L'aspetto degli uomini e delle donne.
Il
valore e la forza, anche fuorviante, della bellezza fisica. La potenza
politica, e seduttiva, della parola. La giustificazione estetica dell'esistenza
umana.
L'aspetto degli uomini e delle donne. Il
valore e la forza della bellezza esteriore. La potenza politica e seduttiva
della parola.
In effetti noi uomini ci inchiniamo davanti
al numen della bellezza femminile e mentre la brutta che tradisce (cosa
paradossalmente più probabile) è un'asina, una scrofa o o una cagna scostumata,
degna per lo meno di lapidazione, sull'adultera bella nessuno scaglia la prima
pietra poiché tutti vorrebbero fornicare con lei.
Isocrate prende spunto dal magnifico aspetto di Elena per
elogiare la bellezza come "semnovtaton kai; timiwvtaton kai; qeiovtaton tw'n o[ntwn" (Elena, 54), la più nobile, la più
preziosa e la più divina tra le cose esistenti.
Essa
si incarna nelle persone belle verso le quali, appena le vediamo, siamo
benevoli, e non ci stanchiamo di venerarle, come se fossero dèi, anzi
preferiamo asservirci a loro che
comandare gli altri (Elena , 56-57).
Zeus stesso, signore del tutto, non sdegna di farsi umile pur di accostarsi
alla bellezza ("pro;"
to; kavllo" tapeino;" genovmeno"", 59). Infatti prese diversi aspetti per unirsi a donne mortali.
Leopardi nello Zibaldone nota un altro
effetto della bellezza.
L'osservazione
parte da alcuni versi della Canzone XIV di Petrarca Chiare fresche e dolci
acque "Quante volte diss'io/allor pien di spavento:/Costei per fermo
nacque in paradiso!"
Seguono, in greco, i vv. 5-6 dell'ode di Saffo (fr.
2D) tradotta da Catullo (51), quelli nei quali la poetessa dichiara lo
sconvolgimento del suo cuore alla vista dell'amata che amabilmente sorride.
Poi viene il commento:" E' proprio dell'impressione che fa la bellezza...su quelli
d'altro sesso che la veggono o l'ascoltano o l'avvicinano, lo spaventare, e questo si è quasi il
principale e il più sensibile effetto ch'ella produce a prima giunta, o quello
che più si distingue e si nota e risalta. E lo spavento viene da questo, che
allo spettatore o spettatrice, in quel momento, pare impossibile di star mai
più senza quel tale oggetto, e nel tempo stesso gli pare impossibile di
possederlo com'ei vorrebbe"(pp. 3443-3444).
Parole
che dderivano dall’inesperienza. Una relazione che finisce è un rapporto
diventato noioso per uno dei due e odioso per l’altro: è bene che finisca.
Vediamo
alcune parole del romanzo L'idiota di
Dostoevskij sulla bellezza femminile,
quella di Aglaja Ivanovna :" Voi
siete bella, Aglaja. Siete tanto bella che si ha paura a guardarvi (…)E'
difficile giudicare la bellezza..La bellezza è un enigma (...). Sono parole del
principe Myškin
“Una
bellezza simile è una forza” rispose Adelaida con ardore. “Con una simile
bellezza si può rovesciare il mondo".
Sentiamo
Tolstoj sulla potenza, spesso fuorviante, della bellezza. Chi parla è
Pòzdnyshev il protagonista di La sonata a Kreutzer (1889) il quale
racconta come è arrivato a uccidere per gelosia la moglie, una donna bella ma
non adatta a lui:" E' cosa davvero sorprendente con quanta facilità siamo
indotti a illuderci che bellezza e bontà siano insieme congiunte. Quando una
bella donna dice delle sciocchezze, stai a sentirla volentieri, e per quante
papere ella dica, ti sembra intelligente. Se si comporta e parla come una
villana, ti appare avvenente e gentile. Quando poi ella non dice né sciocchezze
né cose disdicevoli, ed è anche graziosa, allora credi sul serio ch'ella sia un
miracolo d'intelligenza e moralità".
