giovedì 29 dicembre 2022

La storia di Päivi. 3. Decadenza e morte dell’ethos politico dei primi anni Settanta

Ma torniamo alla sera della conoscenza di Päivi.
La vidi nell’ombroso cortile dell’Università il giorno del ricevimento del rettore, giovedì 25 luglio, verso le quattro del pomeriggio.
Nell’estate del ’74 Fulvio, il fratello spirituale e compagno di contubernium delle estati passate, non c’era poiché stava vivendo la sua esperienza di marito e di padre a Parma da dove non poteva più muoversi; Claudio non c’era siccome in maggio l’avevano messo in galera, a San Vittore, incolpato di infamie su infamie; Luigino non c’era poiché aveva seguito su un traghetto, diretto chissà dove, un mozzo turco - cipriota, l’uomo e l’amore della sua vita.
Invece erano tornati là, nella puszta con me, oramai per la decima volta, Danilo, Ezio, Alfredo, Fausto, Silvano, e Bruno già sacro alla morte vicina [1]
Ora siamo nel dicembre del 2022 e nel frattempo sono morti anche Sandro, Alfredo, Silvano e Fulvio il più caro di tutti. Rimangono Ezio e Danilo non senza il vostro narratore.
Quel pomeriggio di luglio, noi Italiani superstiti della Debrecen ’66, prossimi alla soglia dei trenta, cantavamo canzoni comuniste e partigiane come i reduci di una guerra perduta: la nostra rivoluzione giovanile era invecchiata, senza lasciare ai ventenni l’eredità di un ethos politico. Noi stessi eravamo variamente appassiti, quanto meno segnati da rughe evidenti nel volto e sul collo, mentre le mani erano percorse da grosse vene bluastre in rilievo. Alcuni avevano perduto i capelli, altri erano incanutiti, altri ingrassati; insomma noi eravamo ormai gli “ospiti antichi” dell’Università estiva di Debrecen, così ci salutò il rettore che ci aveva conosciuti ragazzi e battezzati quali matricole otto anni prima, così ci chiamavano anche i nuovi ventenni, poiché è proprio vero che noi mortali siamo come le foglie [2].

Il nostro gruppo di nati alla fine della seconda guerra mondiale, presentava personaggi ancora giovani, eppure avvizziti, piegati e ripiegati su se stessi, anche se non degradati proprio del tutto come sosteneva a gran voce il povero Bruno, del resto non senza qualche ragione. Si erano comunque già appesantiti gli arti di tutti noi, e nel frattempo il sogno di realizzare presto su questa terra la giustizia, l’eguaglianza, il comunismo, o cristianesimo vero , perdeva forza, forma e colore nei nostri cervelli. La borghesia affaristica e il suo dio, il denaro, la mercificazione universale che riduce tutto al lucro, compresi gli affetti, stava prendendo di nuovo il sopravvento. Da cinque anni oramai le stragi facevano i loro massacri di vite umane e di simpatia, di fiducia tra gli umani.
Non riconoscevamo nei nuovi giovani i nostri eredi spirituali. 


Bologna 29 dicembre 2022 ore 16, 49 giovanni ghiselli
 
p. s
Ieri sera ho visto per la seconda volta il film Scompartimento n. 6
Ci sono tornato perché l’attrice, Seidi Haarla, mi ha fatto tornare in mente Päivi . Ebbene ho ritrovato, oltre il volto e lo stile della mia terza finlandese, l’atmosfera umana dei primi anni Settanta in Europa. Allora erano diffusa tra noi giovani la bene-volenza, la solidarietà, l’amicizia, l’amore.
I farabutti erano le eccezioni ed erano ributtanti. Adesso sono loro la maggioranza e sono quelli considerati normali, siccome usuali.
In questo film del regista finlandese Juho Kuosmanen c’è un solo profittatore ingrato e ladro, tutti gli altri sono buoni, generosi, ospitali, leali:  pronti ad aiutarsi a vicenda per simpatia umana, senza calcolo di lucro.
 
Tale era la vita nell’Italia e  nell’Europa dei miei ricordi negli anni compresi tra il 1968 e il 1972
 

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1 Cfr. Virgilio, Eneide I, 712
2 Cfr. Iliade VI, 146 

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