NUOVE DATE alla Biblioteca «Ginzburg»: Protagonisti della storia antica

Ciclo di incontri alla biblioteca «Ginzburg». Protagonisti della storia antica

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venerdì 30 giugno 2023

La donna è spinta all’adulterio dalla mancanza di passione dell’uomo ordinario.


 

 

“Non insegnava nulla Charles, non sapeva nulla Charles, non immaginava nulla Charles: credeva che lei fosse felice, ma lei gliene voleva per tutta quella tranquillità imperturbabile, per tutta quella pacifica pesantezza, per tutta quella stessa sazietà (…) si persuade facilmente che nella passione di Charles per lei non vi era nulla di eccessivo. Le espansioni del marito erano diventate regolari, la baciava a ore fisse. Un’abitudine come un’altra, quasi un doce, previsto per tempo, dopo la monotonia del pranzo!”[1]

 

“Lo vide avvicinarsi alla tribuna, ora rispondendo con indulgenza agli inchini adulatòri, ora salutando amichevolmente, distrattamente gli eguali, ora aspettando con desiderio lo sguardo dei potenti del mondo e togliendo il suo gran cappello che gli schiacciava le estremità delle orecchie. Lei conosceva tutti questi modi e le erano tutti odiosi. “unicamente ambizione, unicamente desiderio di riuscire: ecco tutto quello che c’è nella sua anima” pensava “mentre i ragionamenti elevati, l’amore per la cultura, la religione, tutto questo non è che uno strumento per riuscire”[2]. Anna Karenina pensa queste parole mentre osserva il marito alle corse dei cavalli.

 

Questa mancanza di passione viene denunciata e sofferta anche da Michele Ardengo nl romanzo di Moravia Gli indifferenti come abbiamo visto e da T. S. Eliot in Gerontion: “I have lost my passion: why should I need to keep it-since what is kept must be adultererated?” (vv. 63-64), ho perduto la mia passione: perché dovrei conservarla, se ciò che si conserva deve adulterarsi?

 

In conclusione: l’amante è considerato positivamente fino a quando può mostrare la sua passione che può essere simulata, forse con le parole, ma non nei fatti.

 

Bologna 30 giugno 2023 ore 10 giovanni ghiselli

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Sono in partenza per Brescia. Tornerò a scrivere il 2 luglio.

 

  

 



[1] Flaubert, Madame Bovary, Parte prima, capitolo VIII

[2] Anna Karenina, II, 38

giovedì 29 giugno 2023

Non sempre conviene essere attuale .


 

Un poeta attuale, ossia al passo coi tempi, è Ovidio.

Sentiamo il vate Peligno

Nell'Ars Amatoria[1] Ovidio afferma che è proprio l'eleganza a fargli preferire l'età moderna all'antica, presunta aurea:"prisca iuvent alios, ego me nunc denique natum/gratulor: haec aetas moribus apta meis" (III, 121-122), i tempi antichi piacciano ad altri, io mi rallegro di essere nato ora, dopo tutto: questa è l'età adatta ai miei gusti, non perché, continua il Sulmonese, terre mari e monti sono stati domati dall'uomo,"sed quia cultus adest nec nostros mansit in annos/rusticitas priscis illa superstes avis " Ars, III,  127-128), ma perché c'è eleganza e non è rimasta fino ai nostri anni quella rozzezza sopravvissuta agli avi antichi.

 Un cultus  che include l’eleganza del corpo e dello spirito.

I mores di Ovidio d'altra parte, al di là della propaganda del regime augusteo sono maggioritari. "Benché venisse da Sulmona, infatti, nessun altro poeta della generazione augustea ha rappresentato meglio di lui lo spirito della città. Da tempo a Roma la società ricca aveva sviluppato il gusto per la cultura elegante, per l'ironia, per la raffinata trasgressione- in una parola, per quel complesso di atteggiamenti che in latino venivano indicati proprio con il nome di urbanitas, parola che designa il "carattere cittadino" e la "raffinatezza ironica" nello stesso tempo"[2]. 

Ebbene, non sempre essere al passo coi tempi, essere attuale paga. Dal regime augusteo venivano trattati bene gli inattuali che rimpiangevano gli antiqui mores, come Tito Livio, per esempio e Orazio che nel Carmen saeculare  vede  l’audace ritorno degli antichi costumi buoni: Iam Fides et Pax et Honor Pudorque/priscus et neglecta redire Virtus/audet, apparetque beata pleno/Copia cornu"[3], già la Fede e la Pace e l'Onore e il Pudore antico e la Virtù messa da parte osa tornare, e appare felice l'Abbondanza con il corno pieno.

