Rovesciamenti:" Mutatus ordo est, sed nil propria iacet;/ sed acta retro cuncta [1] "; "versa natura est retro "[2].
Per quanto riguarda il rovesciamento delle figure tradizionali, si vede come l'autorevole e austero pater familias (8) si è ribaltato in un omosessuale violento e frustrato.
Si era detto della madre che nella Medea si rovescia dalla più rassicurante alla più inquietante delle figure; qui succede lo stesso al padre.
Nel mondo guasto raffigurato dal Satyricon c'è un ribaltamento che riguarda una città intera: Crotone dove si svolge l'ultima parte del romanzo (116-141) una urbs antiquissima et aliquando Italiae prima, antichissima e che una volta era stata la prima d'Italia. Quando però ci arrivano Encolpio, Eumolpo e Gitone la sua gente si divide in due categorie: ricchi senza eredi e cacciatori di eredità.
Qui sono stati pervertiti i sancti mores e annullati i litterarum studia , come spiega un contadino ai tre nuovi arrivati che osservano da un colle non lontano l' oppidum "impositum arce sublimi" (116, 1), posto sopra un' altura.
Se siete capaci di mentire sistematicamente, dice il vilicus agli errantes, vi arricchirete:"in hac enim urbe non litterarum studia celebrantur, non eloquentia locum habet, non frugalitas sanctique mores laudibus ad fructum perveniunt, sed quoscumque homines in hac urbe videritis, scitote in duas partes esse divisos. nam aut captantur aut captant" (116, 6-7), infatti in questa città non vengono onorati gli studi letterari, l'eloquenza non ha posto, l'onestà e i pii costumi non fruttano elogi, ma tutti gli uomini che vedrete in questa città, sappiate che sono divisi in due categorie: o sono cacciati o danno la caccia.
La città è diventata una foresta di belve.
Crotone in questo senso non è molto diversa da una pate dell'Italia attuale.
Nessuno riconosce i figli "in hac urbe nemo liberos tollit ,quia quisquis suos heredes habet, non ad cenas, non ad spectacula admittitur, sed omnibus prohibetur commodis, inter ignominiosos latitat. qui vero nec uxores unquam duxerunt nec proximas necessitudines habent, ad summos honores perveniunt, id est soli militares, soli fortissimi atque etiam innocentes habentur" (116, 7-8), poiché chiunque abbia i suoi eredi non viene invitato a cene, non a spettacoli, ma viene escluso da tutti i vantaggi e vive nascosto tra i malfamati. Quelli poi che non hanno mai preso moglie e non hanno parenti prossimi, raggiungono le cariche più alte, cioè solo loro sono considerati degli strateghi, solo loro fortissimi e irreprensibili.
Qui si vede il fallimento della legislazione augustea che cercava di penalizzare i celibi.
Per questo aspetto ora l'Italia è diversa: è piuttosto il single a essere emarginato dalla compagnia degli accoppiati che vedono in lui o in lei, soprattutto se non sono deformi, delle mine vaganti.
Tale degrado doveva essere diffuso a Roma e in Italia: Tacito infatti sottolinea che presso i sani e antitetici Germani:"quanto plus propinquorum, quanto maior adfinium numerus, tanto gratiosior senectus; nec ulla orbitatis pretia " (Germania , 20), quanto più sono i consanguinei, quanto più grande è il numero dei parenti acquisiti, tanto più è considerata la vecchiaia; né la mancanza di figli dà vantaggio.
Crotone dunque è come un campo devastato da una pestilenza: "adibitis'inquit' oppidum tamquam in pestilentia campos, in quibus nihil aliud est nisi cadavera quae lacerantur aut corvi qui lacerant " (116, 9), entrerete disse in una città che è come un campo nel tempo della peste, dove non c'è altro se non cadaveri che vengono fatti a pezzi e corvi che li fanno a pezzi.
Sofocle descrive una situazione del genere all'inizio dell' Edipo re: Tebe è contaminata da un mivasma che diffonde una peste odiosissima (loimo;J" e[cqisto" , v. 28) la quale uccide le creature viventi e nega le nascite colpendo la terra e le femmine tutte con la sterilità.
