Due
uomini teoretici: Socrate e Faust. Dodds: cleverness
is not wisdom. Il grande dittatore di Chaplin: “More
than cleverness we need kindness and gentleness”. L’odiosa
sapienza (ejcqra; sofiva) denunciata
da Pindaro. La cultura è
potenziamento della natura (Nietzsche). T. S: Eliot. Cicerone. Lo studio deve
servire alla vita e all’attività .
La
vita stessa è fatta per la vita (Leopardi). Petronio. Marziale (hominem pagina nostra sapit). Il Galileo di Brecht: la scienza deve
alleviare le fatiche dell’esistenza umana. Ancora Nietzsche e gli “uomini
correnti” come la moneta. Thomas Mann: c’è un nesso tra la filologia e la
bellezza e la dignità razionale dell’uomo. I saperi fumosi del didattichese, e
i saperi umani di Teseo nell’ Edipo a
Colono e di Antigone nelle tragedie di Sofocle. Terenzio. I fratelli Karamazov di Dostoevskij. Oblomov di Gonĉarov e L’ospite inquietante di Galimberti: Lucifero era il più intelligente degli
angeli. Massimo Cacciari e la filologia non sedentaria, la filologia che
contra-dica l’ora. Nietzsche e le due filologie: una, quella delle talpe,
suscita scherno, l’altra, quella delle idee, provoca odio.
Questo
discorso metodologico, prossimo alla conclusione, può essere sintetizzato e
autorizzato con una bella espressione dello stesso Euripide: "to; sofo;n d j ouj
sofiva" (Baccanti , v. 395), il sapere non è sapienza. La sofiva è lo scopo di quella cultura che Nietzsche chiama
tragica: "la sua principale caratteristica consiste nell'elevare a meta
suprema, in luogo della scienza, la sapienza". La sapienza si tuffa nel
fiume della vita. Il sapere al contrario è il fine dell'uomo teoretico il quale
"non osa più affidarsi al terribile fiume
dell'esistenza: angosciosamente egli corre su e giù lungo la riva”
.
Uomini teoretici secondo Nietzsche sono Socrate e
Faust, il primo convinto, il secondo scontento “: A un vero Greco come dovrebbe
apparire incomprensibile Faust,
l’uomo di cultura moderno in sé comprensibile, che si precipita insoddisfatto
attraverso tutte le discipline, dedito alla magia e al diavolo per brama di
sapere, che ci basta mettere a confronto con Socrate per vedere come l’uomo
moderno cominci ad avere sentore dei limiti di quel piacere socratico per la
conoscenza, e come dal vasto e deserto mare del sapere aneli a una costa!” .
A Faust manca la Natura: “Dove afferrarti, infinita Natura? E voi
mammelle, dove?” (Notte, 455). Egli è l’uomo teoretico pentito e assetato di
vita.
Si rivolge anche alla luna: “Oh potessi, deterso dai
fumi del sapere, tuffarmi sano nella tua rugiada! (Notte, 595-596)
“Il punto di partenza non è più l’ignoranza, la selva
oscura; ma la sazietà e vacuità della scienza, l’insufficienza della
contemplazione, il bisogno della vita attiva. La sapiente Beatrice si trasforma
nell’ignorante e ingenua Margherita; e Faust non contempla ma opera: anzi il
suo male è stato appunto la contemplazione, lo studio della scienza, e il
rimedio che cerca è ribattezzarsi nelle fresche onde della vita”.
E.
Dodds indica un nesso tra questa sentenza del primo stasimo delle Baccanti e la transvalutazione
denunciata da Tucidide in III, 82 di cui
abbiamo detto sopra
:
“ ‘cleverness is not wisdom’,
‘the world’s Wise are not wise’ (Murray). Here again the Chorus take up a
thought expressed in the preceding scene: to; sofovn has
the same implication as in 203; it is the
false wisdom of men like Pentheus, who fronw'n oujde;n fronei' (332, cf. 266 ff., 311 ff.), in contrast with the
true wisdom of devout acceptance (179, 186)…for the paradoxical form cf. I A. 1139 oJ nou'~
o{d j aujto;~ nou'n e[cwn ouj tugcavnei, Or. 819 to; kalo;n ouj kalovn. Such paradoxes are the
characteristic product of an age when traditional valuations are rapidly shifting
in the way described in the famous passage of Thucydides on the
transvaluatation of values, 3, 82”,
‘l’ingegnosità non è sapienza’, ‘la Maniera del mondo, non è saggia’ (Murray). Qui di nuovo il Coro assume un pensiero
espresso nella scena precedente: il sapere ha la stessa implicazione che al v.