L’attuale Ovidio che approvava i nuovi costumi in corso invece fu mandato in esilio dove morì di crepacuore.

Bologna 29 giugno 2023 ore 19, 46, giovanni ghiselli.

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[1] L'Ars amatoria  (in distici elegiaci) costituisce una precettistica erotica in tre libri: nei primi due il poeta fa il maestro d'amore agli uomini, nel terzo alle donne. Questa raccolta a sfondo didascalico fu completata nell'1 o nel 2 d. C, come i Remedia amoris e i Medicamina faciei femineae. Ovidio, nato a Sulmona, e morto in esilio a Tomi sul Mar Nero, visse tra il 43 a. C. e il 17/18 d. C.

[2] M. Bettini (introduzione a) Poesia classica Latina, p. 11.

[3] Vv. 57-60. E' una strofe saffica formata da tre endecasillabi saffici e da un adonio.

Perché l’amicizia e l’amore sono tanto difficili.


 

Molte persone sono eterodirette: tu credi di parlare con un amico ma questo dà voce all’amante o alla madre o alla sorella o al collega che magari non ti vogliono bene e lo hanno messo su contro di te. Un poco alla volta smette di volerti bene anche lui.

Se tu sei inattuale rispetto alla moda succede che dispiaci a molti. Per questo motivo amicizia e amore sono tanto difficili. Per questo si diventa anacoreti.

 

Su tale argomento Nietzsche trentenne aveva scritto: “"Della nostra esistenza dobbiamo rispondere a noi stessi, di conseguenza vogliamo agire come i reali timonieri di essa e non permettere che assomigli ad una casualità priva di pensiero. Essa richiede una certa temerità e un certo azzardo (…) E' così provinciale obbligarsi a delle opinioni che, qualche centinaio di metri più in là già cessano di obbligare. Oriente e Occidente sono tratti di gesso che qualcuno disegna davanti ai nostri occhi per beffarsi della nostra pavidità (  …) Al mondo vi è un'unica via che nessuno oltre a te può fare: dove porta? Non domandare, seguila"[1].

 

 Il conformismo imposto  vuole  negare l’apollineo, cioè il “conosci te stesso” - kata; to; Delfiko;n gravmma – (Platone, Fedro 229e) secondo la scritta delfica , e “diventa quello che sei” di Pindaro gevnoio oi|o~   ejssiv (Pitica II  v. 72).

 

Bologna 29 giugno 2023 ore 17 giovanni ghiselli.

 

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[1] F. Nietzsche, Considerazioni inattuali III (1874), Schopenhauer come educatore,  1.

Percorso VIII, 5 . Un dilemma: Mens cuiusque is est quisque (Cicerone) oppure “Il corpo è l’uomo? (Leopardi)

   Percorso sull’amore VIII.   Quinta parte.

 


 

  Certamente Euripide aveva in mente il topos  del "non bello ma buono", quando nell'Oreste  (del 408) elabora la così detta "teoria della classe media" e, presentando con simpatia il piccolo proprietario terriero il quale lavora la terra da sé ed è uno di quelli che, soli, salvano la città, si sente quasi in dovere di precisare che era un uomo di aspetto non attraente ma coraggioso (" morfh'/ me;n oujk eujwpov", ajndrei'o" d  j ajnhvr", v.918).

Viceversa, ma sempre con un ricordo archilocheo, nella stessa tragedia viene ridicolizzato Menelao, lo spartano e marito di Elena odioso per avere provocato infiniti dolori ai figli di Agamennone.

 Il nipote Oreste lo sfida affermando che non lo teme e irridendolo:"venga avanti, pavoneggiandosi per i riccioli biondi sugli omeri" ( "ajll j i[tw xanqoi'" ejp j w[mwn bostruvcoi" gaurouvmeno"" v. 1532).

Cicerone riassume tale locus nel De finibus bonorum et malorum  :"animi enim liniamenta sunt pulchriora quam corporis " (III, 22, 75), infatti i lineamenti dell'anima sono più belli di quelli del corpo. Qui siamo nel campo dell'etica.

E ancora: “mens cuiusque is est quisque, non ea figura quae digito demonstrari potest ” (De repubblica, VI, 26), la mente di ciascuno è quel ciascuno, non quella figura che può essere indicata con un dito.  

Viceversa Leopardi nell' Ultimo canto di Saffo  (50-54), per esperienza propria, scrive:"Alle sembianze il Padre,/alle amene sembianze eterno regno/diè nelle genti; e per virili imprese,/per dotta lira o canto,/virtù non luce in disadorno ammanto".

