domenica 12 luglio 2020

La prossima conferenza: Fëdor Dostoevskij. Decima parte

Delitto e castigo
compagnia Mauri-Sturno

Delitto e castigo
Raskolnikov dal giudice istruttore. Uomini ordinari e uomini straordinari

Rodiòn non ne poteva più di quella compagnia e ripete alla sorella “o me o Luzin”,
Dunja ribatte che si sposa per se stessa, perché si trova in situazione difficile, il che non toglie che potrà essere utile ai suoi cari.
“Io scelgo il male minore e non inganno perché farò con onestà quanto mio marito si aspetta da me”. I suoi occhi lampeggiavano d’ira.
Il fratello ribadisce: “tu ti vendi per denaro”.
Dunja accusa il fratello di dispotismo e prepotenza “se a qualcuno farò del male, lo farò a me stessa. Non ho ancora ammazzato nessuno in fin dei conti” (p. 261)
Rask impallidì e quasi svenne. Ma si riprende e gli fanno leggere la lettera di Luzin: stile curialesco, dice, da leguleio, non troppo sgrammaticato ma certo nemmeno letterario; lo stile delle comparse.
Dunja dice che il suo fidanzato si vanta di essersi fatto da sé, un po’ offesa dal tono del fratello.
 Rask nota la deformazione dei fatti nel racconto di Luzin: i soldi li ho dati alla vedova non alla ragazza “di cattiva condotta”.
Quindi decidono che all’incontro con Luzin andranno anche Ras e Razumichin.
In quel momento nella stanza - armadio di entra Sòfja Semënovna Marmeladova, cioè Sonja (264).
Adesso era una ragazza vestita modestamente e quasi poveramente, ancora molto giovane, poco più di una bambina dai modi modesti e compìti, con un viso sereno ma come un po’ spaurito,
Vedendo tante persone si smarrì e stava per andarsene. A Rask quella creatura parve talmente avvilita che ne provò pietà. La trattenne dallo scappare via
La ragazza porta a R l’invito al funerale e alla refezione successiva
“Cercherò di esserci ad ogni costo, ad ogni costo”. Poi le chiede di fermarsi per poterle parlare
R la osservava: era un visetto, il suo, magro magro e pallido, abbastanza irregolare e aguzzo, e aguzzi erano il nasino e il mento. I suoi occhi celesti in compenso erano così limpidi e quando si animavano l’espressione del viso diventava così buona e semplice che ci si sentiva attratti. Inoltre aveva l’aria della bambina.

Le due donne di R. escono dallo stambugio
La madre non riuscì a salutare Sonja, mentre la sorella lo fece con un inchino, premuroso, gentile e profondo.

Le due parlano per strada: la madre teme che Luzin si tiri indietro ma per la figlia è una prova: nel caso mostrerà di non valere niente, disse in tono brusco e sprezzante.
Pulcheria teme che Sonja faccia del male a R, mentre Dunja difende la ragazza.
R chiede a Razumichin se conosce Porfìrij Petròvič. Sì è mio parente, risponde, e conduce l’inchiesta su quell’assassinio (271).
Decidono di andare da lui per gli oggetti dati in pegno da R.
Nell’uscire Rodiòn non chiude la porta: “Gente felice quella che non ha nulla da chiudere a chiave!” dice (272). Orgoglio della propria miseria.
Sonja torna a casa da sola e viene seguita da un uomo, un cinquantenne ben conservato, di bell’aspetto.
Mentre va da Porfirji, Rask pensa di sé: la farfalla vola da sé sulla candela. 

Cfr. Edipo re di Sofocle: è come una farfalla che gira intorno alla fiamma finché questa la brucia e dà luce.

Da Porfirj
 Ma L’assasssino, a costo di perdersi, vuole scoprire se è sospettato.
Rask provoca Raz dandogli del Romeo alto quasi due metri, a proposito dell’effetto che gli ha fatto la sorella, poi si mette a ridere fragorosamente davanti alla porta di Porfirj perché vuole che il giudice lo senta di ottimo umore. Quindi i due entrano, Rask con l’aria di chi trattiene le risate, Raz invece è sconvolto e truce, rosso come una peonia, tanto buffo da giustificare le risa di Raskolnikov. Sembrava tutto molto naturale. Nella stanza c’era pure Zamëtov, cosa che non piacque a Rask.
Raz dà del porco a Rask dopo che l’amico ha detto a Porfirj: gli ho dato del Romeo.
 Porfirj era un uomo sui 35, più basso della media, grasso e con un po’ di pancetta. Aveva il naso rincagnato (vedi Socrate) e un colore malsano, giallastro ma era piuttosto vivace. La figura aveva qualcosa di donnesco.
Rodion ebbe l’impressione che il giudice sapesse già tutto.
Rask recita una parte, e Porfirij lancia frasi inquietanti tipo: “è già da un pezzo che vi attendo al varco” (282). Era per gli oggetti impegnati, precisa: un anello e un orologio dall’usuraia con tanto di nome.
 Rask. trasalì. Pensò che gli stavano dietro come una muta di cani. E’ tentato di confessare per mostrare il suo disprezzo.