Sentiamo una riflessione di P. Fedeli :" Crotone dunque è una città di cadaveri: una città interamente strutturata attorno al verificarsi dei decessi e al loro armonico susseguirsi. Resta da chiedersi quale sia la funzione di rovesciamenti di questo tipo. Che Petronio sia raffinatissimo portatore di una morale sostanzialmente aristocratica e prospetti sempre, pur nei suoi atteggiamenti di maggiore dissacrazione, una fuga nel passato, credo che difficilmente possa essere messo in dubbio. Che questo sia il suo atteggiamento ce lo conferma proprio il ricorso costante alla tecnica dell'inversione: perché rovesciamenti di questo tipo hanno il fine di proporre all'attenzione dei lettori raffigurazioni a tinte forti di determinati guasti…Insomma, in tutte queste rappresentazioni dai toni fortemente moralistici e dai contenuti chiaramente conservatori ha un'indubbia rilevanza la componente del "ma dove mai andremo a finire!"[3].
Mi sembra una semplificazione eccessiva che vuole ridurre io molteplici significati del Satyricon, la sua polifonia, a un commento da bar.
Torniamo al capitolo 9 dove Encolpio scorge Gitone sul marciapiede di una stradina quasi per caliginem, come attraverso una nebbia.
Tutto il Satyricon ha l'aspetto di un sogno; tale si presenta anche per la sua frammentarietà, e durante lettura si notano frequentemente situazioni surreali.
Ho ritrovato questa idea in Fellini:"Questo è il vero fascino del testo e del mondo che è rappresentato nel testo. Come di un paesaggio sconosciuto, avvolto in una fitta nebbia che a tratti si squarcia e lo lascia intravvedere"[4]. In un altro libro, che abbiamo già utilizzato, il regista scrive:" Non un'epoca storica, filologicamente ricostruibile sui documenti, positivisticamente accertata, ma una grande galassia onirica, affondata nel buio, fra lo sfavillio di schegge fluttuanti, galleggianti fino a noi. Mi pare di essere stato sedotto dall'occasione di ricostruire questo sogno, la sua trasparenza enigmatica, la sua chiarezza indecifrabile. Con i sogni, appunto, succede la stessa cosa. Essi hanno dei contenuti che ci appartengono profondamente, attraverso i quali noi esprimiamo noi stessi…"[5]. Il Satyricon film dunque, leggiamo in degli appunti di regìa, dovrà riportare questo senso di frammentarietà e di oniricità:"Un film di quadri fissi, immobili; senza carrellate, né altri movimenti di macchina. Un film tutto da contemplare, a somiglianza dei sogni: e tu ne resti ipnotizzato. Tutto sarà slegato, frammentario. E al tempo stesso stranamente omogeneo. Ogni particolare starà per conto suo, isolato, dilatato, assurdo, mostruoso: come nei sogni. Anche l'atmosfera sarà quella dei sogni. Molto buio, molta notte, molti ambienti oscuri, poco illuminati. Oppure paesaggi simili a limbi, immersi in un sole irreale, sbiadito, sognante. Molti corridoi, ambulacri, stanze, cortili, vicoli, scalinate e altri simili passaggi angosciati e angusti. Niente di luminoso, di bianco, di nitido. I vestiti tutti di tinte sporche e opache, che suggeriscono la pietra, la polvere, il fango. Colori come il nero, il giallo, il rosso, tutto però come velato da una cenere che cada perpetuamente. In senso figurativo, cercherò di operare una contaminazione del pompeiano con lo psichedelico, dell'arte bizantina con quella pop, di Mondrian e di Klee con l'arte barbarica…magmatica liberazione di immagini"[6].
Giton è un altro nome parlante, se vogliamo interpretarlo come geivtwn, vicino, intendendo la sua vicinanza erotica a Encolpio, e non solo a lui. Molto più avanti ne troviamo la descrizione fisica e l'indicazione dell'età:"puer in balneo paulo ante aberravit, annorum circa XVI, crispus, mollis, formosus, nomine Giton. Si quis eum reddere aut commonstrare voluerit , accipiet nummos mille" (97), poco fa si è smarrito in un bagno pubblico un ragazzino di circa sedici anni, ricciuto, delicato, bello, di nome Gitone. Se qualcuno vorrà riconsegnarlo o dare indicazioni per il suo ritrovamento, riceverà mille sesterzi.
