venerdì 3 luglio 2020

Consigli per l'esame di maturità. Parte 39. Polisemia degli animali Seconda parte

Rondine Nera
Illustrazione Del Fumetto Rondine Dell'inchiostro

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Polisemia degli animali Seconda parte

Argomenti
La rondine nera che annuncia la morte e quella che invece svolazza amichevolmente sul capo dell’uomo (Bettini). Il corvo nerissimo del resto entra in una similitudine con l’uomo che porta bene l’età (Satyricon). Gli uccelli non cantano quando stanno male (Platone, Fedone). Il cane e la cagna, simboli tanto di fedeltà quanto di sfacciataggine e dissolutezza. La cagna può essere una nutrice sostitutiva della madre o pure indicare una prostituta della nostra specie. Romolo e Ciro. La Sfinge: figura ibrida. Il classico secondo alcuni iconizza un sistema di valori, secondo altri, quorum ego, presenta ogni persona e cosa in modo problematico.

Maurizio Bettini dedica un capitolo (il IV "Turno e la rondine nera") del suo Le orecchie di Hermes alla rondine come uccello dal doppio significato. A una nigra hirundo viene paragonata Giuturna mentre si sposta tra i nemici alla guida del carro e trascina il fratello Turno verso la morte cui è già consacrato:"Nigra velut magnas domini cum divitis aedes - pervolat et pennis alta atria lustrat hirundo - pabula parva legens nidisque loquacibus escam, - et nunc porticibus vacuis, nunc umida circum - stagna sonat: similis medios Iuturna per hostis - fertur" (Eneide, 12, 473 sgg.), come quando nera una rondine vola attraverso la grande casa di un uomo ricco e con le ali percorre gli alti atri raccogliendo piccoli alimenti e il cibo per il garrulo nido, e garrisce ora per i portici vuoti, ora intorno agli umidi stagni: similmente Giuturna si muove in mezzo ai nemici.
 Questa similitudine risulta "molto virgiliana (…) per una certa atmosfera sottilmente inquieta, ambigua, che la pervade tutta. La rondine è creatura lieta, si dice, porta la primavera e ama le case degli uomini[1]. Eppure, questo suo correre di rondine nigra attraverso l'edificio (aedes) e gli alta atria, il grido che risuona dalle vacuae porticus, suscitano in chi legge un imprecisabile senso di angoscia (…) quel nigra, trascurando il dato ornitologico, ha soprattutto la funzione di preannunziare il cupo destino che incombe su Turno (…) E poi c'è nigra. La similitudine si apre con questo aggettivo, e il sostantivo hirundo compare solo alla fine del verso successivo, in una tensione lunghissima. Due interi versi in cui una macchia nera, indefinita, attraversa volando la casa dell'uomo ricco, fra le colonne del portico: e quando, finalmente, questa macchia - epiteto si riaggancia al suo sostantivo, hirundo, l'impressione di "nero" è già troppo profondamente marcata in chi legge. Scoprire che si tratta della rondine - l'amica degli uomini, si dice - è sollievo limitato (…) Ma l'esempio forse più interessante è costituito da una storia che si narrava di Alessandro Magno[2]. Il generale stava dormendo , "a mezzogiorno", quando una rondine cominciò a volteggiare sulla sua testa. Alessandro, ancora nel sonno, tentò di scacciarla con una mano, ma la rondine non voleva saperne di andarsene. Si allontanò solo quando il Macedone, destatosi, la colpì con forza - ma prima lasciò cadere su di lui i suoi escrementi[3]. Alessandro si spaventò molto del prodigio, e mandò a chiamare l'indovino Aristandro di Telmisso, che abilmente lo rassicurò. L'indovino volse il prodigio in bonam partem appellandosi al carattere di "amica dell'uomo" posseduto dalla rondine. Si tratta di uno dei tipici casi in cui, di fronte a una credenza di tipo bipolare, la dialettica fra dark side e bright side viene utilizzata per fini di carattere "contestuale": sfruttandone le intrinseche possibilità di manipolazione."[4].

Un esempio di lato luminoso e positivo di uccello nero, del tuttonero, si trova nel Satyricon: “aetatem bene ferebat, niger tamquam corvus” (43, 7), portava bene l’età, nero come un corvo. 