Razumichin critica i socialisti: per loro il delitto è una protesta contro l’ingiustizia dell’ordinamento sociale, per loro tutto dipende dall’ambiente che corrompe e basta! La natura non la prendono in considerazione, la natura viene cancellata. Sospettano dell’anima vivente perché non obbedisce alla meccanica, perché sarebbe retrograda.
 Il falansterio è pronto per la falange dei lavoratori (utopia del socialista Fourier morto 1837), ma la natura non è ancora pronta per il falansterio, essa vuole la vita. Con la sola logica non si può scavalcare d’un salto la natura. La logica può prevedere tre casi mentre sono milioni. Tutto il mistero della vita trova posto in due fogli di stampa! Non c’è più bisogno di pensare!
Come Sofocle, Dost smonta il logos inteso solo come logica.
 La vita è logos sì, ma non è logica.
Cfr. Schopenhauer: "la natura è aristocratica, più aristocratica di qualsiasi società feudale basata sulle caste"[1].

Ma Porfirij ribadisce che l’ambiente ha una grande importanza nei delitti
Anche un delitto contro una bambina si può spiegare con l’ambiente.
Il giudice istruttore poi tira fuori il ricordo di un articoletto di Rask. Era intitolato Del delitto
“se ben ricordate si allude al fatto che al mondo esistono certi individui i quali hanno pieno diritto di compiere ogni specie di iniquità e di delitti, e la legge per loro è come se non fosse mai stata scritta”.
Poi risponde a Raz che ha domandato sgomento: “come, diritto al delitto?”
No, nel suo articolo tutto sta nel fatto che gli uomini si dividono in ordinari e straordinari. Quelli ordinari devono vivere nell’obbedienza e non hanno diritto di violare la legge, appunto perché sono ordinari. Gli straordinari invece hanno il diritto e la forza di violare la legge proprio perché sono straordinari.
Rask decise di accettare la sfida. Lo corregge di poco: io ho semplicemente formulato l’ipotesi che un uomo straordinario abbia il diritto di permettere alla propria coscienza di scavalcare certi ostacoli, se lo richieda un suo progetto magari salutare per l’umanità
Se alla conoscenza delle scoperte di Keplero o di Newton si fossero opposte dieci o cento persone, gli inventori avrebbero avuto il diritto o perfino il dovere di eliminare quelle persone per far conoscere quelle scoperte all’umanità.
Da questo non deriva che Newton potesse rubare al mercato o uccidere chi voleva. La mia idea era che i legislatori e i fondatori della società umana come Licurgo, Solone, Maometto, Napoleone e via discorrendo, sono stati tutti fino all’ultimo dei delinquenti, già per il fatto che ponendo una nuova legge infrangevano una legge antica venerata dalla società, e non si arrestarono nemmeno davanti al sangue, se il sangue era loro d’aiuto. La maggior parte di questi benefattori e fondatori della società umana furono dei terribili spargitori di sangue. Chi esce dalla comune carreggiata e sa dire qualcosa di nuovo deve essere per forza un criminale.
Gli uomini dunque si dividono in due categorie: una inferiore che è quella degli uomini ordinari, del materiale che serve unicamente a procreare altri individui simili, e un’altra che è quella degli uomini veri e propri, i quali, cioè, hanno il dono e il talento di dire una parola nuova (292). I primi sono i funzionari della specie.
Gli ordinari sono le persone conservatrici e per bene che vivono nell’obbedienza e amano obbedire. (cfr. il Grande Inquisitore dei Fratelli Karamazov)
E’ il loro compito.
Gli straordinari invece sono dei distruttori: essi chiedono la distruzione del presente in nome di qualcosa di meglio. La massa si oppone a questi innovatori e compie la sua missione conservatrice uccidendoli. Poi magari nella generazione successiva li colloca sul piedistallo e li venera. Gli ordinari sono i signori del presente, gli straordinari dell’avvenire. I primi conservano il mondo e si moltiplicano, gli altri lo fanno avanzare,
Se non finiscono giustiziati, gli straordinari giustiziano gli altri. Capita che degli ordinari credano di essere straordinari per una capricciosità della natura che non è negata nemmeno a una mucca. Ma basta sculacciarli, anzi essi si sculacciano da soli o si sculacciano a vicenda
Quelli capaci di pensare in modo nuovo sono pochissimi. La massa serve a mettere insieme un uomo indipendente attraverso mille incroci. Più è elevato il grado di creatività più rara è la persona. Di uomini geniali ce n’è uno su milioni. I grandi geni, coronamento dell’umanità sono uno ogni centinaia di milioni. Possono uccidere ma non ne sono felici: “gli uomini veramente grandi, secondo me, devono provare una grande tristezza su questa terra” (p. 297).
P chiede a Ras se si sia sentito straordinario e capace di scavalcare certi ostacoli; e in tal caso “potreste avere deciso di uccidere o di rubare?”
E sembrava ammiccare con l’occhio sinistro.
“Anche se l’avessi deciso, non verrei certo a dirvelo” (p. 297).






[1] Parerga e paralipomena (del 1851), Tomo I, p. 275.

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