Questo annuncio di un praeco (banditore) assomiglia un poco a quelli diffusi sulle nostre spiagge[7] quando si perde un bambino.
Torniamo di nuovo indietro.
Nel capitolo 9, dopo qualche lacuna, il terzetto si ritrova nell'alloggio, e Gitone si lamenta con Encolpio delle avances erotiche subìte da Ascilto:"tuus -inquit-iste frater seu comes paulo ante in conductum accucurrit coepitque mihi velle pudorem extorquere. cum ego proclamarem, gladium strinxit et:"si Lucretia es" inquit "Tarquinium invenisti", questo tuo fratello, disse, o compagno di viaggio, poco prima di te è arrivato di corsa nella locanda e a cominciato a volermi strappare il pudore. Siccome io protestavo a voce alta, sguainò la spada e disse."se sei Lucrezia, hai trovato Tarquinio".
Qui viene evocato e messo in ridicolo il racconto liviano sulla pudicizia di Lucrezia che fu minacciata dal principe Lucio Tarquinio, il quale, entrato nella stanza della casta matrona con la spada sguainata, fece :"Tace, Lucretia-inquit - Sex. Tarquinius sum; ferrum in manu est; moriere, si emiseris vocem" (Tito Livio, I, 58, 2), taci Lucrezia, sono Sesto Tarquinio: ho la spada in mano, morrai, se avrai fiatato. Quindi fu pregata, di nuovo minacciata, ricattata, e infine violentata. Rimasta sola, la donna chiamò il padre Spurio Lucrezio e il marito Collatino il quale le domandò se andasse tutto bene. Ella allora rispose:"Minime: quid enim salvi est mulieri, amissa pudicitia? (I, 58, 7) "per niente: quale bene infatti c'è per una donna una volta che ha perduto l'onore?
Poi racconta la sua disgrazia che le ha contaminato il corpo, mentre l'animo è rimasto innocente e la morte lo testimonierà:"corpus est tantum violatum, animus insons; mors testis erit ". Agli uomini, se sono tali (si vos viri estis), spetta il compito di punire l'adultero che così le avrà estorto un piacere rovinoso, pestiferum gaudium (I, 58, 8). Quanto a se stessa:"ego me etsi peccato absolvo, supplicio non libero; nec ulla deinde impudica Lucretiae exemplo vivet" (I, 58, 10), anche se mi assolvo dal peccato, non mi sottraggo alla pena; nessuna donna in futuro vivrà impura seguendo l'esempio di Lucrezia.
Quindi si uccise ficcandosi nel cuore un coltello che teneva celato sotto la veste.
Udito il racconto di Gitone, Encolpio reagisce infuriato contro Ascilto tendendo le mani verso gli occhi del rivale e gridando:"quid dicis-inquam-muliebris patientiae scortum, cuius ne spiritus <quidem> purus est?" (9, 6), che cosa dici sgualdrina di passività femminea, che non hai pulito nemmeno l'alito?
Allora Encolpio finge di inorridire e lo aggredisce con una sequela di improperi che possono ricordare le gare di insulti dello Pseudolus [8] (vv. 340-393) o del Persa (vv. 405-428):
" non taces,-inquit-, gladiator obscene, quem de ruina harena dimisit? non taces nocturne percussor, qui ne tum quidem, cum fortiter faceres cum pura muliere pugnasti, cuius eadem ratione in viridario frater fui qua nunc in dversorio puer est? " (9, 8-9), non taci, fece, gladiatore osceno, che il circo ha distrutto e scartato? non taci sicario notturno che neppure allora, quando avevi vigore ti sei scontrato con una donna pulita, tu di cui io sono stato fratello nel cespuglio nello stesso modo in cui ora il ragazzo nella locanda?