Nel Dialogo di Tristano e di un amico, Tristano ricorda “che gli antichi valevano, per le forze del copo, ciascuno per quattro di noi. E il corpo è l’uomo; perché (lasciando il resto) la magnanimità, il coraggio, le passioni, la potenza di fare, la potenza di godere, tutto ciò che fa nobile e viva la vita, dipende dal vigore del corpo, e senza quello non ha luogo. Uno che sia debole di corpo, non è uomo, ma bambino, anzi peggio; perché la sua sorte è stare a vedere gli altri che vivono, ed esso al più chiacchierare, ma la vita non è per lui. E però anticamente ls debolezza del corpo fu ignominiosa, anche nei secoli più civili. Ma tra noi già da lunghissimo tempo l’educazione non si degna di pensare al corpo, cosa troppo bassa e abbietta: pensa allo spirito: e appunto volendo coltivare lo spirito, rovina il corpo: senza avvedersi che rovinando questo, rovina a vicenda anche lo spirito”.

Io non credo che il corpo sia tutto o che lo spirito sia tutto. Penso piuttosto che debbano essere coltivati entrambi con esercizi mentali e fisici e che devono procedere armonizzati

  Torniamo al campo militare: Svetonio nella Vita  di Giulio Cesare (65) ricorda che il conquistatore delle Gallie "Militem neque a moribus neque a forma probabat, sed tantum a viribus ", non giudicava i soldati con la misura dei costumi né con quella dell'aspetto fisico ma solo con il metro della forza.

Tolstoj in Guerra e pace  individua il militare bello e vano, un vero e proprio miles gloriosus  francese e napoleonico, in Gioacchino Murat :" un uomo d'alta statura dal cappello adorno di piume, i capelli inanellati che gli piovevano sulle spalle. Indossava un mantello scarlatto, e le lunghe gambe erano protese in avanti...in effetti costui era Murat, che ora aveva assunto la qualifica di re di Napoli...cosicché aveva un'aria più trionfante e imponente di quanto l'avesse prima...Alla vista del generale russo, con gesto regale e solenne, respinse indietro il capo con quei capelli a riccioli fluentisulle spalle...La faccia di Murat raggiava di stolida soddisfazione" (pp. 925-926).

 

Bologna 29 giugno 2023 ore 11, 48 giovanni ghiselli

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Il mio programma della prossima metà dell’anno.


 

Mi scuso con i miei tanti lettori- Sempre1385625-per questo intervallo  dei post ma ho dovuto correggere le secondo bozze del mio romanzo per renderlo del tutto soddisfacente.

Domani sarò a Brescia, precisamente a Tavernole sul Mella (Museo del Forno)  per presentare, al Festival dei Filosofi lungo l’Oglio, il percorso preparato su Osare l’inattuale, dalle 21 alle 23.

Tornerò a Bologna il primo di luglio. Poco prima del 10 luglio andrò a Pesaro. Forse avrò una terza bozza da controllare.

Da metà luglio alla fine del mese percorrerò in bicicletta i luoghi belli e santi della Grecia,  pregando.

Mi aspetto cose buone e voglio impetrarle con il ringraziare in anticipo gli dèi buoni e giusti.

In agosto e settembre sarò a Pesaro, a studiare, correre, pedalare, parlare in qualche simposio tra amici. Non so se andrò a presentare il mio libro: preferisco che si presenti da sé.

 

Il 2 ottobre inizierò il corso di 8 incontri (16 ore) alla primo Levi di Bologna – La poesia amorosa greca e latina da Saffo al Pervigilium Veneris-. Ne ho già messi degli estratti nel blog e ne aggiungerò altri.

Per ora questo è il programma dell’anno solare giunto alla sua metà.

La meta è più alta.

Dell’anno prossimo vi saprò dire.

Un caro saluto a tutti voi

Bologna 29 giugno 2023 ore 9, 58 giovanni ghiselli.

 

 

 

 

lunedì 26 giugno 2023

Percorso sull’amore VIII. Quarta parte. L'aspetto degli uomini e delle donne.


 

 

L'aspetto degli uomini e delle donne.

 Il valore e la forza, anche fuorviante, della bellezza fisica. La potenza politica, e seduttiva, della parola. La giustificazione estetica dell'esistenza umana.

 

 

 

L'aspetto degli uomini e delle donne. Il valore e la forza della bellezza esteriore. La potenza politica e seduttiva della parola.