E più avanti:"l'amore più eletto e più
poetico, come noi diciamo, non dipende per nulla dalle doti dello spirito, ma
dalla fisica attrazione, da una pettinatura invece di un'altra, dal colore, dal
taglio d'un abito…soltanto il corpo noi desideriamo, siamo pronti a perdonare
ogni bruttura,
ma non già la scelta d'un abito senza garbo né grazia, ma non già un tono di
colore che strida. La civetta ha di tutto ciò perfetta conoscenza, ma anche
l'innocente fanciulla lo sa per istinto, come gli animali. Ed ecco il motivo di
quei maledetti jersey, di quegli abiti attillati, scollacciati, di quelle
braccia nude, di quei seni mostrati. Le donne, specie quelle donne che hanno
già esperienza di uomini, sanno bene che conversare su alti argomenti approda a
ben poco, all'uomo non preme altro che il corpo, quanto può farlo risaltare,
sia pure con mezzi artificiosi, e a ciò si adoperano le donne." (p. 325).
La
donna attraente ha per dote una potenza che non la abbandona del tutto nemmeno
nelle situazioni più miserevoli, almeno finchè le rimane la
bellezza:"Anche la Màslova si era formata questa opinione nella sua vita e
sul suo posto nel mondo. Era una prostituta, condannata alla galera, e ciò
nonostante si era creata una concezione della vita per cui poteva approvare se
stessa e perfino vantarsi della sua
condizione davanti alla gente. Ecco in che consisteva questa concezione:
l'interesse principale di tutti gli uomini, di tutti senza eccezione, -vecchi,
giovani, ginnasiali, generali, colti, ignoranti,-sta nei rapporti sessuali con
le donne attraenti, e perciò tutti gli uomini, pur fingendo di occuparsi di
altre cose, in fondo desiderano questa sola. Essa, che era una donna attraente,
poteva soddisfare o non soddisfare codesto loro desiderio, ed era quindi una
persona importante e necessaria. Tutta la sua vita precedente e attuale le
confermava la giustezza di tale opinione".
Tra
i due grandi romanzieri russi, Dostoevskij è stato il visionario dell'anima e
Tolstoj piuttosto il veggente del corpo; più precisamente "di quel lato
della carne che è rivolto verso lo spirito e di quel lato dello spirito che è
rivolto verso la carne: regione misteriosa ove si compie, nell'uomo, la lotta
fra la Bestia e Dio".
La
bellezza viene definita dal Lord Henry a Dorian Gray che ne è portatore:" Essa
è una specie di genio-in verità più grande del genio, perché non ha bisogno di
spiegazione. E' una delle cose grandi del mondo, come la luce solare, o la
primavera, o il riflesso nell'acqua cupa di quella conchiglia d'argento che
chiamiamo luna. Non è una cosa che si possa discutere. Ha un divino diritto
alla regalità. Quelli che la possiedono sono principi".
A
favore del genio si può dire del resto che è meno effimero della bellezza la
cui caducità infatti è deplorata dallo
stesso esteta di O. Wilde:" Sì,
gli dèi furono benigni con voi, Gray. Ma gli dèi, dopo breve tempo rivogliono i
loro doni. Avete soltanto pochi anni per vivere veramente. Quando la vostra
gioventù se ne sarà andata, avrete perduto anche la vostra bellezza, e vi
renderete conto d'un tratto che non ci sono più vittorie per voi...Perché la
vostra gioventù durerà un tempo così breve-così breve! Gli umili fiori di prato
avvizziscono, ma rifioriranno ancora. Quest'altro giugno l'acacia sarà d'oro,
come è ora...Ma noi non torniamo mai alla nostra giovinezza. L'onda di gioia
che pulsa in noi a vent'anni, si fa tarda. Le membra non ci ubbidiscono più, i
sensi si consumano. Diventiamo ripugnanti fantocci, perseguitati dal ricordo
delle passioni di cui abbiamo avuto timore e delle squisite tentazioni alle
quali non avemmo il coraggio di cedere. Gioventù! Gioventù! Non c'è nulla al
mondo che valga la giovinezza!"(p. 32).
O.
Wilde, come Nietzsche, giustifica la vita solo come fenomeno
estetico.
