mercoledì 22 luglio 2020

Un bel libro di Ivano Dionigi I , "Parole che allungano la vita". 1


Mentre raccolgo e metto insieme le parole della conferenza che terrò questa sera in piazza Verdi, trovo una pagina bella e utile del recentissimo libro di Ivano Dionigi edito da Raffaello Cortina, Parole che allungano la vita. Mi consente di ampliare il mio repertorio. Si tratta di una delle 84 riflessioni di cui è composto il libro: è la quarantesima intitolata “Non basta mai”. Questa pagina verte sul dolore: “una riflessione che non basta mai, e che si iscrive nel più ampio orizzonte del problema del male (…) e’ il grido rivolto a Dio da Giobbe, il primogenito di tutti i giusti ingiustamente oppressi (…) E’ la crux filosofica che, secondo Leibniz - l’inventore della parola teodicea, ovvero la “giustificazione di Dio” - , mette in imbarazzo l’intero genere umano” Dionigi, che si avvale magistralmente del metodo comparativo, conclude citando lo scrittore russo sul quale terrò la mia conferenza tra poche ore. “E’ l’accusa di Dostoevskij, il quale nei Fratelli Karamazov ci ha ammutoliti con la ben nota confessione e rinuncia: “Se lo spettacolo dell’armonia del mondo richiede la sofferenza dei bambini, io dico che il prezzo fissato è troppo alto, e allora con la massima deferenza restituisco il biglietto”. E’ l’esodo dei popoli dalla fame, dalla guerra e dalla persecuzione. E’ la violenza su bambini, donne e anziani. E’ la solitudine di una figlia che, smarrita per la perdita della giovane madre, non trova il senso dei suoi giorni a venire” (pagina 64). Riferisco anche la parte conclusiva della riflessione 58 che mi è particolarmente congeniale. Tratta della maggior bravura delle ragazze rispetto ai ragazzi negli studi e delle minori gratificazioni ricevute dalle donne nel mondo del lavoro dove prevalgono gli uomini. “Non è neppure una questione di quote rosa e di parità di genere, che si risolverebbe in un conflitto di “opposte volontà di potenza” ma di un diverso sapere (…) Il sapere degli uomini è “disincarnato”, il sapere delle donne “sta piantato nell’esistenza”. Se la vita viene di lì, ci sarà ben un motivo” (pagina 82). Si può pensare ai saperi di Raskolnikov e di Sonja in Delitto e castigo. Diversi, molto diversi, anche se alla fine si coniugano attraverso la conversione e la convergenza nella carità, nella pietas, e nell’amore reciproco. Concludo citando alcune parole di Euripide a proposito dei saperi diversi degli uomini e delle donne: "to; sofo;n d j ouj sofiva" (Baccanti, v. 395), il sapere non è sapienza. La sapienza si tuffa nel fiume della vita. Il sapere al contrario è il fine dell'uomo teoretico il quale "non osa più affidarsi al terribile fiume dell'esistenza: angosciosamente egli corre su e giù lungo la riva” (Nietzsche La nascita della tragedia, cap. 18) Aggiungo che hJ sofiva è femminile e produttiva, creativa; to; sofovn è neutro e sterile. Quando il Verbo si è incarnato - Et Verbum caro factum est - Kai; oj lovgo" savrx ejgevneto - (N. T. Giovanni, 1, 14) questo è avvenuto nel corpo di una donna.

Bologna, 22 luglio 2020, ore 11
giovanni ghiselli
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