
[7] M. Bachtin, Dostoevskij, p. 150.
Nessun commento:
Posta un commento