"E'
cosa abbastanza strana, per quanto ben comprensibile, che la prima forma in cui
lo spirito europeo si è ribellato all'età borghese sia stato l'estetismo. Non a
caso ho nominato insieme Nietzsche e Wilde come ribelli, e propriamente ribelli
in nome della bellezza".
A
proposito del rapporto tra bellezza e genio, Leopardi dà la precedenza alla prima nell'Ultimo canto di Saffo dove
afferma che il potere è dei belli:"Alle sembianze il Padre,/alle amene
sembianze eterno regno/diè nelle genti; e per virili imprese,/per dotta lira o
canto,/virtù non luce in disadorno ammanto," (vv. 50-54), mentre Tolstoj in Guerra e pace (1863-1869) sembra sganciare il fascino
dall'intelligenza, almeno in una ragazza giovane: a Maria Bolkonski che ha
domandato se Natascia sia intelligente, Pierre risponde:"Penso di no...non
credo che si degni di essere intelligente...E' affascinante, nient'altro"
(p. 825).
Anche Pavese nega la forza erotica
dell'ingegno:" Non c'è idea più sciocca che credere di conquistare una
donna offrendole lo spettacolo del proprio ingegno. L'ingegno non corrisponde
in questo alla bellezza, per la semplice ragione che non provoca eccitamento
sensuale; la bellezza sì". Probabilmente Pavese non aveva abbastanza ingegno,
non per capire le donne..
Comunque
queste affermazioni ci portano a riflettere
su quella che si potrebbe definire la
giustificazione estetica dell'esistenza umana.
Solo la bellezza autorizza la vita. Questo
afferma l'Aiace di Sofocle prima di suicidarsi: :"ajll j hj] kalw'" zh'n h]
kalw'" teqnhkevnai-- to;n eujgenh' crhv" ma il
nobile deve o vivere con stile, o con stile morire. (vv.479-480). Quando si
vive fuori dalla bellezza insomma la morte è una liberazione.
Lo ricorda anche la
principessa troiana Polissena alla madre Ecuba
, nella tragedia di Euripide: per
chi non è abituato a mali oltraggiosi è meglio morire:"to; ga;r zh'n mh; kalw'"
mevga" povno""
( v. 378), infatti
vivere senza bellezza è una grande fatica.
Questo culto della bellezza in generale, e umana-
femminile in particolare, quale antidoto al dolore della vita viene ribadito da
Foscolo nell'Ode All'amica risanata, splendidissima donna nella quale, dopo la malattia "beltà rivive,/ l'aurea beltate
ond'ebbero/ristoro unico a' mali/le nate a vaneggiar menti mortali" (vv.
9-12).
Di solito gli autori maschi non
omosessuali invero sono meno elogiativi
o perfino poco indulgenti verso un bell'aspetto
maschile che può diventare addirittura un disvalore.
Archiloco ha fama di avere inventato il tovpo" del miles
gloriosus con il frammento 60 D.
:"non amo lo stratego grande né dall'incedere tronfio/né compiaciuto dei
riccioli, né ben rasato;/ma per me sia pur piccolo, e storto di gambe/a
vedersi, però che proceda con sicurezza sui piedi, e sia pieno di cuore/".
Qui la sostanza viene preposta all'apparenza:
il poeta sgonfia il falso eroe facendone una caricatura che anticipa quella
plautina.
Invero
il guerriero non appariscente ma ardimentoso fa capolino già nel quinto canto dell'Iliade quando Atena ricorda
a Diomede il valore del padre Tideo che era piccolo di corpo ma pugnace (
"Tudeuv"
toi mikro;" me;n e[hn devma", ajlla; machthv"", 801), e pure forte di animo ( auta;r oJ qumo;n e[cwn o}n
karterovn", 806).
Nel terzo canto Priamo
chiede a Elena di identificare i capi dei guerrieri Achei visibili dalla torre
presso le porte Scee; uno gli parve
"meivwn me;n
kefalh'/ jAgamevmnono" jAtreïdao,/ eujruvtero"
d j w[moisin ijde; stevrnoisin ijdevsqai" (vv. 193-194), più piccolo della testa di Agamennone
Atride, ma più largo di spalle e di petto a vedersi. La maliarda rispose che
quello era Odisseo esperto di ogni sorta di inganni e di accorti pensieri (v.