 In effetti noi uomini ci inchiniamo davanti al  numen  della bellezza femminile e mentre la brutta che tradisce (cosa paradossalmente più probabile) è un'asina, una scrofa o o una cagna scostumata, degna per lo meno di lapidazione, sull'adultera bella nessuno scaglia la prima pietra poiché tutti vorrebbero fornicare con lei.

Isocrate prende spunto dal magnifico aspetto di Elena per elogiare la bellezza come "semnovtaton kai; timiwvtaton kai; qeiovtaton tw'n o[ntwn" (Elena, 54), la più nobile, la più preziosa e la più divina tra le cose esistenti.

Essa si incarna nelle persone belle verso le quali, appena le vediamo, siamo benevoli, e non ci stanchiamo di venerarle, come se fossero dèi, anzi preferiamo asservirci a  loro che comandare gli altri (Elena , 56-57). Zeus stesso, signore del tutto, non sdegna di farsi umile pur di accostarsi alla bellezza ("pro;" to; kavllo" tapeino;" genovmeno"", 59). Infatti prese diversi aspetti per unirsi a donne mortali.

   

 Leopardi  nello Zibaldone  nota un altro effetto della bellezza.

 L'osservazione parte da alcuni versi della Canzone  XIV di Petrarca Chiare fresche e dolci acque "Quante volte diss'io/allor pien di spavento:/Costei per fermo nacque in paradiso!"[1]

Seguono, in greco, i vv. 5-6 dell'ode di Saffo (fr. 2D) tradotta da Catullo (51), quelli nei quali la poetessa dichiara lo sconvolgimento del suo cuore alla vista dell'amata che amabilmente sorride.

 Poi viene il commento:" E' proprio dell'impressione che fa la bellezza...su quelli d'altro sesso che la veggono o l'ascoltano o l'avvicinano, lo spaventare, e questo si è quasi il principale e il più sensibile effetto ch'ella produce a prima giunta, o quello che più si distingue e si nota e risalta. E lo spavento viene da questo, che allo spettatore o spettatrice, in quel momento, pare impossibile di star mai più senza quel tale oggetto, e nel tempo stesso gli pare impossibile di possederlo com'ei vorrebbe"(pp. 3443-3444).

Parole che dderivano dall’inesperienza. Una relazione che finisce è un rapporto diventato noioso per uno dei due e odioso per l’altro: è bene che finisca.

 

Vediamo alcune parole del romanzo L'idiota di Dostoevskij sulla bellezza femminile, quella di Aglaja Ivanovna  :" Voi siete bella, Aglaja. Siete tanto bella che si ha paura a guardarvi (…)E' difficile giudicare la bellezza..La bellezza è un enigma (...). Sono parole del principe Myškin

“Una bellezza simile è una forza” rispose Adelaida con ardore. “Con una simile bellezza si può rovesciare il mondo"[2].

 

Sentiamo Tolstoj sulla potenza, spesso fuorviante, della bellezza. Chi parla è Pòzdnyshev il protagonista di La sonata a Kreutzer (1889) il quale racconta come è arrivato a uccidere per gelosia la moglie, una donna bella ma non adatta a lui:" E' cosa davvero sorprendente con quanta facilità siamo indotti a illuderci che bellezza e bontà siano insieme congiunte. Quando una bella donna dice delle sciocchezze, stai a sentirla volentieri, e per quante papere ella dica, ti sembra intelligente. Se si comporta e parla come una villana, ti appare avvenente e gentile. Quando poi ella non dice né sciocchezze né cose disdicevoli, ed è anche graziosa, allora credi sul serio ch'ella sia un miracolo d'intelligenza e moralità"[3].

 E più avanti:"l'amore più eletto e più poetico, come noi diciamo, non dipende per nulla dalle doti dello spirito, ma dalla fisica attrazione, da una pettinatura invece di un'altra, dal colore, dal taglio d'un abito…soltanto il corpo noi desideriamo, siamo pronti a perdonare ogni bruttura[4], ma non già la scelta d'un abito senza garbo né grazia, ma non già un tono di colore che strida. La civetta ha di tutto ciò perfetta conoscenza, ma anche l'innocente fanciulla lo sa per istinto, come gli animali. Ed ecco il motivo di quei maledetti jersey, di quegli abiti attillati, scollacciati, di quelle braccia nude, di quei seni mostrati. Le donne, specie quelle donne che hanno già esperienza di uomini, sanno bene che conversare su alti argomenti approda a ben poco, all'uomo non preme altro che il corpo, quanto può farlo risaltare, sia pure con mezzi artificiosi, e a ciò si adoperano le donne." (p. 325).

