giovedì 30 luglio 2020

Apuleio e Plutarco sulle vesti di lino


Nell’ultimo libro del romanzo di Apuleio, Lucio ancora in forma di asino una notte si sveglia, vede la luna, immagine di Iside, e la prega, attribuendole molti nomi. Chiede di deporre diram faciem quadripedis e di renderlo a se stesso redde me meo Lucio (Metamorfosi, 11, 2), rendimi al Lucio che sono.
La dea è come la madre invocata da Prometeo: "Qevmi" kai; Gai'a, pollw'n ojnomavtwn morfh; miva


" (Eschilo, Prometeo incatenato,  vv. 209-210), Temide e Terra, una sola forma di molti nomi.
Quella invocata da Lucio può essere chiamata Cerere, Venere Celeste, Diana, Proserpina. Cerere, Venere e Diana sono i tre aspetti luminosi della dea cosmica; Proserpina, nocturnis ululatibus horrenda, è l’aspetto oscuro.
Quindi Nel sonno a Lucio  appare una divina figura, una dea con foltissimi, lunghi capelli, con una veste di lino sottile, dal colore cangiante, ora candida, ora gialla come fiore di croco, ora rossa. Era coperta da una sopraveste di un nero splendente.

Il lino
In De Iside et Osiride Plutarco spiega che il lino spunta dal seno della terra immortale e produce una veste semplice e pura parevcei kaqara;n ejsqh`ta che non pesa, offre riparo dal calore, è adatta ad ogni stagione e non genera insetti 352F.

Nel De Magīa Apuleio scrive che la lana è escrescenza di un pigrissimo corpo segnissimi corporis excrementum (56). Già Orfeo e Pitagora la riservavano alle vesti dei profani. Invece mundissima lini seges, la purissima pianta del lino, tra i migliori frutti della terra, copre i santi sacerdoti d’Egitto e gli oggetti sacri.
Erodoto scrive che gli Egiziani considerano empio entrare nei santuari e farsi seppellire vestiti di lana (II, 81).

A me sembra empio che mi si costringa a mettere un golf di lana quando passo dai 30 gradi dell’aria naturale ai 15 o 16 di quella gelida e piena di germi rigettata continuamente dai condizionatori.

giovanni ghiselli

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