Nel 64 i congiurati di Pisone erano già all’opera. I pretoriani, che secondo Cassio Dione alimentavano il fuoco, invero potevano essere stati mandati dal co-prefetto del pretorio Fenio Rufo “il quale nel 65 risultò uno dei principali protagonisti della congiura pisoniana” (p. 173).
Massimo Fini tende a dare la colpa dell’incendio a dei Cristiani estremisti e fanatici. Oppure “l’incendio fu casuale, ma gli ultrà cristiani fecero del loro meglio per alimentarlo e per impedire che fosse spento” ( Massimo Fini, Nerone, duemila anni di calunnie, Mondadori, 1993 p. 176).
I Cristiani vedevano in Roma la novella Sodoma.
Paolo “scrive una lunga Epistola ai Romani in cui raccomanda ai cristiani dell’Urbe di obbedire alla somma autorità, perché l’autorità mondana viene da Dio e quindi “chi si oppone all’autorità resiste all’ordine di Dio” (Epistola ai Romani, 13, 1-2). Ma la suprema autorità era Nerone, dunque non poteva essere il mostro descritto da Svetonio (M. Fini, Op.cit. p. 184).
Cassio Dione racconta che Nerone volle da vivo mandare in rovina il regno e la città (th;n te povlin o{lhn kai; th;n basileivan zw'n ajnalw'sai, ajnalivskomai significa “sperpero”); egli Privamon…qaumastw'~ ejmakavrizen (62, 16), considerava straordinariamente felice Priamo, poiché aveva visto il suo regno e la sua patria abbattuti contemporaneamente.
Comunque nacque una nova urbs al posto della vetus urbs.
Cfr. Tacito Annales XV, 43. Non ci fu una ricostruzione, ut post Gallica incendia, nulla distinctione nec passim erecta, senza intervalli e senza ordine, sed dimensis vicorum ordinibus, ma Roma fu rifatta dopo aver misurato la disposizione dei quartieri e lasciati ampi spazi per le vie, cohibitāque aedificiorum altitudine, e fissata l’altezza degli edifici, additisque porticibus quae frontem insularum protegerent, e aggiunti dei portici che proteggessero la facciata degli isolati. Un merito di Nerone, non un demerito.
Tuttavia videbaturque Nero condendae urbis novae et cognomento suo appellandae gloriam quaerere (Annales. XV, 40) sembrava che Nerone cercasse la gloria di fondare una città nuova e di chiamarla con il suo nome
Nerone voleva essere, come Camillo, un Romulus alter.
Voleva essere il nuovo Romolo e il nuovo Camillo.
Come nuovo Romolo, se non altro, aveva ammazzato il fratello adottivo Britannico.
L’assassinio di Remo è ricordato come inespiabile da Orazio nell’Epodo VII, del 38 a. C: “ acerba fata Romanos agunt/scelusque fraternae necis,/ ut inmerentis fluxit in terram Remi/sacer nepotibus cruor” (vv. 17-20), amari destini travolgono i Romani e il delitto della strage fraterna, in quanto cadde nella terra il sangue di Remo innocente, maledetto per i nipoti.
Potremmo comunque osservare che la Domus Aurea contraddiceva la sobrietà degli antichi fondatori: era la residenza privata di un megalomane e non sorgeva come la Neuschwanstein di Ludwig II su un picco isolato bensì nel cuore di Roma.
Cassio Dione è colpevolista. Dice che Nerone mandò ad appiccare il fuoco in più punti creando una confusione fuori dal normale dappertutto (qorubov~ te ou\n ejxaivsio~- ai\sa norma). C’era un continuo gridare e urlare (kraugh; kai; ojlolughv) di bambini, donne e uomini vecchi, e per il fumo e il chiasso non si poteva vedere nulla.
C’erano poi gli sciacalli. Molti soldati impedivano i furti, però alimentavano il fuoco, già nutrito dal vento.
Nerone salì e[~ te to; a[kron tou' Palativou sulla cima del palazzo imperiale da dove poteva vedere molte zone, si vestì da citaredo e h\/sen a{lwsin jIlivou (62, 18) cantò la presa di Ilio, come diceva lui, ma era chiaro che si trattava di quella di Roma.
Non c’era maledizione che il popolo non scagliasse contro Nerone.
La gente cantavano un esametro dicendo che proveniva dalla Sibilla: “
e[scato~ Aijneadw'n mhtroktovno~ hJgemoneuvsei (62, 18),
l’ultimo degli Eneadi che regnerà sarà un matricida.
Quindi Nerone cominciò a raccogliere denaro spogliando i cittadini.
Bologna 8 dicembre 2024 ore 18, 53 giovanni ghiselli
Nessun commento:
Posta un commento