 

La donna attraente ha per dote una potenza che non la abbandona del tutto nemmeno nelle situazioni più miserevoli, almeno finchè le rimane la bellezza:"Anche la Màslova si era formata questa opinione nella sua vita e sul suo posto nel mondo. Era una prostituta, condannata alla galera, e ciò nonostante si era creata una concezione della vita per cui poteva approvare se stessa  e perfino vantarsi della sua condizione davanti alla gente. Ecco in che consisteva questa concezione: l'interesse principale di tutti gli uomini, di tutti senza eccezione, -vecchi, giovani, ginnasiali, generali, colti, ignoranti,-sta nei rapporti sessuali con le donne attraenti, e perciò tutti gli uomini, pur fingendo di occuparsi di altre cose, in fondo desiderano questa sola. Essa, che era una donna attraente, poteva soddisfare o non soddisfare codesto loro desiderio, ed era quindi una persona importante e necessaria. Tutta la sua vita precedente e attuale le confermava la giustezza di tale opinione"[5].

 

Tra i due grandi romanzieri russi, Dostoevskij è stato il visionario dell'anima e Tolstoj piuttosto il veggente del corpo; più precisamente "di quel lato della carne che è rivolto verso lo spirito e di quel lato dello spirito che è rivolto verso la carne: regione misteriosa ove si compie, nell'uomo, la lotta fra la Bestia e Dio"[6].  

 

La bellezza  viene definita dal Lord Henry  a Dorian Gray che ne è portatore:" Essa è una specie di genio-in verità più grande del genio, perché non ha bisogno di spiegazione. E' una delle cose grandi del mondo, come la luce solare, o la primavera, o il riflesso nell'acqua cupa di quella conchiglia d'argento che chiamiamo luna. Non è una cosa che si possa discutere. Ha un divino diritto alla regalità. Quelli che la possiedono sono principi"[7].

 

A favore del genio si può dire del resto che è meno effimero della bellezza la cui caducità infatti è deplorata  dallo stesso esteta di O. Wilde:" Sì, gli dèi furono benigni con voi, Gray. Ma gli dèi, dopo breve tempo rivogliono i loro doni. Avete soltanto pochi anni per vivere veramente. Quando la vostra gioventù se ne sarà andata, avrete perduto anche la vostra bellezza, e vi renderete conto d'un tratto che non ci sono più vittorie per voi...Perché la vostra gioventù durerà un tempo così breve-così breve! Gli umili fiori di prato avvizziscono, ma rifioriranno ancora. Quest'altro giugno l'acacia sarà d'oro, come è ora...Ma noi non torniamo mai alla nostra giovinezza. L'onda di gioia che pulsa in noi a vent'anni, si fa tarda. Le membra non ci ubbidiscono più, i sensi si consumano. Diventiamo ripugnanti fantocci, perseguitati dal ricordo delle passioni di cui abbiamo avuto timore e delle squisite tentazioni alle quali non avemmo il coraggio di cedere. Gioventù! Gioventù! Non c'è nulla al mondo che valga la giovinezza!"(p. 32).

 

O. Wilde, come Nietzsche, giustifica la vita solo come fenomeno estetico.

"E' cosa abbastanza strana, per quanto ben comprensibile, che la prima forma in cui lo spirito europeo si è ribellato all'età borghese sia stato l'estetismo. Non a caso ho nominato insieme Nietzsche e Wilde come ribelli, e propriamente ribelli in nome della bellezza"[8].

 

A proposito del rapporto tra bellezza e genio, Leopardi dà la precedenza alla prima nell'Ultimo canto di Saffo  dove afferma che il potere è dei belli:"Alle sembianze il Padre,/alle amene sembianze eterno regno/diè nelle genti; e per virili imprese,/per dotta lira o canto,/virtù non luce in disadorno ammanto," (vv. 50-54), mentre Tolstoj in Guerra e pace (1863-1869) sembra sganciare il fascino dall'intelligenza, almeno in una ragazza giovane: a Maria Bolkonski che ha domandato se Natascia sia intelligente, Pierre risponde:"Penso di no...non credo che si degni di essere intelligente...E' affascinante, nient'altro" (p. 825).

 

 Anche Pavese nega la forza erotica dell'ingegno:" Non c'è idea più sciocca che credere di conquistare una donna offrendole lo spettacolo del proprio ingegno. L'ingegno non corrisponde in questo alla bellezza, per la semplice ragione che non provoca eccitamento sensuale; la bellezza sì"[9]. Probabilmente Pavese non aveva abbastanza ingegno, non per capire le donne..

