Dopo Canne i cittadini di Petelia-Pethliva- , nel Bruzio-Calabria,- resistettero eroicamente ad Annibale e alla fame, arrivando a cibarsi di cortecce e di rami di alberi. Si arresero dopo 11 mesi di assedio.
l’ultimo frammento del Satyricon ricorda tre esempi di cannibalismo nella storia, episodi ricordati forse per persuadere Gorgia, l'heredipĕta il cacciatore di eredità esitante a trangugiare la carne del cadavere di Eumolpo secondo la volontà testamentaria del vecchio poeta libidinoso e mistificatore :"quod si exemplis quoque vis probari consilium, Saguntini obsessi ab Hannibale humanas edēre carnes nec hereditatem expectabant. Petelini idem fecerunt in ultima fame, nec quicquam aliud in hac epulatione captabant nisi tantum ut esurirent. cum esset Numantia a Scipione capta, inventae sunt matres quae liberorum suorum tenerent semēsa in sinu corpora" (141, 9-11), che se tu vuoi che il mio progetto sia avvalorato da esempi, ti ricordo che i Saguntini assediati da Annibale (219) mangiavano carne umana e nemmeno si aspettavano un'eredità. Lo stesso fecero i Petelini (216) ridotti alla fame estrema, e in questo banchetto non andavano a caccia di altro che di non morire di fame. Quando Numanzia (133) fu presa da Scipione , si trovarono madri che tenevano in seno corpi mezzi rosicchiati dei propri figlioli.
Quell'esempio tripartito è il degno finale di un libro che racconta dal principio alla fine vicende strane fino alla mostruosità.
Suggerisco di leggere questo romanzo che “dipinge in una lingua da orafo i vizi d'una civiltà decrepita, "[1] e presenta curiose analogie con lo sfacelo dell’epoca nostra.
Chi non volesse o non potesse leggere il capolavoro di Petronio può vedere il film che ne ha tratto Federico Fellini pure lui dedito allo strano e al mostruoso per volontà di stupire.
Fellini viene ancora celebrato spesso, pure troppo. Ricordo un pezzo di Roberto Chiesi del 19 dicembre 2019, presente nelle pagine 32 e 33 del quotidiano “la Repubblica”. L’articolo è intitolato “Le notti di Fellini e Pasolini”. Non mancano le critiche reiproche tra i due. Pasolini ebbe a definire il collega di maggiore stazza e successo “un elegante vescovone” e un “grande mistificatore”. E ancora: “Fellini che di per sé è un piccolo caso della piccola Italia, diviene un grande fatto d’arte per la dilatazione che lo rende enorme”.
Fellini a sua volta descrisse il corpo di Pasolini con queste parole: “teso e polveroso da gallo di combattimento e dalla curiosa andatura elastica, come se le sue corte gambe avessero delle molle”. Il volto era “da proletario”.
Dopo avere letto queste parole mi domandai perché i due registi abbiano avuto sorti di fama e di ventura talmente diverse.
Entrambi ci hanno mostrato strati della società essendone i cantori e pure complici. Fellini è aedo e complice di gente corrotta ma facoltosa, mentre la simpatia e solidarietà di Pasolini va a gente pure corrotta però povera, emarginata, disperata. Ecco il motivo più vero delle diverse e squilibrate valutazioni.
A parer mio il più grande regista di quel periodo è stato di gran lunga Luchino Visconti. Anche lui sottovalutato sebbene si occupasse con grande competenza, da esteta qual era, di aristocratici oltre che di proletari. Penso a Rocco e i suoi fratelli, a Il gattopardo e a Ludwig. Film di qualità superiore tanto a quelli di Fellini quanto a quelli di Pasolini che ha dato il suo meglio scrivendo di costume e di politica, da figlio riottosissimo cui male ne incolse.
Visconti era di famiglia colta, nobile, antica ed era, coerentemente, anche comunista. Ecco perché non è abbastanza ricordato. Come, passando a un attore, Gian Maria Volonté un interprete eccellente, non inferiore al pur bravo Mastroianni ma, anche lui poco celebrato perché, appunto, comunista a sua volta. Chi oggi sostiene che il comunismo è stato un male peggiore del nazismo e quanti –quasi tutti- giurano, o spergiurano, di non essere mai stati comunisti offendono tali artisti e milioni di italiani che per decenni haano votato comunista.
Bologna primo dicembre 2024 ore 10, 59
Siamo vicini al solstizio d’inverno- ceimerinai; tropaiv- che sarebbe più razionale chiamare solstizio di primavera poiché il la svolta –trophv- del sole, chiamata invernale, invero si volge verso la primavera.
Infatti il 25 dicembre è il dies natalis Solis invicti.
p. s.
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