Quando Tiridate di Armenia si sottomette, nel 66, la folla proclama Nerone imperator, corrispondente ad aujtokravtwr. Anche le monete portano questi titoli.
Nessuno dopo Augusto era stato imperator. E' una rivendicazione dell'autorità di Augusto.
Dopo le vittorie conseguite in Spagna Cornelio Scipione non accettò il titolo di re per non insospettire il senato, ma si lasciò nominare imperator (Livio, 27, 19). Regium nomen, alibi magnum, Romae intolerabile esse. Regalem animum in se esse…tacite iudicarent (27, 19).
Il matricidio 59 d. C.
A Nerone piaceva la Grecia ma non andò mai ad Atene e a Sparta: a Sparta per le leggi di Licurgo, ad Atene dia; to;n peri; tw'n jErinuvwn lovgon (C. D. 63, 14), per via della storia delle Erinni.
Nelle Eumenidi di Eschilo le Erinni si incitano a vicenda: "liquido sangue materno versato a terra, oh, non si raccatta: il liquido versato al suolo è perduto. Ma bisogna che tu in cambio mi dia che da te vivo possa ingozzare denso liquido rosso dalle membra"vv. 261-265).
Il matricidaeEvitò anche Eleusi poiché i criminali non potevano essere iniziati ai misteri eleusini. per giunta Atene e Sparta erano state nemiche dell'assolutismo. Le leggi di Licurgo erano ammirate dall'aristocrazia romana. Inoltre la Grecia classica odiava Alessandro.
Nerone preferisce Corinto e la Grecia ellenistica. Corinto è un grande centro commerciale, un mosaico etnico. A Corinto c'erano molti orientali i cui antenati avevano venerato Alessandro.
Seneca nel De beneficiis racconta che i Corinzi offrirono a Nerone la cittadinanza con queste parole: "nulli civitatem umquam dedimus alii quam tibi et Herculi" (I, 13, 1). Nerone dunque, dopo avere partecipato ai giochi olimpici a Olimpia e pitici a Delfi, si recherà e si fermerà a Corinto.
La visione orrenda delle Erinni spunta davanti agli occhi di Oreste , quando l'assassino della madre le vede quali donne "simili a Gorgoni/dalle nere tuniche e intrecciate/di fitti draghi"( Coefore vv.1048-1050). Tali mostri sono"le rabide cagne della madre"(v1054) che appaiono soltanto al matricida:" uJmei'~ me;n oujc oJra'te tavsd j, ejgw; d ‘ oJrw'”, voi non le vedete queste, ma io le vedo"(1061).
Le Furie lo incalzano: “ejlauvnomai de; koujkevt j a]n meivnaim j ejgwv” (v. 1062), sono sospinto e non posso più restare io.
T. S. Eliot pone questi versi quale epigrafe di Sweeny agonista (1930), :" You don’t see them, you don’t-But I see them: they are hunting me down, I must move on”.
Nel dramma La Riunione di famiglia (1939) Eliot mostra come tali visioni siano un privilegio.
Secondo l'autore di The waste land bisogna seguire le Erinni come segni mandati da un altro mondo, non cercare invano di evitarle con un'impossibile fuga in quella "deriva infinita di forme urlanti in un deserto circolare" che è la storia umana. Quelli che vedono le Erinni insomma, sono monocoli in una terra di ciechi.
Non sempre del resto c’è redenzione dopo un delitto del genere: Nerone, dopo avere ammazzato Agrippina (59 d. C.) sebbene rassicurato dalle congratulazioni dei soldati, del Senato e del popolo: “neque tamen conscientiam sceleris…aut statim aut umquam ferre potuit, saepe confessus exagitari se maternā specie verberibusque Furiarum ac taedis ardentibus” (Svetonio, Neronis vita, 34), tuttavia non poté subito né poi sopportare il rimorso del delitto, e spesso confessò di essere tormentato dalla visione della madre e dalle fruste e dalle fiaccole ardenti delle Furie.
Nerone però sopportava che gli rinfacciassero il matricidio.
Molte invettive scritte vennero affisse con la menzione irrisoria di questo delitto, in greco
Nevrwn jOrevsth~ jAlkmevwn[1] mhtroktovnoi.
