mercoledì 22 luglio 2020

Un bel libro di Ivano Dionigi II, "Parole che allungano la vita". 2

Ivano Dionigi

Un altro spunto ricavato dal libro di Dionigi per la mia conferenza di oggi

Un altro aspetto del libro di Ivano Dionigi che tocca e fa vibrare le mie corde è la sua devozione nei confronti della parola e la competenza che rivela nello spiegarle. Cito un paio di frasi della Premessa a Parole che allungano la vita per poi commentarle: “E’ fin troppo evidente che noi parliamo male; e l’incuria delle parole è una delle cause principali della volgarità dei nostri giorni. Non sono più parole, ma vocaboli, verba obvia, quelli che troviamo sulla “via”, che tutti usano e calpestano: parole anonime, inanimate, cadaveriche” Contrappongo a queste parole svigorite e ai loro nessi altrettanto ovvi il suggerimento che dà Frontone (100-166) di impiegare verba significantia piene di significato, ossia insperata atque inopinata, le parole “insperate” e “impensate” che contraddicono l’opinione di chi ci ascolta o ci legge (4, 3, 3, praeter spem atque opinionem audientium aut legentium). Per giungere a tale capacità sono necessarie disciplina e fatica. Orazio nell’Ars poetica prescrive: “vos exemplaria Graeca/nocturna versate manu, versate diurna” (vv. 268-269), voi leggete e rileggete i modelli greci, di notte e di giorno. Nell’Ars poetica (vv. 47-48) il poeta di Venosa suggerisce la callida iunctura l’accostamento accorto che rinnoverà le parole. Tale rinnovamento oltretutto può suscitare quello stupore dal quale secondo Aristotele nasce la filosofia: "dia; ga;r to; qaumavzein oiJ a[nqrwpoi kai; nu'n kai; to; prw'ton h[rxanto filosofei'n". Dallo qaumavzein non nasce solo la filosofia ma anche la poesia e tutta la cultura. Il filovsofo~ infatti è anche filovmuqo~ poiché il mito è composto da elementi che suscitano meraviglia oJ ga;r mu'qo~ suvgkeitai ejk qaumasivwn (Metafisica, 982b). Allora, tornando a Dostoevkij sul quale andrò a parlare tra poco, nei suoi romanzi l’inopinatum ha la funzione di cavare le maschere e i camuffamenti non solo alle persone ma anche alle cose. Un suggerimento che si trova pure in una delle Lettere di Seneca: non hominibus tantum sed rebus persona demenda est et reddenda facies sua (Ep. 24, 13). Ora esco e vado a parlare, spero in maniera non ovvia.

giovanni ghiselli

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