 

Comunque queste  affermazioni ci portano a riflettere su quella che si potrebbe definire la giustificazione estetica dell'esistenza umana.

 Solo la bellezza autorizza la vita. Questo afferma l'Aiace  di Sofocle prima di suicidarsi: :"ajll j hj] kalw'" zh'n h] kalw'" teqnhkevnai-- to;n eujgenh' crhv" ma il nobile deve o vivere con stile, o con stile morire. (vv.479-480). Quando si vive fuori dalla bellezza insomma la morte è una liberazione.

 

 Lo ricorda anche la principessa troiana Polissena alla madre Ecuba , nella tragedia di Euripide: per chi non è abituato a mali oltraggiosi è meglio morire:"to; ga;r zh'n mh; kalw'" mevga" povno""

( v. 378),  infatti vivere senza bellezza è una grande fatica.

 

 Questo culto della bellezza in generale, e umana- femminile in particolare, quale antidoto al dolore della vita viene ribadito da Foscolo nell'Ode All'amica risanata, splendidissima donna nella quale, dopo la malattia  "beltà rivive,/ l'aurea beltate ond'ebbero/ristoro unico a' mali/le nate a vaneggiar menti mortali" (vv. 9-12). 

 

  Di solito gli autori maschi non omosessuali invero sono  meno elogiativi o perfino poco indulgenti verso un bell'aspetto maschile che può diventare addirittura un disvalore.

 

Archiloco ha fama di avere inventato il tovpo" del miles gloriosus  con il frammento 60 D. :"non amo lo stratego grande né dall'incedere tronfio/né compiaciuto dei riccioli, né ben rasato;/ma per me sia pur piccolo, e storto di gambe/a vedersi, però che proceda con sicurezza sui piedi, e sia pieno di cuore/"[10].

 

 Qui la sostanza viene preposta all'apparenza: il poeta sgonfia il falso eroe facendone una caricatura che anticipa quella plautina.

 

Invero il guerriero non appariscente ma ardimentoso fa capolino già nel quinto canto dell'Iliade  quando Atena ricorda a Diomede il valore del padre Tideo che era piccolo di corpo ma pugnace ( "Tudeuv" toi mikro;" me;n e[hn devma", ajlla; machthv"", 801), e pure forte di animo ( auta;r oJ qumo;n e[cwn o}n karterovn", 806).

 

  Nel terzo canto Priamo chiede a Elena di identificare i capi dei guerrieri Achei visibili dalla torre presso le porte Scee;  uno gli parve "meivwn me;n kefalh'/  jAgamevmnono" jAtreïdao,/ eujruvtero" d j w[moisin ijde; stevrnoisin ijdevsqai" (vv. 193-194), più piccolo della testa di Agamennone Atride, ma più largo di spalle e di petto a vedersi. La maliarda rispose che quello era Odisseo esperto di ogni sorta di inganni e di accorti pensieri (v. 202).

Quindi Antenore aggiunge che egli l'aveva visto una volta a Troia, in ambasciata con Menelao, e quando i due erano seduti, era più maestoso Odisseo, ma quando stavano in piedi, Menelao lo sovrastava delle larghe spalle   ("stavntwn me;n Menevlao" uJpeivrecen eujreva" w{mou"", v. 210). Ulisse, in piedi sulle gambe corte, se stava zitto, sembrava un uomo ignorante o addirittura uno furente e pazzo, ma, quando parlava, dal petto mandava fuori parole simili a fiocchi di neve d'inverno (Iliade, III, v. 222), ossia manifestava la potenza della natura, e allora non si provava più meraviglia per l'aspetto.

 

Plinio il Giovane dà una spiegazione di questo stile oratorio affermando di preferire fra tutte  "illam orationem similem nivibus hibernis, id est, crebram et assiduam, sed et largam, postremo divinam et caelestem " (I, 20), quell'eloquenza simile alle nevi invernali, cioè densa e serrata, ma anche copiosa, dopo tutto divina e scesa dal cielo.

 

Alcinoo il padre di Nausicaa elogia Odisseo dicendogli che, al pari di un aedo, ossia di Demodoco-Omero, costruisce il discorso con arte e possiede  bellezza di parole, morfh; ejpevwn e saggi pensieri, frevne" ejsqlaiv  (Odissea, XI, 367).

Ulisse dunque non è bello ma è l'eroe e l'esteta della parola.