203; è la falsa sapienza di uomini come Penteo, il quale pur avendo la mente non ha la sapienza (332, cfr. 266
ss.
311 ss.),
in contrasto con la vera saggezza della pia accettazione (179, 186)…per
il modulo paradossale cfr. Ifigenia in
Aulide 1139 , Oreste 819. Tali
paradossi sono il prodotto caratteristico di un’età in cui le valutazioni
tradizionali stanno rapidamente cambiando nel modo descritto nel famoso passo
di Tucidide sulla transvalutazione dei valori, 3, 82.
Un’ idea del genere si trova nel discorso finale del film di Chaplin The
great dictator (1940): il barbiere, sosia di Hynkel-Hitler, scambiato
per il grande dittatore deve parlare alla folla con parole che legittimino e anzi esaltino la prepotenza
del tiranno, presentato come il futuro
imperatore del mondo dal ministro della propaganda Garlitsch-Goebbels. Ebbene
il piccolo grande uomo non rispetta la parte che gli hanno assegnato e dice di
non volere comandare su nessuno, ma aiutare tutti. Poi continua così: “Our knowledge has made us cynical, our
cleverness hard and unkind. We think to much and feel to little. More than
machinery we need humanity. More than cleverness we need kindness and gentleness”, la nostra conoscenza ci ha resi cinici, la nostra
intelligenza duri e scortesi. Noi pensiamo troppo e sentiamo troppo poco. Più
che di macchinari abbiamo bisogno di umanità. Più che di intelligenza abbiamo
bisogno di bontà gentilezza.
La sapienza non è di vedute basse e volgari: Pindaro nell’ Olimpica IX afferma che diffamare gli dei è odiosa sapienza
(tov ge loidorh'sai
qeouv"-ejcqra; sofiva, vv. 37-38), e che le montagne della sapienza, essendo scoscese (sofivai menv-aijpeinaiv, 107-108), contengono la forza della natura e
richiedono grandi energie per scalarle.
Vale la pena di riferire anche l'esegesi di T. Mann: "A questa tragica
saggezza, che benedice la vita in tutta la sua falsità, durezza e crudeltà,
Nietzsche ha dato il nome di Dioniso".
La sapienza dei Greci insegna a vivere
con coraggio, spinge il giovane a diventare quello che è. “I greci impararono a
organizzare il caos, concentrandosi,
secondo l’insegnamento delfico, su se stessi, vale a dire sui loro bisogni
veri, e lasciando estinguere i bisogni apparenti”.
Questi oggi sono indotti dalla pubblicità.
Il ragazzo con il nostro aiuto può capire che la
cultura deve essere "qualcos'altro che decorazione
della vita, cioè in fondo unicamente dissimulazione e velame, poiché ogni
ornamento nasconde la cosa ornata. Così gli si svelerà il concetto greco della
cultura (…) il concetto della cultura come una nuova e migliore physis, senza interno ed esterno, senza
dissimulazione e convenzione, della cultura come unanimità fra vivere, pensare,
apparire e volere.
“Voglio, una volta per tutte, non sapere molto.- La saggezza pone dei limiti anche alla
conoscenza”.
“T. S. Eliot affermava: “Qual è la conoscenza che noi
perdiamo nell’informazione e qual è la sapienza (wisdom) che perdiamo nella conoscenza?. Si tratta, nell’educazione,
di trasformare le informazioni in conoscenza, di trasformare la conoscenza in
sapienza…”.
Si ricordi il già citato: “After such Knowledge, what forgiveness? ”,
dopo una tale conoscenza, cos’è mai il perdono?
Già Cicerone
nel De officiis
mette in rilievo il fatto che la conoscenza
(cognitio) sarebbe
manchevole in un certo modo e incompiuta (manca…atque inchoata)
se non ne seguisse alcuna attività pratica:"si nulla actio rerum
consequatur (I, 153).
