"Non cesserò mai di unire/le Grazie alle Muse,/dolcissimo
connubio./Che io non viva senza la Poesia/ma sia sempre tra le corone./Ancora
da vecchio l'aedo/ fa risuonare la Memoria"(Euripide, Eracle, vv. 673-679)
Nell’estate del 1973 dovetti darmi parecchio da fare
per favorire il trasferimento a Bologna. L’abilitazione a tutte le scuole
superiori non bastava. Si doveva andare in Provveditorato a conoscere, a farsi
conoscere, a perorare. Avevo un’amica nella città dove volevo tornare a vivere:
una donna che mi ospitava in casa sua. Impiegai
il tempo delle vacanze estive adoperandomi pro
reditu meo dall’esilio.
Volevo proprio tornare nella città che consideravo la
più significativa e oblativa tra le altre della mia vita. Sapevo che poteva
offrirmi in termini di rapporti umani,
di cultura, con il cinema in particolare, di vita politica, di salite a ridosso
della città da scalare in bicicletta, ben più di Padova dove pure vivevo nella
piazza centrale, e più di Pesaro ove
avevo ancora la casa in zona mare, la mamma, la nonna e le zie.
Nel luglio del 1974,
ottenuto il trasferimento a Bologna e concluso l’ultimo anno di insegnamento
nella scuola media Ugo Foscolo di Carmignano di Brenta, tornai a Debrecen dove
la sera dell’Ismerkedési este[1] ebbi un’esperienza erotica che mi
parve poco importante con Cornelia, una ragazza che cinque anni più tardi,
nell’anno secondo di Ifigenia, mi avrebbe detto frasi [2], piene di educazione attiva, tanto da
lasciarmi un segno più forte, profondo e positivo dell’insulsa, precipitosa
avventura di quell’estate già allora lontana.
Le parole belle danno
luce al pensiero e alla vita.
Nel 1976 mi avrebbe pure
ospitato a Berlino est in un appartamento a due passi dal Museo di Pergamo.
Sarebbero stati giorni
meravigliosi in una città mirabile.
Ma nell’estate del ‘74, due giorni dopo avere conosciuto Cornelia, allora
studentessa di filosofia, pur carina e intelligente, conobbi una donna che mi
piaceva di più: mi apparve subito di aspetto attraente, poi la considerai
persona di grande formato mentale e con lei, per tutto il mese seguente, vissi
un amore grande, tra i più significativi, e denso di conseguenze nella mia vita
mortale, una relazione breve molto gioiosa prima, poi dolorosa assai, comunque
funzionale al reperimento della mia identità di studioso ancora non definita
bene.
Era già tempo: il 14 novembre seguente avrei compiuto trenta anni.
Dovevo evitare che a
questo decennio decisivo succedesse “l’età cupa dei vinti” [3]
Era finnica pure lei: la terza della serie iperborea. Era la persona di cui
avevo bisogno per iniziare un lungo periodo di studio serio e di pensieri miei.
Chiacchiere ne avevo fatte abbastanza, fin troppe anzi, non senza bevute e mangiate,
sebbene smaltite con corse a piedi e scalate di montagne in bicicletta.
Arrivato all’età virile,
sentivo l’esigenza di iniziare un’altra vita, più impegnativa, più mia.
L’estrema delle mie finniche, l’ultima tra queste donne arrivate dall’ultima
Tule[4], da psicologa brava qual era, mi rese
manifesto questo sentire latente. Se sono diventato una persona desiderosa e
capace di apprendere, se ora sono in grado di insegnare qualcosa a chi mi
ascolta e a voi che mi leggete, lo devo in buona parte a quella donna. Oltre ai
genitori che mi hanno dato la vita beninteso, a me stesso che ho saputo valorizzarla, e agli
studenti che mi hanno ascoltato con attenzione.
L’estate del ’74 fu l’estrema e definitiva in cui amai una finnica a Debrecen,
dopo averla vista e riconosciuta come simile a me, o creduta tale, nel grande
cortile d’onore dell’Università. Con questa storia concludo dunque la trilogia
finlandese.
Come la vidi, mi parve
che in ogni tratto del viso e del corpo e dei lunghi capalli rossi risplendesse
un’anima nobile.
Le vicende però
andarono maniera capovolta rispetto alla terza tragedia dell’Orestea di
Eschilo: nel finale ci sarà una metamorfosi negativa e l’Eumenide prima
benefica e buona, diventerà poi un’Erinni ostile, feroce.
Bologna 29 dicembre 2022 ore 9, 32
Abbiamo già ricevuto 8 minuti di luce in più: una
discreta borsa di studio. Dio c’è , è buono, e sta respingendo le tenebre di
Satana immondo. Gli ottenebrati mentali tremano: odiano la luce perché le loro
opere sono malvagie. Cominciai a capire che la relazione cominciata benissimo
con questa terza finnica non andava più tanto bene quando mi accorsi che non le
piacevano il sole e il caldo suscitatori della vita.
Colei non amava abbastanza la vita come vedrete.
Già docente di latino e greco nei Licei Rambaldi di Imola, Minghetti e Galvani di Bologna, docente a contratto nelle università di Bologna, Bolzano-Bressanone e Urbino. Collaboratore di vari quotidiani tra cui "la Repubblica" e "il Fatto quotidiano", autore di traduzioni e commenti di classici (Edipo re, Antigone di Sofocle; Medea, Baccanti di Euripide; Omero, Storiografi greci, Satyricon) per diversi editori (Loffredo, Cappelli, Canova)
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