Un argumentum trattato da diversi autori in modi diversi
Nel De inventione[1] il giovane Cicerone aveva definito i loci communes: "argumenta quae transferri in multas causas possunt" (2, 48), argomenti che si possono utilizzare per molte cause. Sono strumenti del parlare e dello scrivere.
.
“Solo nei misteri dionisiaci, nella psicologia dello stato dionisiaco si esprime il fatto fondamentale dell’istinto ellenico –la sua “volontà di vita”.
Che cosa si garantiva l’uomo ellenico con questi misteri? La vita eterna, l’eterno ritorno della vita; il futuro, promesso e consacrato nel passato; il sì trionfale alla vita, oltre la morte e il mutamento”[2]
Wille zum leben, la volontà di vivere spingeva i Greci ai misteri dionisiaci dunque
L’eterno ritorno ci porta nell'ambito dell' ajnakuvklwsi" di Polibio (VI, 9, 10), dell'orbis di Tacito [3] , del "cerchio" di Machiavelli[4]. Leopardi lo chiama "circuito" mutuandolo dal circuitus di Cicerone[5].
L’Arpinate afferma che si passa da un potere a un altro: quello degli ottimati, quello fazioso dei tiranni, o il regio o molto spesso quello popolare mirique sunt orbes et quasi circuitus in rebus publicis commutationum et vicissitudinum, impressionanti sono i ritorni e quasi i cicli dei mutamenti e delle vicissitudini negli ordinamenti politici e conoscerli è proprio del filosofo, mentre prevederli se incombono quando si è al governo-prospicere inpendentis in gubernanda re publica- e controllarli è pregio di un grande cittadino e uomo quasi divino (I, 45).
La conclusione è questa: “Itaque quartum quoddam genus rei publicae maximum probandum esse sentio, quod est ex his, quae prima dixi , moderatum et permixtum tribus- (I, 45), pertanto sono dell’opinione che è dopra tutti da approvare un quarto tipo di ordinamento statale quello moderato e misto di questi tre cui ho detto prima. E’ la costituzione mista di Polibio
E’ la mikth; politeiva di Polibio: essa riunisce in sè le caratteristiche delle tre forme sane di governo: quello monarchico rappresentato dai consoli, quello aristocratico dal senato, quello democratico dai comitia e dai tribuni della plebe.
"L'idea tacitiana del "ciclo" economico dal 30 a. C. al 68 d. C. è, in fondo, un nuovo dono del pensiero filosofico alla storiografia antica: all'"anaciclosi" polibiana, che si applica alle forme costituzionali, si aggiunge così un similare concetto di orbis , applicato all'economia. Questo concetto del luxus senatorio stroncato...dall'avvento, nel 69 d. C. , di una borghesia "pecuniosa" ma parca, basterebbe a fornire taluni elementi essenziali per una storia sociale del periodo dal 69 d. C.-l'anno di Galba, Otone, Vitellio-fino a tutta l'età flavia: del periodo, insomma, che Tacito aveva trattato nelle Historiae "[6].
Tutto muore, tutto torna a fiorire
eternamente corre l’anno dell’essere
:" Evenerat autem isdem diebus annuo cursu completo, Adonea rito veteri celebrari , amato Veneris, ut fabulae fingunt, apri dente ferali deleto, quod in adulto flore sectarum est indicium frugum "(XXII, 9, 15). Avveniva poi in quei medesimi giorni che, compiuto il corso dell'anno (il 361 d. C.), si celebravano secondo l'antico rito le feste per Adone, amato da Venere e ucciso dal dente di un cinghiale selvaggio, il che è simbolo delle messi recise quando sono mature.
ell'Iliade (VI, vv. 145-149) Glauco dice a Diomede:
"Tidide magnanimo, perché mi domandi la stirpe?
oi[h per fuvllwn genehv, toivh de; kai; ajndrw'n",
quale è la stirpe delle foglie, tale è anche quella degli uomini.
Le foglie alcune ne sparge il vento a terra, altre la selva
fiorente genera quando arriva il tempo di primavera;
così le stirpi degli uomini: una nasce, un'altra finisce" .