Tale attività deve vedersi nella tutela dei vantaggi
dell'uomo, e, siccome riguarda la società del genere umano, tale actio
va anteposta alla conoscenza priva di azione :" haec cognitioni
anteponenda est" I, 153.
Se alla conoscenza non fosse connessa la virtus, che contribuisce alla tutela degli uomini, tale cognitio risulterebbe solivaga et ieiuna (I,
157), isolata e arida. Quindi ogni officium che mira ad societatem
tuendam, a difendere la società umana, deve essere anteposto ai compiti che
si limitano alla conoscenza teorica (De officiis, I, 158).
Lo studio va fatto per la vita e per l’attività poiché
la vita stessa è fatta per la vita e per l’attività: “La vita è fatta
naturalmente per la vita, e non per la morte. Vale a dire è fatta per
l’attività, e per tutto quello che v’ha di più vitale nelle funzioni dei
viventi (5 Maggio 1822)”.
Anche il classicismo e il realismo di Petronio, attraverso lo scholasticus
Encolpio, denunciano la separazione della scuola dalla vita:"et ideo
ego adulescentulos existimo in scholis stultissimos fieri, quia nihil ex his,
quae in usu habemus aut audiunt aut vident, " (Satyricon, 1,
3), e perciò io penso che i ragazzi nelle scuole diventino stupidissimi, poiché
niente ascoltano o vedono di quello che è utile nella vita.
Petronio,
epicureo, atticista e classicista, dichiara che la vita contiene situazioni più interessanti di tutte
le scuole di retorica.
E' la critica della scissione tra letteratura e vita
che si ritrova in Marziale:"Non hic
Centauros, non Gorgonas Harpyasque/invenies: hominem pagina nostra sapit "(X,
4, 9-10), non qui troverai Centauri, Gorgoni e Arpie: la nostra pagina sa di
uomo.
Insomma ogni conoscenza, compresa quella delle lingue
classiche, deve servire al progresso dell'uomo.
Il Galileo di Brecht
nell'ultima scena del dramma
afferma il dovere morale di rendere il sapere funzionale al bene
dell'umanità:"Che scopo si prefigge il nostro lavoro? Non credo che la scienza possa proporsi altro scopo che quello di
alleviare le fatiche dell'esistenza umana. Se gli uomini di scienza non
reagiscono all'intimidazione dei potenti egoisti e si limitano ad accumulare
sapere per sapere, la scienza può rimanere fiaccata per sempre, ed ogni nuova
macchina non sarà fonte che di nuovi triboli per l'uomo".
L'egoismo degli
affaristi invece vuole una scienza e una scuola che portino al profitto
monetario. Secondo questa gente "l'educazione sarebbe definita come
l'esatta cognizione per cui si diventa completamente attuali, nei bisogni e
nella loro soddisfazione, per cui però, in pari tempo, si dispone, nel modo
migliore, di tutti i mezzi e le vie per guadagnare il più facilmente possibile
del denaro. Formare il maggior numero possibile di uomini correnti- a quel modo
per cui si dice corrente di una moneta- questo dunque sarebbe il fine; e un
popolo, secondo questa concezione, sarà tanto più felice quanti più uomini
correnti del genere possederà…Qui si odia ogni educazione che renda isolati,
che ponga dei fini al di là del denaro e del guadagno…Secondo la moralità che
qui è valida, si apprezza…una istruzione rapida per diventare presto un essere
che guadagna denaro e una istruzione approfondita quanto basta per diventare un
essere che guadagna moltissimo denaro".
Non deve esserci conflitto tra il sapere scientifico e
la sapienza umanistica.
Gli insegnanti di lettere antiche devono essere
maestri di umanità, e di quell’ umanesimo del quale non possono fare a meno gli
scienziati.
E' quello che Thomas Mann fa dire a Serenus Zeitblom
nel Doctor Faustus: "non posso
far a meno di contemplare il nesso intimo e quasi misterioso fra lo studio
della filologia antica e un senso vivamente amoroso della bellezza e della
dignità razionale dell'uomo (...) dalla cattedra ho spiegato molte volte agli scolari del mio liceo come la civiltà
consista veramente nell'inserire
con devozione, con spirito ordinatore e, vorrei dire, con intento propiziatore,
i mostri della notte nel culto degli dei".
