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domenica 25 dicembre 2022

La storia di Kaisa. 2. Continua il corteggiamento letterario e pure appassionato

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La ragazza si accendeva, si illuminava tutta, diventando ancora più bella. Io la volevo, l’amavo addirittura. Perché non avrei dovuto? Forse per il fatto che era sposata? Non era un fattore deterrente, tutto il contrario. Con Elena promessa sposa e pure pregnante avevo vissuto l’amore più bello, più grande della mia vita. Perché non replicare? Potevo diventare un violatore astuto delle leggi coniugali delle quali non riconoscevo il valore. Volevo confermarmi in quel ruolo, specializzarmi, diventare un professionista.
Iuppiter esse pium statuit quodcumque iuvaret” ricordai [1]
“Devo rinnovare la conquista-pensai- rinverdire l’alloro perché la fortuna, volubile nell’attribuire i successi, non scivoli via da queste  mani mie.
 La donna adultera mi si addice. Basta non sposarsi mai con nessuna, per nessuna ragione. Del resto il matrimonio è un’istituzione contro natura, di sicuro contro la mia”.
Quindi mi dissi: “Nam si violandum est ius, amandi gratia/violandum est; aliis rebus pietatem  colas " [2]
 
Dopo tali trasognati pensieri ripresi a parlare più convinto che mai: “La tua immagine senza difetti fa risorgere in me sentimenti antichi e buoni. E mentre ti guardo, ti ammiro stupito, mi sento diventato migliore: più bello, più intelligente, più probo. I tuoi occhi adunano tutte le luci più azzurre del cielo. Però non devo pensare che sei legata a un altro, se no divento  infelice: infatti so bene che questo mio amore è disperato, lo so, purtroppo lo so. Tu così bella, fine, dignitosa, tu rendi  felice il tuo uomo, il tuo fortunato marito lo onori, e rispetti il vostro bambino innocente. Ho già detto fin troppo: sono andato oltre il limite di quanto è consentito pregando  una giovane donna sposata. Ma tu mi pari una dea. So di metterti in imbarazzo, lo so pure troppo, lo so . Il corteggiamento non mi è consentito , eppure noi due siamo seduti vicini e parliamo e ci guardiamo con simpatia che oserei chiamare reciproca, se ne avessi l’ardire. Però non posso: sarebbe un’ipotesi non abbastanza riguardosa per te. Io comunque non riesco proprio a dissimulare questo mio amore senza speranza: ti amo, ti amo come non ho mai amato nessuna, mai, nemmeno lontanamente, ho amato una donna come ora amo e desidero te! Temo che il destino voglia infliggermi un amore non contraccambiato per mortificarmi attraverso una consunzione  lunga e crudele. Ma dal momento che presto o tardi dovrò morire di faciànt letì causa sit ista meì [3].”
Glielo citai con dizione metrica che agevola la memoria e suona bene.
Poi continuai: “ O, viceversa, lasciami la speranza che il fato voglia rendere molto più viva e piena di significato questa mia vita, povera di tutto, se priva di te.
Non credo che senza la volontà degli dèi, sine numine divom, noi due saremmo qui questa sera con gli occhi e le anime aperte, reciprocamente mi pare. Da dextram amanti”. Kaisa sfiorò, pudicamente ma non troppo, la mia mano sinistra con la sua destra.
Cònvenit illa mihì, convenit ista tibì ”[4], risposi al suo gesto guardando prima la sua mano, poi la mia.


Bologna 25 dicembre 2022 ore 17
Il sole è scomparso dal mio studio alle 16, 13: 5 minuti di borsa di studio
Anche la studiosa, luminosa Kaisa fu una borsa di studio.
 Non studierei tanto se non venissi compensato così.

p. s.
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Anche voi che mi leggete mi ricompensate con tante borse di studio.
 


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[1] Sono parole che Fedra scrive a Ippolito nella IV delle Heroides di Ovidio (v. 133) 
2 Cfr. Cicerone, De Officiis , III, 82. Il testo latino ha regnandi gratia. Sono parole che Cicerone attribuisce a Giulio Cesare il quale si compiaceva di citare questi due versi che Euripide fa dire al personaggio Eteocle delle Fenicie: :" ei[per ga;r ajdikei'n crhv, turannivdo" pevri-kavlliston ajdikei'n, ta[lla d eujsebei'n crewvn", vv. 524-525, se davvero è necessario commettere ingiustizia, è bellissimo farlo per il potere assoluto, altrimenti bisogna essere pio.  
3 Ovidio, Amores II, 11, 30, gli dèi facciano che sia questa la causa della mia morte.
4 Cfr. Ovidio, Heroides, XV, 185. Quella si addice a me, questa si addice a te 

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