Nietzsche riconosce il proprio debito a Eraclito e alla Stoà: “La dottrina dell’”eterno ritorno”, cioè della circolazione incondizionata e infinitamente ripetuta di tutte le cose-questa dottrina di Zarathustra potrebbe essere già stata insegnata da Eraclito. Per lo meno se ne trovano tracce nella Stoa, che ha ereditato quasi tutte le concezioni fondamentali di Eraclito”[12].
Nietzsche crede in un ritorno della cultura dionisiaca e nel ritorno dello spirito greco.
Per Nietzsche “L’eterna ripetizione di ciò che accade è insieme un compito da realizzare e un fatto ineluttabile”[13].
“Eterno ritorno significa anche tornare a rivolgersi alle cose eterne…I filosofi greci chiamavano questa conversione verso l’origine epistrophé, “rivolgimento”, torsione, curva improvvisa”[14].
La concezione lineare del tempo significa che ogni momento divora il precedente come un padre ed è divorato dal successivo come da un figlio, secondo un processo che Vattimo ha denominato “struttura edipica del tempo”.
Credere nell’eterno ritorno significa credere nel divenire innocente e dionisiaco delle cose.
Pasolini trova che sia soprattutto la ciclicità a distinguere la religione dionisiaca da quella cristiana:" Nell'universo contadino Cristo è stato assimilato a uno dei mille adoni o delle mille proserpine esistenti: i quali ignoravano il tempo reale, cioè la storia. Il tempo degli dèi agricoli antecedenti Cristo era un tempo "sacro" o "liturgico" di cui valeva la ciclicità, l'eterno ritorno. Il tempo della loro nascita, della loro azione, della loro morte, della loro discesa agli inferi e della loro resurrezione, era un tempo paradigmatico, a cui periodicamente il tempo della vita, riattualizzandolo, si modellava. Al contrario, Cristo ha accettato il tempo "unilineare", cioè quella che noi chiamiamo storia. Egli ha rotto la struttura circolare delle vecchie religioni: e ha parlato di un "fine", non di un "ritorno"[15].
Agostino “mette in guardia i cristiani contro la concezione circolare dei Greci: per lui la recta via era insieme un’immagine del tempo e un’immagine della salvezza: ‘nostram simplicem pietatem, ut cum illis in circuitu ambulemus, de recta via conantur avertere’ ”[16]. E’ nel De civitate Dei (XII, 18, 2) che il vescovo di Ippona condanna gli empi (impii) che cercano di traviare la nostra fede semplice per farci errare con loro nel circolo.
Bologna 25 dicembre 2022 ore 19, 20
giovanni ghiselli
p. s.
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[1] Trattato in due libri, dell'84 a. C.
[2] Nietzsche, Crepuscolo degli idoli (1888), Quel che debbo agli antichi, 4
[3]Annales , III, 55. :"Nisi forte rebus cunctis inest quidam velut orbis, ut quem ad modum temporum vices ita morum vertantur "(Annales , III, 55), forse in tutte le cose c'è una specie di ciclo, in modo che, come le stagioni, così si volgano le vicende alterne dei costumi.
[4]Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio , I, 2.
[5] De republica (del 51 a. C.) , I, 45.
[6]S. Mazzarino, Il Pensiero Storico Classico , II, 2, p. 82.
[7] Introduzione a Nietzsche, p.401.
[8] Giametta, Introduzione a Nietzsche, p. 385. e p.387.
[9] Giametta, Introduzione a Nietzsche, p. 390-
[10] Giametta, ibi, p. 393.
[11] S. Giametta, Introduzione a Nietzsche, p. 362.
[12] Ecce homo, La nascita della tragedia, 3.
[13] Gianni Vattimo, Dialogo con Nietzsche, saggi 1961-2000, p. 13.
[14] J. Hillman, La forza del carattere, p. 189.
[15] Scritti corsari , p.108.
[16] A. Momigliano, La storiografia greca, p. 72
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