E’ il caos che si fa cosmo.
Ai saperi fumosi contrappongo altro
sapere. Quello che il vecchio Sofocle attribuisce a Teseo nell'Edipo a Colono : "e[xoid j ajnh;r w[n"(v.567), so bene di essere un
uomo. E' la coscienza della propria umanità senza la quale ogni atto violento è
possibile.
Il sapere di essere uomo che cosa comporta?
Significa incontrare una creatura mezza distrutta come è Edipo
cieco, esule e mendico, provarne pietà,
incoraggiarla ponendo domande, chiedendo di che cosa abbia bisogno: “kaiv s j oijktivsa"-qevlw jperevsqai,
duvsmor j Oijdivpou, tivna-povlew" ejpevsth" prostroph;n ejmou'
t j e[cwn,-aujtov" te chj sh;
duvsmoro" parastavti"",
(vv. 556-559), e sentendo compassione, voglio domandarti, infelice Edipo, con
quale preghiera per la città e per me ti sei fermato qui, tu e l’infelice che
ti aiuta. Quindi significa ascoltare, mettersi nei panni del supplice e
comprendere con simpatia poiché siamo tutti effimeri, sottoposti al dolore e
destinati alla morte.
"
Fammi sapere-continua l’umano re di Atene- infatti dovresti raccontarmi
misfatti atroci perché mi sottraessi; poiché so che anche io sono stato
allevato da straniero, come te, e in terra straniera ho affrontato più di ogni
altro uomo lotte rischiose per la mia vita, sicché non rifuggirei dal salvare
nessuno straniero, come ora sei tu, in quanto so di essere uomo (e[xoid j ajnh;r w[n, v. 567) e so che del domani nessun attimo appartiene più a me che a
te"(vv.560-568). Queste parole potrebbero essere utili alla rieducazione
dei razzisti nostrani.
E'
una dichiarazione di quella filanqrwpiva che si diffonderà
in età ellenistica e partorirà l'humanitas latina.
Una
simile dichiarazione di umanesimo, quale interesse per l'uomo e di Terenzio:" :"Homo
sum: humani nil a me alienum puto ".disponibilità
ad ascoltarlo, leggiamo nel più famoso verso
Comprendere comporta un processo di
identificazione, lo abbiamo detto anche riferendo l’umorismo di Pirandello e la
terapia del rovesciamento di Bettini.
Ascoltare è parte essenziale di questo umanesimo, ascoltare e farsi
ascoltare:"Se avrai davanti a te gente cattiva che non vorrà ascoltarti,
prosternati davanti ad essa e chiedile perdono, poiché, in verità, anche tu sei
colpevole se non vogliono ascoltarti. E se non puoi farti ascoltare dagli
uomini ostili, taci e servili con umiltà, senza mai perdere la speranza".
Anche
Oblomov di Gonĉarov nega valore all'intelligenza che non comprende
l'umanità:"Voi credete che il pensiero possa fare a meno del cuore. No, il
pensiero è reso fecondo dall'amore. Tendete la mano all'uomo caduto per
sollevarlo, o piangete lacrime amare su di lui, se egli è finito, ma non lo
schernite. Amatelo, riconoscete voi stesso in lui e trattatelo nel modo in cui
trattereste voi stessi".
“Ma
oggi chi si prende cura del cuore? Del cuore in senso forte, così come Pascal
lo descrive quando parla di esprit de
finesse da armonizzare con l’ esprit
de géometrie ,
quindi con la nostra intelligenza che, senza cuore, non diventa solo lucida e
fredda, ma origine prima del male, quel male assoluto che il Genesi descrive
quando, nel tratteggiare la figura di Lucifero, ne parla come del “più
intelligente degli angeli””.
Un altro sapere che
raccomando, poiché fonda la coscienza di
una identità non gregaria, è quello di Antigone
nella tragedia di Sofocle. Quando
Ismene le fa notare : "tu hai il cuore caldo per dei cadaveri gelati"
(v. 88), ella risponde : " ajll j oi\d j
ajrevskous j oi|" mavlisq j aJdei'n
me crhv" (Antigone, v. 89),
ma so di essere gradita a quelli cui soprattutto bisogna che io piaccia".
