mercoledì 14 dicembre 2022

Il 1969. 9. L’impatto con il preside della scuola media

Il preside mi ricevette nel suo ufficio : una stanza oscurata da un albero enorme che protendeva i rami ancora frondosi davanti all’unica finestra non grande, esposta per giunta a nord. Mi presentai. Avevo camicia, giacca, calzoni, calze, mocassini e un impermeabile di buona marca. I capelli erano corti. Voglio dire che non  avevo assunto un abbigliamento che poteva dare nell’occhio  né alcun atteggiamento povocatorio per un benpensante come immaginavo fosse un preside del Veneto bianco, refrattario alla rivoluzione studentesca dalla quale venivo e avevo fatto parte.
Mi trattò comunque con una diffidenza vicina all’ostilità.
Mi chiese di dargli la nomina. Appoggiò gli occhiali sul naso, la guardò piuttosto a lungo, mi osservò con aria severa e contrariata, poi disse che ero arrivato in ritardo, che lui aveva già chiamato una supplente annuale, una di sicuro affidamento, una brava che a lui andava vene. Mi venne in mente l’ agrimensore del romanzo Il castello di Kafka.

 “Burocrazia ottusa e intrigante”, pensai.
Poi dissi: “ A me no - replicai- a me, con rispetto parlando, non va bene. Ho ricevuto ieri mattina l’incarico dal Povveditorato di Padova e l’ho accettato subito. Nella nomina che lei ha sotto gli occhi sta scritto che ci sono tre giorni di tempo per presentarsi. Dunque sono arrivato qui per iniziare il mio lavoro in anticipo casomai, non in ritardo.
“Ah si?” fece con incredula, come se non avesse voluto provarci a rimandarmi indietro.
“Sì, è proprio così”, ribattei.
Quindi mi rivolse un’occhiata severa e ordinò: “Allora vada subito a spedire un telegramma. Cosa aspetta?” 
“Facciamo finta di niente”, pensai.
Poi gli domandai: “Dove?”
“ Lo chieda al bidello”, rispose seccato.
“Non dov’è la posta voglio sapere, ma dove e a chi devo inviare il telegramma e che cosa ci devo scrivere. Come le ho detto, ho già telegrafato ieri da Pesaro che accetto l’incarico, pur con la riserva che se ne riceverò un altro da Bologna, rinuncerò a questo. Non ci tengo a rimanere qui più del necessario, e meno che mai dopo avere visto di essere poco gradito da lei, preside!”
“Cossa vu to”, fece. Era un idiotismo che usava per chiudere le discussioni, Credo che significhi: “ ma lascia perdere!”
“Dunque a chi devo telegrafare e che cos’altro scrivere?”
“Telegrafi di nuovo al provveditorato di Padova. Scriva che è appena arrivato qui. Ieri pomeriggio ho comunicato che lei non si era presentato: la verità. E che avevo dovuto nominare una supplente. Una non ancora laureata ma con una lunga pratica di insegnamento. Lei ha mai insegnato?”
“Ho fatto solo una un paio di supplenza questa primavera”
“Val più la pratica che la grammatica. Poi che lei sappia la grammatica non è detto, tanto meno che sappia insegnarla. Vedremo. Verrò a controllare. Dunque vada subito a telegrafare, che cosa aspetta? La spesa non gliela posso rimborsare ma saranno pochi sghei, cinquecento lire al massimo. Più tardi telefonerò: se l’avranno accettata, le affiderò due classi: una terza e una prima. Diciannove ore che nessuno ha voluto tra quelli nominati dal Provveditore”.
Ho capito, vado-risposi- ma sono io che accetto la nomina a tempo indeterminato dovuta al mio punteggio, non il provveditorato che accetta me. Tanto meno lei”
“Cossa vu to!”.
Uscìi dalla presidenza pensando che una volta inserito nel nuovo contesto non avrei più obbedito a un dirigente del genere siccome non era più educato né più colto di me. Nemmeno più buono.
 

Bologna 14 dicembre 2022 ore 19, 34
giovanni ghiselli  
 
p. s.
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