Quindi Encolpio rinfaccia ad Ascilto di essere scomparso durante la tirata di Agamennone e il compare replica che le sentenze del retore erano vitrea fracta et somniorum interpretamenta (10, 2) pezzetti di vetro rotto e interpretazioni di sogni quindi non meritevoli di ascolto, neppure per scroccare quella cena cui Encolpio probabilmente puntava.- vitrea fracta: la caduta dei costumi ha un correlativo nello stile della decadenza: le frasi si rendono indipendenti l'una dall'altra.
Comunque tutto si risolse in una risata catartica:"itaque ex turpissima lite in risum diffusi pacatius ad reliqua secessimus" (10, 3), così, dopo lo sconcio alterco distesi in una risata, passammo più tranquillamente al resto. "Ad ogni buon conto la contesa si risolve con una risata, segno forse che in tutto quel disdoro dei loro passati trascorsi sessuali non credevano affatto. La grandezza di Petronio è anche nella sua ambiguità"[9].
Bettini ascrive l'insulto all'universo "rovesciato e trionfante" della commedia di Plauto. Forse il discorso, derivato da Bachtin, può applicarsi mutatis mutandis al nostro Satyricon:"Viene subito alla memoria la filza di ingiurie che Tossilo e il lenone Dordalo si scambiano nel Persa…E' vero, c'è qualcosa di forte, di liberatorio e di fecondante in questo "abbassamento" cui i due contendenti assoggettano le proprie persone in maniera assolutamente gratuita ( dopo un momento parleranno di nuovo da buoni amici). E' un abbassamento ma anche, per paradosso, un innalzamento contestuale; la sporcizia e l'insulto danno vita: rammentano all'uomo la sua corporeità, e la esaltano"[10]. Mi sembra poco plausibile ma lo riferisco per curiosità.
Nel mondo del Satyricon le leggi non contano niente perché il denaro comanda: è una constatazione, in distici elegiaci (14) , di Ascilto che si rifiuta di denunciare un furto subìto per scarsa fiducia nella giustizia. Questi versi mi sembrano molto attuali e collegabili alle perversioni di cui pullula il romanzo; infatti se tutto è sottomesso al denaro, avviene un ribaltamento generale degli istinti e dei sentimenti: Shakespeare nel Timone d'Atene (IV, 3) chiama l'oro "comune bagascia del genere umano"; l'universale mezzana che "profuma e imbalsama come un dì di Aprile quello che un ospedale di ulcerosi respingerebbe con nausea"; C. Marx, commenta il drammaturgo inglese scrivendo che nel denaro rileva:"la divinità visibile, la trasformazione di tutte le caratteristiche umane e naturali nel loro contrario, la confusione universale e l'universale rovesciamento delle cose"[11].
Leggiamo dunque questi tre distici, del tutto plausibili dal punto di vista del realismo e della realtà-
"Quid faciant leges, ubi sola pecunia regnat/ aut ubi paupertas vincere nulla potest?/ipsi qui Cynica traducunt tempora pera,/non numquam nummis vendere vera solent./ ergo iudicium nihil est nisi publica merces,/atque eques in causa qui sedet, empta probat" (14), cosa possono fare le leggi dove solo il denaro comanda o dove la povertà non può mai vincere? Perfino quelli che passano il tempo con la bisaccia cinica
talora hanno l'abitudine di vendere le verità per denaro. Quindi anche la sentenza del giudice non è altro che merce in vendita, e il cavaliere che siede in giudizio approva sentenze comprate.
-ubi sola pecunia regnat: è il lamento che si trova anche nel XVI idillio di Teocrito: l'autore lamenta l'avarizia dei signori che tengono stretto il denaro invece di donarlo, quali committenti, ai poeti perché li celebrino: infatti non più come prima gli uomini desiderano essere lodati per le imprese gloriose, "nenivkhntai d j uJpo; kerdevwn" (v. 15), ma sono dominati dal lucro. Anche i poeti gli danno importanza in quanto pare e per questo devono assecondare i gusti e gli interessi dei committenti.
