Nei conflitti interni molti valori si capovolgono: lo afferma Tucidide a proposito della stavsi" di Corcira la guerra civile che sembrò anche più feroce perché fu la prima.
Ogni guerra povlemo" toglie il benessere delle abitudini giornaliere ed è bivaio" didavskalo" maestra di violenza che assimila alle brutalità in atto le ire dei più.
La violenza arriva a cambiare il valore delle parole:"Kai; th;n eijwqui'an ajxivwsin tw' ojnomavtwn ej" ta; e[rga ajnthvllaxan th'/ dikaiwvsei. Tovlma me;n ga;r ajlovgisto" ajndreiva filevtairo" ejnomivsqh" (III, 82, 4), e cambiarono arbitrariamente l'usuale valore delle parole in rapporto ai fatti. Infatti l'audacia irrazionale fu considerata coraggio devoto ai compagni di partito.
"Un'audacia " ajlovgisto"" prende il nome di coraggio, la prudenza si chiama pigrizia, la moderazione viltà, il legame di setta viene prima di quello di sangue, e il giuramento non viene prestato in nome delle leggi divine, bensì per violare le umane. Sinistro carnevale, mondo a rovescio, in cui è necessario lottare con ogni mezzo per superarsi e in cui nessuna neutralità è ammessa. Così appare, a Corcira, per la prima volta tra gli Elleni, la più feroce di tutte le guerre (Tucidide, III, 82-84)"[1].
Svetonio, narrando gli avvenimenti dell’ anno 69 d. C., racconta che Vitellio questo principe più che cinquantenne, torpido e ghiottone, mentre visitava il campo di battaglia di Bedriaco, a quelli del seguito che si rivoltavano inorriditi davanti ai cadaveri in putrefazione. disse : “ il nemico ammazzato ha buon odore; ma il cittadino ucciso ancora migliore” ( p. 257) “optime olere occisum hostem, et melius civem” (Vitellio, 10)
Bologna 19 marzo 2022 ore 19, 38
giovanni ghiselli
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