Socrate nel Fedone platonico nega la possibilità che un uccello possa cantare per dolore: gli uomini - dice - non tengono conto che nessun uccello canta quando ha fame o ha freddo o soffre qualche altro dolore, “oujde; aujth; h{ te ajhdw;n kai; celidw;n kai; oJ e[poy, a} dhv fasi dia; luvphn qrhnou'nta a[/dein” (85a), neppure lo stesso usignolo e la rondine e l’upupa, dei quali dicono che cantino lamentando il dolore.

Il cane può essere un simbolo di fedeltà. Tale è quello accucciato ai piedi di Ilaria del Carretto nel monumento funebre commissionato a Jacopo della Quercia da Paolo Guinigi, signore di Lucca, per la moglie morta di parto nel 1405. Ma la cagna può significare la femmina dissoluta, quindi anche la moglie infedele. Quando Clitennestra nell'Agamennone "afferma che il re ritrova in lei gunai'ka pisthvn, dwmavtwn kuvna, essa dice in realtà il contrario di ciò che sembra: gunai'k j a[piston, "una moglie infedele", che si è comportata come una cagna (606 - 7). Come nota lo scoliaste, kuvwn (la cagna) significa una donna che ha più di un uomo"[5].
Tito Livio narra che una lupa offrì la mammella a Romolo e Remo i quali poi vennero raccolti dal pastore Faustolo che li portò nella sua capanna perché li allattasse la moglie Larenzia. Quindi aggiunge una spiegazione razionalistica della leggenda:"Sunt qui Laurentiam vulgato corpore, lupam inter pastores vocatam putent; inde locum fabulae ac miraculo datum." (I, 4, 7) Ci sono quelli che pensano che Laurenzia fosse chiamata lupa tra i pastori in quanto si prostituiva; di qui prese origine la leggenda e il miracolo.
Erodoto, narrando la storia di Ciro, nipote di Astiage, narra che Arpago ricevette dal nonno l’ordine di esporre il bambino.
 Invece il cortigiano lo affidò al bovaro Mitridate la cui moglie aveva partorito un bimbo morto e allevò il figlio di Mandane e di Cambise al posto di quello. Il nome della della donna era Kunw' che sarebbe la traduzione in greco della parola meda Spakwvth;n ga;r kuvna kalevousi spavka Mh'doi (I, 110), i Medi chiamano il cane “spax”.
La cagna dunque può essere una figura che sostituisce quella materna e assumere diverse valenze. Clitennestra nelle Coefore presagisce al figlio la vendetta delle Erinni:" fuvlaxai mhtro;" ejgkovtou" kuvna"" (v. 924), guardati dalle cagne rabbiose di tua madre.
Nell’Edipo re “la Sfinge dal canto variopinto"(v.130), non è solo un atroce flagello ma è pure un allettante cartello pubblicitario: Edipo la chiama hJ rJayw/dov" kuvwn (v. 391)la cagna cantatrice.
“Nella mitologia greca la figura ibrida è, in generale, un contrassegno di appartenenza a un mondo primitivo"[6].