Più avanti vedremo che anche Tacito non dà alcun credito alle leggi di Roma :"corruptissima re publica plurimae leges " (Annales III, 27) più corrotto è lo stato, più numerose sono le leggi. Anche nell'Urbe di Nerone tutto è rovesciato: lo afferma Tacito dopo avere raccontato l'assassinio di Ottavia ventenne:"Quicumque casus temporum illorum nobis vel aliis auctoribus noscent, praesumptum habeant, quotiens fugas et caedes iussit princeps, toties grates deis actas, quaeque rerum secundarum olim, tum publicae cladis insignia fuisse " (Annales , XIV, 64), chiunque conoscerà le vicende di quei tempi da me o da altri autori, tenga per certo che tutte le volte che l'imperatore ordinò esili e stragi, altrettante volte si resero grazie agli dèi, e quelli che una volta erano segni di prosperità, allora lo furono di calamità pubblica.
Successivamente nella locanda dei giovani entrano un'ancella, Psiche, poi la sua padrona, Quartilla, accompagnata da una bambina, Pannichide. Encolpio e Ascilto vengono accusati di avere disturbato le cerimonie di Priàpo. Ha inizio un rito orgiastico con aspetti sadomasochisti, quindi sopraggiungono un paio di invertiti:" ultimo cinaedus supervenit myrtĕa subornatus gausăpa cinguloque succinctus….modo extortis nos clunibus cecīdit , modo basiis olidissimis inquinavit "( 21, 2), alla fine entrò un cinedo coperto con un panno felpato color mirto, stretto e rialzato con una cintola… ora ci colpì con le natiche sculettanti, ora ci insozzò con baci fetidissimi. Da questo importuno li libera Quartilla ballenaceam tenens virgam alteque succincta, che impugnava una verga di balena e con la veste anche lei sollevata alla cintola.
Allora i due compari fecero il giuramento solenne di non svelare i misteri:"uterque nostrum religiosissimis iuravit verbis inter duos periturum esse tam horribile secretum" (21, 3), entrambi giurammo con le formule più sacre che un segreto tanto terrificante sarebbe morto tra noi due.
Pesaro 9 settembre 2023 ore 20, 06 giovanni ghiselli
p. s
Da oggi al 12 settembre a Pesaro c’è la fiera di San Nicola.
Negli anni Cinquanta, quando eravamo bambini e preadolescenti per noi era una festa. Andavamo con le pistole ad acqua a spruzzare bambine e ragazze. Un gesto simbolico ma forse allora non lo sapevamo.
Ora questa fiera intasa la zona mare e crea difficoltà di transito. Abito a 250 metri dalla spiaggia e adesso che ho concluso questo lavoro, ho voglia di andare al poto in bicicletta, ma troverò impedimenti.
Un pensiero che mi rattista: mentre al festival rossiniano l’arena rimaneva in parte vuota e lo sarebbe stata in gran parte se non ci fossero stati gli stranieri, soprattutto tedeschi, inglesi e orientali, le bancarelle di questa fiera attira moltissima gente di Pesaro e dei dintorni.
Molti adulti, la maggior parte di loro, sono rimasti bambini. Ricordo che nel 1955, a Moena, feci un capriccio perché volevo essere riportato a Pesaro in tempo per godermi la fiera di San Nicola.
Da molti decenni cerco di evitarla. Ora però esco per pedalare e meritarmi la cena. Il pranzo l’ho meritato con dure salite in bicicletta e 40minuti di corsa.
p. s.
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[1] Seneca, Oedipus , vv. 366-367, è mutato l'ordine naturale e nulla si trova al suo posto; ma tutto va alla rovescia.
[2] Seneca, Agamennone, v. 34, la natura è stata girata all'indietro.
[3] Petronio: Crotone o il mondo alla rovescia, "Aufidus" 1, 1987.
[4] F. Fellini, Fare un film, p. 101.
[5] F. Fellini, Intervista sul cinema, p. 137.
[6] F. Fellini, Fare un film, p. 107.
[7] Penso a quella di Pesaro dove abito d'estate, a quella di Romini e di nuovo a Fellini.
[8] Commedia della piena maturità di Plauto, del 191 a. C.
[9]Luca Canali, L'erotico e il grottesco nel Satyricon, p. 9.
[10] M. Bettini, Introduzione a Plauto, Mostellaria, Persa, Mondadori, Milano, 1981, p. 22.
[11] Manoscritti economico-filosofici del 1844, p. 154.
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