Voglio fare il favore di una correzione – cavrin diorqwvsew~- ai miei lettori. Non dovete credere a chi fa propaganda a favore di questo o quel belligerante. Le guerre ripetono l’antico rito dei sacrifici umani presentati come atti di culto. Ma ogni uccisione è sacrilegium, verius quam sacrum un sacrilegio piùttosto che un sacrificio.
Non dovete neppure credere che deplorare i massacri compiuti dall’esercito israeliano sia antisemitismo.
Vi ricordo alcune espressioni anticartaginesi, quindi antisemite, con le confutazioni di chi non le condivide.
I sacrifici umani vengono attribuiti ai Cartaginesi da alcuni autori malevoli
Tertulliano nell’Apologeticum (197 d. C.) scrive: “infantes penes Africam Saturno immolabantur palam usque ad proconsulatum Tiberii” (9) Sarebbe l’antica pratica semitica dell’uccisione del primogenito per il riscatto della stirpe (cfr. Abramo e Isacco in Genesi, 22).
La perfidia e l’infamia dei sacrifici umani è,stata attribuita dai cristiani agli Ebrei: “Per i cristiani gli ebrei sono stati tradizionalmente i “perfidi”. La perfidia è colpa più grave della “durities” ebraica, cioè della resistenza a convertirsi…In questo contesto segnato da una profonda ostilità cristiana l’accusa dell’infanticidio rituale trovò il terreno adatto…quanto alla realtà, il sangue che gli ebrei furono accusati di spargere dai corpi dei bambini cristiani, fu cavato agli ebrei, almeno da quelli che non trovarono nell’acqua del battesimo una protezione sufficiente” Caeca et obdurata Judaeorum perfidia”, così comincia una bolla di papa Clemente VIII del 1593. (Adriano Prosperi, “Il Sole-24 ore” Domenica 9 settembre 2007, p. 43)
Prosperi ricorda “un celebre dipinto di Paolo Uccello conservato a Urbino” (1469), il Miracolo dell’ostia profanata dove appare una famiglia di ebrei arsi sul rogo per avere profanato un’ostia.
Sentiamo l’accusa di licenziosità rivolta alla città di Cartagine da un santo cristiano. Agostino scrive: “c’erano spettacoli licenziosi e sacrileghi in onore della Grande Madre, virgo Caelestis o Berecinzia. Cantavano cose indecenti, non solo per la madre degli dèi, ma anche di uno dei senatori e persino per la madre degli istrioni (De civitate Dei, 2, 4).
E più avanti con il bisticcio, adnominatio – paronomasiva- Carthago-sartago : “Veni Carthaginem, et circumstrepebat me undique sartāgo flagitiosorum amorum” (3, 1), andai a Cartagine e mi assordava da ogni parte la padella degli amori scandalosi. Cfr. Eliot, The waste land: “To Carthage then I came” (v. 307).
Curzio Rufo dà un giudizio negativo sui sacrifici umani della madre patria di Cartagine, quando racconta che i Tirii, assediati da Alessandro Magno nel 332 a. C., pensarono di ripristinare questo uso desueto: “ sacrum quoque, quod equidem dis minime cordi esse crediderim…ut ingenuus puer Saturno immolaretur”, addirittura un atto sacrificale, del quale io sono propenso a credere che non possa essere per niente gradito agli dèi… cioè di sacrificare a Saturno un fanciullo nato libero.
Un sacrilegium, verius quam sacrum (Historiae Alexandri Magni, 4, 3, 23) più che un sacrificio, di cui si dice che venne praticato dai Cartaginesi usque ad excidium urbis suae fino alla distruzione della città, avvenuta nel 146 a. C. Se non si fossero opposti gli anziani di Tiro “humanitatem dira superstitio vicisset”, una terribile superstizione avrebbe vinto il senso di umanità.
Tali affermazioni contengono dell’antisemitismo che non condivido e le confuto con questa difesa dei Cartaginesi
Paolo Rumiz in un articolo del quotidiano “la Repubblica” (30 luglio 2007, p. 27 ) riporta l’opinione di Piero Bartoloni “governatore ombra di Sulkì” ( nome fenicio e cartaginese di San Antioco, a ovest di capo Teulada, in Sardegna). Nega i sacrifici dei bambini: “Saliamo verso il “Tofet” , il cimitero dei bambini. In posti così i Cartaginesi seppellivano i loro morti prematuri, dolcemente, in pentole da cucina in terracotta, con accanto giocattoli e piccoli doni. Il mondo punico è disseminato di queste necropoli infantili, riservate a chi non aveva passato ancora il rito dell’iniziazione. Ebbene, su questi teneri monumenti alla pietà s’è consumato uno dei più sporchi imbrogli della storiografia. I cartaginesi, si disse, sacrificavano i loro primogeniti, li sgozzavano da bambini, e li gettavano nel fuoco per ingraziarsi il dio Molok…La damnatio memoriae dei Romani contro il “perfido” Annibale e la sua gente, la diffidenza latina contro i levantini “imbroglioni” , il pregiudizio cattolico contro i pagani. Perfino l’accusa dei sacrifici rituali di bambini, mossa contro gli ebrei, e poi trasferita pari pari sui loro cugini naviganti. “Era, ovviamente, una balla colossale. Non ci volle molto a capirlo. Allora la mortalità era altissima, sette bambini su dieci morivano nel primo anno di vita; se avessero sacrificato i sopravvissuti, l’intero popolo fenicio si sarebbe estinto”.
