In generale perché sono scontenti della classe politica e non se ne sentono rappresentati.
Personalmente ho votato la pima volta alle elezioni dl 1968 e ho sempre esercitato questo mio diritto, a Pesaro, spostandomi appositamente da Padova nei pimi anni poi da Bologna.
Tuttavia ho sentito la tentazione di astenermi.
Che cosa provoca tale illecebra, cattiva attrazione, in uno come me teso da decenni a una vita politica, ossia impiegata nella polis e per la polis?
Il disgusto massimo in me è provocato dalla mancanza della parresia, la libertà di parola che comporta la decadenza della parola, di ogni parola che si abbassa e snatura verso il rutto, il raglio, il grugnito.
La parresìa, Parrhsiva potrebbe essere indicata come parola chiave di chi parla e scrive politicamente. Nello Ione di Euripide ( 411 a. C) il protagonista esprime il desiderio di ereditare da una madre ateniese questo privilegio, recandosi ad Atene, poiché lo straniero che piomba in quella città, anche se a parole diventa cittadino, ha schiava la bocca senza la libertà di parola ("tov ge stovma-dou'lon pevpatai koujk e[cei parrhsivan", vv. 674-675).
Analogo concetto si trova nelle Fenicie (rappresentata poco tempo dopo lo Ione. Tratta la guerra dei Sette contro Tebe) quando Polinice risponde alla madre sulla cosa più odiosa per l'esule:" e{n me;n mevgiston, oujk e[cei parrhsivan" (v. 391), una soprattutto, che non ha libertà di parola.
Infatti, conferma Giocasta, è cosa da schiavo non dire quello che si pensa.
"La parresìa è l'elemento che il Greco avverte come ciò che massimamente lo distingue dal barbaro. L'esule soffre della perdita della parresìa come della mancanza del bene più grande (Euripide, Fenicie, 391). Inutile ricordare che il valore della parresìa svolgerà un ruolo decisivo nell'Annuncio neo-testamentario. E dunque entrambe le componenti della cultura europea vi trovano fondamento" (M. Cacciari, Geofilosofia dell'Europa, p. 21 nota 2)
Su questa parola chiave gioca Victor Hugo quando riporta queste parole “ingenuamente sublimi” scritte da padre Du Breul nel sedicesimo secolo: “Sono parigino di nascita e parrisiano di lingua, giacché parrhysia in greco significa libertà di parola della quale feci uso anche verso i monsignori cardinali” ( Notre-Dame de Paris, p. 38).
La nostra Costituzione conferisce somma importanza alla libertà di parola: "Articolo 19: "Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitare in privato o in pubblico il culto, purché non si tratti di riti contrari al buon costume.
Articolo 21: "Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione".
Bologna 19 novembre 2024 ore 11, 49 giovanni ghiselli
p. s.
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