202).
Quindi Antenore aggiunge che egli l'aveva visto una volta a
Troia, in ambasciata con Menelao, e quando i due erano seduti, era più maestoso
Odisseo, ma quando stavano in piedi, Menelao lo sovrastava delle larghe
spalle ("stavntwn me;n Menevlao"
uJpeivrecen eujreva" w{mou"", v. 210). Ulisse, in piedi sulle gambe corte, se
stava zitto, sembrava un uomo ignorante o addirittura uno furente e pazzo, ma,
quando parlava, dal petto mandava fuori parole
simili a fiocchi di neve d'inverno (Iliade, III, v. 222), ossia
manifestava la potenza della natura, e allora non si provava più meraviglia per
l'aspetto.
Plinio il Giovane dà una spiegazione di questo stile
oratorio affermando di preferire fra tutte
"illam orationem similem
nivibus hibernis, id est, crebram et assiduam, sed et largam, postremo divinam
et caelestem " (I, 20), quell'eloquenza simile alle nevi invernali,
cioè densa e serrata, ma anche copiosa, dopo tutto divina e scesa dal cielo.
Alcinoo il padre di Nausicaa elogia Odisseo dicendogli che,
al pari di un aedo, ossia di Demodoco-Omero, costruisce il discorso con arte e
possiede bellezza di parole, morfh; ejpevwn e saggi pensieri, frevne" ejsqlaiv
(Odissea, XI, 367).
Ulisse
dunque non è bello ma è l'eroe e l'esteta della parola.
Sotto questo aspetto egli prefigura il capo della povli" democratica nella quale la forza
verbale sarà decisiva per il successo dell'uomo politico. "Il sistema
della polis implica prima di tutto una straordinaria
preminenza della parola su tutti gli altri strumenti del potere. Essa diventa
lo strumento politico per eccellenza, la chiave di ogni autorità nello Stato,
il mezzo di comando e di dominio su altri. Questa potenza del linguaggio-di cui
i Greci fecero una divinità: Peitho ,
la forza di persuasione-ricorda l'efficacia delle parole e delle formule in
certi rituali religiosi, o il valore attribuito ai "detti" del re
quando egli pronuncia sovranamente la themis
; in realtà, tuttavia, si tratta di una cosa affatto diversa. Il linguaggio
non è più la parola rituale, la formula giusta, ma il dibattito
contraddittorio, la discussione, l'argomentazione. Presuppone un pubblico al
quale esso si rivolge come a un giudice che decide in ultima istanza, per
alzata di mano, tra i due partiti che gli sono presentati: è questa la scelta
puramente umana che misura la forza di persuasione rispettiva dei due discorsi,
assicurando la vittoria di uno degli oratori sul suo avversario...Tra la
politica e il logos c'è così un rapporto stretto, un legame
reciproco. L'arte politica consiste
essenzialmente nel maneggiare il linguaggio". Così J. P. Vernant.
Aggiungerei del resto che anche l'arte erotica e diverse
altre consistono in buona parte nel maneggiare il linguaggio .
Una qualità che Ovidio considera basilare
per la seduzione :"non formosus
erat, sed erat facundus Ulixes,/et tamen aequoreas torsit amore deas ",
bello non era ma era bravo a parlare Ulisse, e in ogni caso fece contorcere
d'amore le dee dell'acqua (Ars amatoria
, II, 123-124). Si potrebbero commentare queste parole di apprezzamento
dell'intelligenza di Odisseo che, come abbiamo visto, non era prestante, con
una sentenza del discorso parenetico di Isocrate (o di un suo allievo) A
Demonico :" mevgiston
ga;r ejn ejlacivstw/ / nou'" ajgaqo;" ejn ajnqrwvpou swvmati" (40), una cosa grandissima in una piccolissima
è infatti una mente valida in un corpo di uomo.