Pure l'interpretazione del classico è problematica e doppia:" anche nel nostro tempo è possibile scegliere tra due opposti usi del "classico" : quello che lo iconizza come un immobile sistema di valori e quello che vi cerca la varietà e la complessità dell'esperienza storica. Il primo dei due usi del "classico" (il più frequente) può accettare agevolmente, anzi incoraggiare, il continuo regresso degli studi classici nei percorsi formativi, perché si accontenta di poco (le icone si riveriscono, non si esplorano); il secondo richiede invece di interrogarsi a fondo sul possibile significato e futuro del "classico" nella scuola, nell'università, nella cultura condivisa dai cittadini"[7].
Sentiamo un intervento giornalistico di questo studioso.
“L’antica Roma ha riguadagnato una sua attualità attraverso lo specchio della storia contemporanea (film come Gladiator e L’ultima legione si spiegano così). Se possibile ancora più attuale è (o sembra) la cultura greca. Parliamo ogni giorno di democrazia, magari citando l’Atene di Pericle. Parliamo di politica, anche se di solito dimenticando che per tale dovrebbe intendersi il governo della polis, e non il piccolo cabotaggio dei partiti. Greche sono parole come “storia” e “filosofia”, greci il lessico della medicina e il giuramento di Ippocrate, greci molti concetti della critica d’arte e della letteratura. Le Olimpiadi si portano fino a Pechino nome e ritualità di matrice greca, greco di nome è il “complesso di Edipo”; e non si contano le arti, scienze e discipline, dalla matematica alla geografia, dall’astronomia alla musica, che in tutte le lingue europee portano un nome greco. Perciò Hegel poté dire che “al nome Grecia l’uomo colto europeo subito si sente in patria”; perciò per Stuart Mill “la battaglia di Maratona, anche come evento della storia inglese è più importante della battaglia di Hastings. Se in quel remoto giorno i Greci non avessero vinto, Britanni e Sassoni forse vagherebbero ancora per le selve”. Eppure questo senso di familiarità, di attualità dell’antico rischia di essere doppiamente ingannevole. Da un lato, esso si accompagna a un arretramento costante della cultura e dell’educazione classica nelle scuole(…) Dall’altro, il richiamo alla cultura greco - romana come radice dell’Occidente troppo spesso sfuma in un più o meno nascosto senso di superiorità della nostra cultura rispetto alle altre (…) Pezzi staccati di un riconoscibile DNA greco e romano ci stanno nel sangue, negli occhi, nelle parole, nei concetti e nelle visioni del mondo. Eppure non ci bastano, e se non allarghiamo lo sguardo ci frenano e ci infastidiscono (…) Forse è per questo che in impressionante escalation persino intellettuali e saggisti rinunciano sempre più spesso a leggere le letterature classiche, non entrano nei musei archeologici, confondono Cesare con Alessandro. Intanto, si continua nonostante tutto a cercare in quei testi e in quelle storie una vaga e desultoria ispirazione, che prende spesso la forma del più arbitrario florilegio, delle citazioni fatte a caso, e tuttavia con valore legittimante: come un capitello, un fregio o una colonna si incastrano inconsapevoli, inerti nelle architetture post - moderne. Eppure, una vera e vibrante curiosità verso i Greci e i Romani può generare un’altra tensione, imporre altri orizzonti. Insoddisfatti dell’opposizione fra Greci e “barbari” (ma consapevoli che il greco barbaros non implica giudizi di valore[8], non equivale a “selvaggio”; indica chi parla una lingua diversa dal greco), che in passato ispirò imperialismi e colonialismi d’Europa, possiamo ormai ricordarci che i Greci non pensarono mai di fondare l’Occidente, ma al contrario esplorarono con viva ansia di scoperta l’Oriente e l’Egitto, cercandovi miti, e merci, e saggezza. Li troviamo sulle coste del Mar Nero o della Spagna, in Sicilia o in India, a costruire un’infinita varietà di culture locali, sempre curiosi di vedere e di conoscere, con quello spirito che un sacerdote egizio, parlando con Solone, riconobbe come una loro caratteristica: “Un Greco vecchio non esiste, voi Greci siete sempre fanciulli”. Lo racconta Platone nel Timeo[9][10].

giovanni ghiselli

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[1] Cfr. soprattutto Eliano, La natura degli animali, I, 52; D. W. Thompson, A Glossary of Greek Birds, Oxford, London 1936, pp. 314 sgg.
[2] Arriano, L'anabasi di Alessandro, I, 25, 6, sgg.
[3] Si narrava che lo stesso incidente fosse capitato a Gorgia. Il quale se la cavò, però, senza allarmarsi e con molto spirito, esclamando "non son cose da farsi, queste, Filomela!" (Plutarco, Questioni conviviali, 8, 7, 2).
Il particolare degli escrementi non è raccontato da Arriano (n.d. r)
[4] M. Bettini, Le orecchie di Hermes, p. 126 sgg..
[5] J. P. Vernant, Mito e tragedia nell'antica Grecia, p. 90
[6]K. Kerényi, Miti e misteri , p. 45.
[7] S. Settis, Futuro del "classico" , p. 106.
[8] Non va sempre in questo modo: cfr. p. e. Ifigenia in Aulide 1400 - 1401 citati in 13, 2. Ndr.
[9] ‘’W SÒlwnSÒlwn“Ellhnej ¢eˆ pa‹dšj ™ste, gšrwn d “Ellhn oÙk œstin, Timeo 22b4. Ndr.
[10] Salvatore Settis, Pericle, nostro vicino di casa, “Il sole 24 ore”, domenica 31 agosto 2008, p. 27.

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