Neovnumfon Nevrwn ijdivan mhtevra ajpevkteine (Svetonio, Vita, 39),
Nerone, Oreste, Alcmeone matricidi,
Nerone uccise la propria madre, nuova sposa.
Matricida e incestuoso.
Sentiamone un epigramma in latino
Quis neget Aeneae magna de stirpe Neronem?
Sustulit hic matrem, sustulit ille patrem. Nel doppio senso di tollere : prendere su di sé e togliere di mezzo.
Nerone era tollerante nei confronti di tali invettive.
Forse perché, come afferma Proust, il matricidio è un delitto di dignità mitologica: “ Proust ricordava che nessun altare fu considerato dagli antichi più sacro, circondato da più profonda venerazione e superstizione quanto le tombe di Edipo a Colono e di Oreste a Sparta”[2].
E’ interessante il rapporto con i genitori dei tre personaggi del mio corso: Alessandro matrizzava e probabilmente contribuì all’assassinio del padre Filippo dopo essere stato aizzato da Olimpiade la furente menade epirota,
Annibale invece cercò di esaudire per tutta la vita le richieste del padre Amilcare; Nerone non conobbe il padre Domizio Enobarbo morto nel 40, e con la madre Agrippina assatanata dalla brama di potere, ebbe un rapporto di amore e odio forse fino all’incesto, sicuramente fino al matricidio.
A Roma, come in Grecia, “gli spettatori si aspettavano di trovare allusioni all’attualità nelle rappresentazioni, e gli attori si aspettavano che le loro frecciate e i loro gesti venissero còlti, interpretati, apprezzati…Nerone portava una maschera con le poprie fattezze. Nessuno poteva avere più dubbi: Nerone era Oreste, il matricida, Oreste era Nerone; Nerone era Edipo, l’uomo che aveva ucciso suo padre e sposato sua madre…Per Nerone la chiave del mito di Oreste non era che egli fosse un matricida, ma un matricida giustificato…Oreste aveva ucciso la madre non solo perché la morte di suo padre e il comando di Apollo chiedevano vendetta, ma perché Clitennestra lo aveva privato della sua eredità e il popolo di Micene soffriva sotto la tirannia di una donna” Champlin, p. 124 ss.
Oreste nelle Coefore dice che molte spinte convergono a un unico fine: gli ordini del dio, la pena del padre, la mancanza di beni, e che i cittadini distruttori di Troia si trovino così soggetti a due donne: infatti Egisto da femmina ha il cuore-qhvleia ga;r frhvn (299-305).
“Un’abile recitazione poteva addirittura trcciare un parallelo tra Agrippina che aveva indicato il suo grembo al sicario, e Clitennestra che si denuda il seno che aveva nutrito Oreste: il bene comune aveva vinto sulla pietà filiale” (Champlin, 127)
Il denudamento del seno viene attribuito da Eschilo al personaggio di Clitennestra che mostra il petto a Oreste per indurlo a compassione:" ejpivsce", w\ pai', tovnde d j ai[desai, tevknon,-mastovn"(Coefore , vv. 896-897), fermati, figlio, abbi rispetto di questo seno, creatura.
Nerone recitò anche la parte di un altro matricida: Alcmeone che aveva ucciso Erifile, la quale, per avere la collana di Armonia, aveva mandato a morire Anfiarao nella guerra dei Sette contro Tebe.
Dunque fu Nerone stesso, ancora più dei suoi nemici, a mitologizzare l’assassinio di sua madre.
Sentiamo Shakespeare sum matricidio.
Amleto menziona Nerone come esempio da evitare: “O heart, lose not thy nature; let not ever/the soul of Nero enter this firm bosom;/ let me be cruel, not innatural:/I will speak daggers to her, but use none” (III, 2), o cuore, non perdere la tua natura; non lasciare che l’anima di Nerone entri mai in questo petto risoluto; lascia che io sia crudele, ma non snaturato: le mie parole saranno dirette a lei come pugnali, ma ne userò nessuno
Bologna 3 dicembre 2024 ore 10, 22 giovanni ghiselli
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