Il
terzo canto dell'Iliade
propone il contrasto tra apparenza e sostanza anche quando Ettore
rinfaccia a Paride (v. 39) di essere un donnaiolo (gunaimanev") e seduttore (hjperopeutav) di
aspetto splendido (ei'jdo"
a[riste) ma senza valore né forza nel
cuore (45), capace di portare via donne di uomini bellicosi ma non di
affrontarli. Allora Paride gli risponde di non biasimarlo e non rinfacciargli i
doni amabili dell'aurea Afrodite (mhv moi dw'r j ejrata; provfere crusevh" jAfrodivth"", 64): nemmeno lui, Ettore, disprezza i
magnifici doni degli dèi (qew'n ejrikudeva dw'ra, 65)
che del resto nessuno può scegliersi.
Il
donnaiolo effemminato.
C'è da notare
che il donnaiolo dipende da Afrodite, una divinità femminile, ed è anche
effemminato, così è dichiaratamente Egisto, l'amante di Clitennestra: nello stesso tempo effemminato e
donnaiolo:
Nell'esodo dell'Agamennone di Eschilo, che
drammatizza il ritorno e l'uccisione del re, il coro di vecchi argivi apostrofa Egisto chiamandolo donna (guvnai, v. 1625) e aggiungendo: tu che
stavi in casa disonorando il letto dell'eroe, hai progettato questa morte
contro l'eroe condottiero? Alla fine del dramma, le ultime parole del coro
ribadiscono il vituperio verso l'assassino del re:"kovmpason qarsw'n, ajlevktwr-w{ste
qhleiva" pevla"",
(vv. 1672-1673), vantati arditamente, come un gallo presso la femmina.
"Nella
coppia Egisto-Clitennestra, è Clitennestra l'uomo, è Egisto la donna. Tutti i poeti tragici concordano nel dipingere Egisto come un
effemminato, un vigliacco, un voluttuoso, un donnaiolo, che si fa strada per
mezzo delle donne e non conosce, in materia di armi e di battaglie, altro che
quelle di Aphrodite. Clitennestra invece pretende di
assumere le virtù e i rischi di una natura pienamente virile. Riflessiva, autoritaria e audace, fatta per
comandare, essa respinge con alterezza tutte le debolezze del suo sesso; si ritrova
donna-ci vien fatto chiaramente capire-soltanto a letto".
Come si
concilia l'effeminatezza con l'attrazione per le donne? Secondo Otto
Weininger "sono proprio soltanto gli uomini con qualità femminili
quelli che corrono continuamente dietro a qualche sottana e trovano il loro
maggior interesse negli amori e nei rapporti sessuali". E' una teoria non molto dissimile da quella che Platone attribuisce ad Aristofane nel Simposio : coloro che derivano dal taglio di un maschio tutto
pieno , ossia gli omosessuali maschi, discendenti dal sole, sono i migliori tra
i fanciulli e i giovani poiché sono i più virili per natura ("aJvte ajndreiovtatoi o[nte"
fuvsei", 192).
Essi si comportano così non per impudenza ma per l'indole forte, generosa e
virile, siccome amanti di ciò che è loro simile ("to; o{moion aujtoi'"
ajspazovmenoi").
Sono i soli capaci di vita politica.
Gli
eterosessuali invece discendono dalla luna e provengono dal taglio di quello
che allora si chiamava androgino,: "filoguvnaikev" te eijsi kai; oij polloi; tw'n
moicw'n ejk touvtou tou' gevnou" gegovnasin, kai; o{sai au\ gunai'ke"
fivlandroiv te kai; moiceuvtrai ejk touvtou tou' gevnou" givgnontai."(191d-e), essi sono amanti
delle donne e la maggior parte degli adulteri sono derivati da questo genere, e
quante invece sono donne, amano gli uomini e sono adultere e derivano da questa
razza.
Infine le donne provenienti dal taglio di una
femmina integrale discendono dalla terra e diventano ejtairivstriai, lesbiche.
Inoltre, come aveva ben sottolineato
Jung, l'anima femminile-anima- è presente nell'uomo in modo rimosso ed è
proprio per questa ragione che molti uomini cercano e trovano la loro anima
nelle donne amate; nello stesso modo, lo spirito maschile intraprendente,
energico-animus- è presente nelle donne in modo rimosso ed è per questo
che molte donne cercano e trovano il loro animus nei loro uomini".
Bologna 26 giugno 2023 ore 19, 49
giovanni ghiselli
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