Sotto questo aspetto egli prefigura il capo della povli" democratica nella quale la forza verbale sarà decisiva per il successo dell'uomo politico. "Il sistema della polis  implica prima di tutto una straordinaria preminenza della parola su tutti gli altri strumenti del potere. Essa diventa lo strumento politico per eccellenza, la chiave di ogni autorità nello Stato, il mezzo di comando e di dominio su altri. Questa potenza del linguaggio-di cui i Greci fecero una divinità: Peitho , la forza di persuasione-ricorda l'efficacia delle parole e delle formule in certi rituali religiosi, o il valore attribuito ai "detti" del re quando egli pronuncia sovranamente la themis ; in realtà, tuttavia, si tratta di una cosa affatto diversa. Il linguaggio non è più la parola rituale, la formula giusta, ma il dibattito contraddittorio, la discussione, l'argomentazione. Presuppone un pubblico al quale esso si rivolge come a un giudice che decide in ultima istanza, per alzata di mano, tra i due partiti che gli sono presentati: è questa la scelta puramente umana che misura la forza di persuasione rispettiva dei due discorsi, assicurando la vittoria di uno degli oratori sul suo avversario...Tra la politica e il logos  c'è così un rapporto stretto, un legame reciproco. L'arte politica consiste essenzialmente nel maneggiare il linguaggio". Così J. P. Vernant[11].

Aggiungerei del resto che anche l'arte erotica e diverse altre consistono in buona parte nel maneggiare il linguaggio .

 Una qualità che Ovidio considera basilare per la seduzione :"non formosus erat, sed erat facundus Ulixes,/et tamen aequoreas torsit amore deas "[12], bello non era ma era bravo a parlare Ulisse, e in ogni caso fece contorcere d'amore le dee dell'acqua (Ars amatoria , II, 123-124). Si potrebbero commentare queste parole di apprezzamento dell'intelligenza di Odisseo che, come abbiamo visto, non era prestante, con una sentenza del discorso parenetico di Isocrate (o di un suo allievo) A Demonico :" mevgiston ga;r ejn ejlacivstw/ / nou'" ajgaqo;" ejn ajnqrwvpou swvmati" (40), una cosa grandissima in una piccolissima è infatti una mente valida in un corpo di uomo. 

 

 Il  terzo canto dell'Iliade  propone il contrasto tra apparenza e sostanza anche quando Ettore rinfaccia a Paride (v. 39) di essere un donnaiolo (gunaimanev") e seduttore (hjperopeutav) di aspetto splendido (ei'jdo" a[riste) ma senza valore né forza nel cuore (45), capace di portare via donne di uomini bellicosi ma non di affrontarli. Allora Paride gli risponde di non biasimarlo e non rinfacciargli i doni amabili dell'aurea Afrodite (mhv moi dw'r j ejrata; provfere crusevh"  jAfrodivth"", 64): nemmeno lui, Ettore, disprezza i magnifici doni degli dèi (qew'n ejrikudeva dw'ra, 65) che del resto nessuno può scegliersi.

 

Il donnaiolo effemminato.

 C'è da notare che il donnaiolo dipende da Afrodite, una divinità femminile, ed è anche effemminato, così è dichiaratamente Egisto, l'amante di Clitennestra: nello stesso tempo effemminato e donnaiolo:

 Nell'esodo dell'Agamennone  di Eschilo, che drammatizza il ritorno e l'uccisione del re, il coro di vecchi argivi  apostrofa Egisto chiamandolo donna (guvnai, v. 1625) e aggiungendo: tu che stavi in casa disonorando il letto dell'eroe, hai progettato questa morte contro l'eroe condottiero? Alla fine del dramma, le ultime parole del coro ribadiscono il vituperio verso l'assassino del re:"kovmpason qarsw'n, ajlevktwr-w{ste qhleiva" pevla"", (vv. 1672-1673), vantati arditamente, come un gallo presso la femmina.

"Nella coppia Egisto-Clitennestra, è Clitennestra l'uomo, è Egisto la donna[13]. Tutti i poeti tragici concordano nel dipingere Egisto come un effemminato, un vigliacco, un voluttuoso, un donnaiolo, che si fa strada per mezzo delle donne e non conosce, in materia di armi e di battaglie, altro che quelle di Aphrodite[14]. Clitennestra invece pretende di assumere le virtù e i rischi di una natura pienamente virile[15]. Riflessiva, autoritaria e audace, fatta per comandare, essa respinge con alterezza tutte le debolezze del suo sesso; si ritrova donna-ci vien fatto chiaramente capire-soltanto a letto"[16].