Sulla filologia non fasulla, non sedentaria, non priva
di amore, sentiamo una riflessione di Massimo
Cacciari: "Sia chiaro: sedentaria filologia…non è filologia. Filologia è amore per il logos, per
l'inesauribile energia della parola vivente, dei ritmi che assume,
delle voci che la incarnano. Una ricerca interminabile del logos,
così come la filo-sofia lo è della sapienza. Filologia e filosofia sono
assolutamente inseparabili - ed è per questo che vanno insieme nella condanna
che l'ora ha pronunciato nei loro confronti…Filologia è rigorosa disciplina. Perché un testo ci parli, anzi: contra-dica
l'ora, occorre saperlo intendere oltre la sua lettera, ma dopo averla per
intero attraversata!…L'insegnamento dei classici dovrebbe indurci a un
'salutare macro-terrore per la lingua' (Nietzsche) ".
Nietzsche prende in considerazione due tipi di filologie e due
tipi di avversari della filologia: “Ovunque si incontrano schernitori sempre
pronti a dare una stoccata alle “talpe” filologiche, a quella genia che inghiotte polvere ex professo, e che, se anche una zolla è
stata scalzata già dieci volte, la scalza e la smuove per l’undicesima. Ma per
questo tipo di avversari la filologia è un passatempo certo inutile ma innocuo
e non dannoso, un oggetto di scherzo e non di odio. Un odio rabbioso e sfrenato
contro la filologia alberga invece ovunque l’ideale viene temuto in quanto
tale, ovunque l’uomo moderno si inginocchia in felice adorazione di sé e la
grecità viene considerata come superata e perciò del tutto indifferente. Di
fronte a questi nemici, noi filologi dobbiamo sempre contare sul sostegno degli
artisti e delle nature artistiche, perché solo loro possono capire che sul capo
di chiunque perda di vista l’indicibile semplicità e la nobile dignità dei
Greci pende la spada della barbarie, e che nessun progresso della tecnica e
dell’industria, per splendido che sia, nessun regolamento scolastico, per
aggiornato che sia, nessuna formazione politica della massa, per diffusa che
sia, possono proteggerci dalla maledizione di un cattivo gusto ridicolo e
scitico e dall’annientamento per opera della bella e terribile testa di Gorgone
del classico ”.
Bologna 31icembre 2024 ore 17, 01 giovanni ghiselli
p. s.
Statistiche del blog
empre1656901
Oggi145
Ieri218
Questo mese10151
Il mese scorso11873
Le tradizione ricevute dai padri, quelle che possediamo/
coeve
con il tempo, nessun ragionamento le abbatterà,/
neppure se per opera di menti appuntite viene trovato
il sapere (oujd j
eij di j a[krwn to; sofo;n hu{rhtai frenw'n)
(Baccanti, vv. 201-203), parla
Tiresia (ndr)
Quando un uomo saggio abbia preso buoni spunti/per le
sue parole, non è grande impresa il parlare bene;/tu hai sì una lingua sciolta,
come se avessi senno,/
ma
nei tuoi discorsi non c'è senno (Baccanti,
266-269). Ndr
Via Penteo, da' retta a me:/non presumere che il
potere abbia potenza sugli uomini,/e non credere, se tu hai un'opinione, ed è
un'opinione malata,/di avere una qualche sapienza; invece accogli il dio nella
nostra terra/e fai libagioni e baccheggia e incoronati la testa. (Baccanti, 309-313) Ndr.
O Carissimo,
poiché ho inteso udendo la tua voce/saggia da un uomo saggio, stando
nella reggia/eccomi pronto con questo costume del dio;/bisogna infatti che
quello essendo figlio della figlia mia/(Dioniso che si rivelò dio agli
uomini)/per quanto ci è possibile sia esaltato come grande./Dove bisogna
danzare, dove fermare il piede,/e scuotere la testa canuta? Fai da guida tu
vecchio/a me vecchio, Tiresia: tu infatti sei saggio./Poiché non potrei
stancarmi né di notte né di giorno/di battere la terra con il tirso: ci siamo
dimenticati volentieri/di essere vecchi (Baccanti,
178-190). E’ Tiresia che parla a Cadmo.
Ndr.