Un’altra accusa malevola
Diverso è il parere di Piergiorgio Odifreddi: “In ogni caso dal Levitico (XXVII, 28-29) risulta chiaramente che il culto prevedeva sacrifici non solo animali, ma anche umani:
“Quanto uno avrà consacrato al Signore con voto di sterminio, fra le cose che gli appartengono: persona, animale o pezzo di terra del suo patrimonio, non potrà essere né venduto né riscattato; ogni cosa votata allo sterminio è cosa santissima, riservata al Signore. Nessuna persona votata allo sterminio potrà essere riscattata; dovrà essere messa a morte”
(P. Odifreddi, Perché non possiamo essere cristiani (e meno che mai cattolici) , p. 39.)
In Salambò di Flaubert Amilcare vuole sottrarre il bambino Annibale, suo figlio al sacrificio umano per Moloch.
I mercenari stanno assediando Cartagine e “Uomini vestiti di nero si presentarono nelle case.. arrivavano i servitori di Moloch e prendevano i bambini…”Barca! Veniamo per la cosa che sai…tuo figlio!”
Amilcare lega Annibale, lo imbavaglia e lo nasconde sotto il letto della sorella e ordina a un servo di sostituirlo con il figliolo di uno schiavo: “Ascolta bene!” disse “vai a prendere fra gli schiavi un maschietto fra gli otto e i nove anni con i capelli neri e la fronte bombata! Portalo qui! Sbrigati!” (pp. 225-226).
Dopo avere consegnato il falso Annibale a tre uomini vestiti di nero, e avere simulato disperazione, “Amilcare, tornato infine da Salambò, sciolse i lacci di Annibale. Il bambino, esasperato, gli morse a sangue una mano. Egli lo allontanò con una carezza. Salambò cercò di spaventarlo raccontandogli di Lamia, un’orchessa di Cirene, perché stesse buono. “E dov’è?” chiese il bambino. Gli raccontarono che sarebbero venuti i briganti per metterlo in prigione. Lui ribatté: “Vengano pure. Io li ucciderò!”. Amilcare gli disse allora la tremenda verità. Ma lui si infuriò contro il padre, sostenendo che poteva annientare tutto il popolo, dato che era lui il padrone di Cartagine. Alla fine, sfinito dalla tensione e dalla collera, cadde in un sonno agitato. Parlava in sogno…mentre il piccolo braccio restava teso in un gesto imperioso” (p. 228). Amilcare poi porta Annibale addormentato in un luogo sicuro: “ il bambino si svegliò davanti alla statua di Alete, nel sotterraneo delle pietre preziose. Sorrideva-come l’altro-in braccio al padre, nel chiarore che li attorniava…Nessuno, adesso, poteva vederlo; non c’era più niente da temere; allora si sfogò. Come una madre che ritrovi il primogenito perduto, si gettò sul figlio; se lo stringeva al petto, rideva e piangeva insieme, se lo chiamava con i più dolci nomi, lo copriva di baci. Il piccolo Annibale, spaventato da quell’affetto travolgente, ora taceva” (pp. 228-229).
Sacrifici umani in Salambò.
Le braccia di bronzo (della statua di Moloch) si muovevano più veloci. Non si fermavano più. Ogni volta che vi posavano un bambino , i sacerdoti di Moloch stendevano su di lui una mano per gravarlo delle colpe del popolo, gridando: “Non sono esseri umani , ma buoi!” e la folla intorno ripeteva : “Buoi! Buoi!” I devoti gridavano: “Signore! Mangia!”…Le vittime scomparivano di colpo appena sull’orlo dell’apertura come una goccia d’acqua su una piastra rovente, e una fumata bianca saliva nella gran luce scarlatta” (p. 235).
Cfr. Ifigenia in Tauride di Euripide: Ifigenia biasima l’uso dei sacrifici umani.
Se qualcuno dei mortali tocca con le mani del sangue o anche un parto (loceiva~) o un morto, la dea Artemide lo tiene lontano dagli altari, ritenendolo contaminato (musarovn, 383), aujth; de; qusivai~ h{detai brotoktovnoi~ ma lei gode dei sacrifici che uccidono gli uomini (384).
Non è possibile che Leto, la compagna di Zeus abbia partorito tanta stupidità (tosauvthn ajmaqivan, 387).
Giudico non credibili (a[pista krivnw) anche i conviti di Tantalo[1] agli dèi, che questi abbiano goduto del pasto del figlio, e ritengo che la gente di qui, essendo loro assassini di uomini, attribuiscano alla dea la loro malvagità (to; fau`lon, 390).
Infatti credo che nessuno tra i numi sia cattivo ( oujdevna ga;r oi\mai daimovnwn ei\nai kakovn, 392).
Cfr. Pindaro: "è naturale per l'uomo dire degli dèi cose belle, minore è la colpa" meivwn ga;r aijtiva, leggiamo nell'Olimpica I , vv. 35-36).
Quindi nell’ Olimpica IX afferma “diffamare gli dei è odiosa sapienza (tov ge loidorh'sai qeouv"-ejcqra; sofiva, vv. 37-38).
Le montagne della sapienza vera, essendo scoscese (sofivai menv-aijpeinaiv, 107-108), comprendono la forza della natura e richiedono grandi energie per scalarle.
Concludo con una difesa di Annibale che a me piace. E’ stato un nobilissimo fallito..
Concludo con una difesa di Annibale presentato da Tito Livio quale personaggio specialmente perfido anche come Cartaginese, un uomo siffatto inhumana crudelitas, perfidia plus quam punica, nihil veri, nihil sancti, nullus Deum metus, nullum ius iurandum, nulla religio (XXI, 4)
Invero, “Annibale si dimostrò in massima più umano e generoso de’ suoi avversari, e più, può dirsi, di quasi tutti i generali antichi di qualsiasi nazione” (G. De Sanctis , Storia dei Romani, vol III parte prima, p. 73.)
Bologna 21 novembre 2024 ore 19, 42
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