 

Come si concilia l'effeminatezza con l'attrazione per le donne? Secondo Otto Weininger "sono proprio soltanto gli uomini con qualità femminili quelli che corrono continuamente dietro a qualche sottana e trovano il loro maggior interesse negli amori e nei rapporti sessuali"[17]. E' una teoria non molto dissimile da quella che Platone attribuisce ad Aristofane nel Simposio : coloro che derivano dal taglio di un maschio tutto pieno , ossia gli omosessuali maschi, discendenti dal sole, sono i migliori tra i fanciulli e i giovani poiché sono i più virili per natura ("aJvte ajndreiovtatoi o[nte" fuvsei", 192). Essi si comportano così non per impudenza ma per l'indole forte, generosa e virile, siccome amanti di ciò che è loro simile ("to; o{moion aujtoi'" ajspazovmenoi"). Sono i soli capaci di vita politica.

Gli eterosessuali invece discendono dalla luna e provengono dal taglio di quello che allora si chiamava androgino,: "filoguvnaikev" te eijsi kai; oij polloi; tw'n moicw'n ejk touvtou tou' gevnou" gegovnasin, kai; o{sai au\ gunai'ke" fivlandroiv te kai; moiceuvtrai ejk touvtou tou' gevnou" givgnontai."(191d-e), essi sono amanti delle donne e la maggior parte degli adulteri sono derivati da questo genere, e quante invece sono donne, amano gli uomini e sono adultere e derivano da questa razza.

 

 Infine le donne provenienti dal taglio di una femmina integrale discendono dalla terra e diventano ejtairivstriai, lesbiche.

Inoltre, come aveva ben sottolineato Jung, l'anima femminile-anima- è presente nell'uomo in modo rimosso ed è proprio per questa ragione che molti uomini cercano e trovano la loro anima nelle donne amate; nello stesso modo, lo spirito maschile intraprendente, energico-animus- è presente nelle donne in modo rimosso ed è per questo che molte donne cercano e trovano il loro animus nei loro uomini"[18].

 

Bologna 26 giugno 2023 ore 19, 49 giovanni ghiselli

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[1]Rime , CXXVI, 53-55

 

[2]F. Dostoevskij, L'idiota  (del 1869), p. 96 e p. 101.

[3] La sonata a Kreutzer in Tolstoj Romanzi brevi, p. 323.

[4] Immagino di tipo morale

[5] L. Tolstoj, Resurrezione, p. 149.

 [6] D. Merezkovskij,  Tolstòj e Dostojevskij, p. 101.

[7] Il ritratto di Dorian Gray (del 1891) , in O. Wilde, Opere , p. 31.

[8] T. Mann, Nobiltà dello spirito, p. 838.

[9] Il mestiere di vivere, 31 agosto 1940.

[10]Questa alta valutazione del cuore e del sentimento si ritroverà, com'è noto, negli autori dello Sturm und drang  e del romanticismo: Goethe ne I dolori del giovane Werther  scrive(9 maggio 1772):"egli apprezza la mia intelligenza ed i miei talenti più del mio cuore, che è pure l'unica cosa della quale sono superbo, che è pure la fonte di tutto, di ogni forza, di ogni beatitudine e di ogni miseria. Ah, quello che io so, lo può sapere chiunque-ma il mio cuore lo possiedo io solo".

[11]Le origini del pensiero greco , pp. 47-48.

[12]Un distico citato da Kierkegaard nel Diario del seduttore , quel Giovanni esteta che infatti è un uomo dal fascino mentale, un seduttore intellettuale come Faust, non sensuale come il Don Giovanni  di Mozart.

[13]Si veda lo studio, rigoroso e fine, di R. P. Winninton-Ingram, Clytemnestra and the Vote of Athena , in "Journal of Hellenic Studies", 1948, pp. 130-47.

[14]Ecco, a titolo di indicazione, alcuni passi dei tre tragici greci che hanno trattato lo stesso tema: Eschilo, Agamennone  1224, 1259, 1625 sgg., 1635, 1665, 1671; Coefore  304; Sofocle, Elettra  299-302; Euripide, Elettra   930 sgg.

[15]Eschilo, Agamennone  10-11, 258, 1251, 1258, 1377 sgg. , cfr. anche l'ironia di 483 e 592 sgg.; Coefore , 664 sgg.; Sofocle, Elettra  650 sgg. , 1243; Euripide, Elettra   930 sgg.  

[16]J. P. Vernant, Mito e pensiero presso i Greci , p. 159.

[17]Sesso e carattere , p. 113.

[18] E. Morin, L'identità umana, p. 65.