Versione aggiornata della prossima presentazione del
mio libro vicino a venire alla luce
Exegi monumentum
Sono tornato a Pesaro questa sera dopo 550 kilometri
in bcicletta nel Peloponneso con discese e
salite pedalate persino nei 52, 2 gradi nella tappa Epidauro- Nauplion
senza un lamento.
Ne racconterò le luci e le ombre.
Argomenti del libro
Ora però devo occuparmi del mio romanzo prossimo a
uscire. Racconta un apprendistato avvenuto attraverso lo studio, l’amicizia e
l’amore, in particolare l’amore dei classici e di tre donne dotate di spirito e
di corpo. Invero hanno contribuito all’educazione dell’io narrante anche
diversi amici. Ho scritto questa storia che non è solo quella di una persona ma
può costituire un corso i filosofia morale la quale insegna come sia bene
vivere secondo ragione e sentimento, logos
e pathos e non senza mythos, associando apollineo e
dionisiaco, introversione con estroversione, disciplina e sacrificio con
stravaganza e fantasia.
La storia parte dall’infelicità di un ragazzo
ventunenne in rovina perché, finito il liceo classico, il Terenzio Mamiani di Pesaro,
andava perdendo il suo ruolo di alumnus optimus
e di ciclista egregio e imputridiva nell’autocommiserazione, nell’ozio, nella
disperazione, nell’ingrassamento che lo deformava.
Ma nel cambiare ambiente da
Pesaro, a Bologna, poi durante dei soggiorni mensili con borse di studio in un collegio
universitario di Debrecen, frequentato da studenti di ogni paese socialista d’Europa,
il ragazzo fa conoscenze nuove che lo motivano e aiutano a puntellare tante sue
rovine, risvegliando e chiamando a raccolta il meglio della propria identità
sepolta sotto il cumulo delle sciagure passate, delle macerie, delle
superstizioni personali e generazionali. Quindi il giovane un poco alla volta recupera
le sue forze che erano state narcotizzate dal dolore, dall’autodisprezzo e dal
disprezzo degli altri. Nel 1968 il protagonista compirà la prima fase del suo
tirocinio che del resto nell’uomo buono
dura tutta la vita: :"semper
homo bonus tiro est ", l'uomo onesto fa tirocinio per tutta la vita, ha scritto
Marziale
(12, 51, 2).
Il
tema di fondo del mio libro come quello delle Metamorfosi di
Apuleio e di tanti altri a partire dall’Odissea è come si diventa uomini. Il modello dell’uomo
occidentale infatti è Odisseo, ajnhvr
il quale pollw`n d’ ajnqrwvpwn
i[den a[stea kai; novon e[gnw (Odissea,
I, 3). Ulisse è ricordato
come affamato di conoscenza, curioso di conoscere. La
curiosità consente di aprirsi all’alterità ed è una spinta all’individuazione.
Anche chi scrive crede che diventare uomini sia possibile ma non è facile e
richiede grandi fatiche.
H.
Hesse Demian
:"La vita di ogni uomo è una
via verso se stesso, il tentativo di una via, l'accenno di un sentiero. Nessun
uomo è mai stato interamente lui stesso, eppure ognuno cerca di diventarlo, chi
sordamente, chi luminosamente, secondo le possibilità…Certuni non diventano mai
uomini, rimangono rane, lucertole, formiche. Taluno è uomo sopra e pesce sotto,
ma ognuno è una rincorsa della natura verso l'uomo".
Ricordate
di certo la favola di Esopo, quando
Prometeo plasma uomini e animali. Allorché Zeus si rende conto che gli animali
sono molto più numerosi degli esseri umani, ordina a Prometeo di trasformare molte bestie in uomini. E’ questo
il motivo per il quale gli esseri umani che non hanno ricevuto la loro forma
umana sin dall’origine, si ritrovano con un corpo d’uomo e l’anima d’una
bestia.
“Pro;~ a[ndra skaio;n
kai; qhriwvdh oJ lovgo~ eu[kairo~”, la favola è appropriata
all’uomo rozzo e brutale
.
Pinocchio di Collodi va nel
paese dei balocchi “dove c’è un’allegria, un chiasso, uno strillìo da levar di
cervello! Insomma un tal pandemonio, un tal passeraio, un tal baccano
indiavolato da doversi mettere il cotone negli orecchi per non restare assordati.
Passavano le giornate in questa bella cuccagna di baloccarsi e divertirsi,
senza mai vedere in faccia un libro, né una scuola”. Ma poi i ragazzi si
trasformano in somarelli.
In Apuleio vita da asino è vita senza Iside. La vita consacrata a
Iside è sacra alla conoscenza.
Il sacerdote delfico Plutarco
(48-125 circa) in De Iside et Osiride sostiene che la divinità-to; qei`on- non è beata per argento e oro ma ejpisthvmh/
kai; fronhvsei (351d) , per conoscenza e intelligenza
Plutarco etimologizza il
nome Iside con oi\da-so-; più precisamente il tempio jIsei`on con il
futuro ei[somai-saprò- poiché lì conosceremo to; o[n, l’essere 352).
Inoltre \Isin kalou`si para; to; i{esqai
met j ejpisthvmh~ kai; fevresqai, kivnhsin ou\san e[myucon kai; frovnimon
(375c) la
chiamano Iside per il lanciarsi con
sapere ed esservi portato in quanto ella consiste in un movimento animato e
sapiente.
Lucio arriva a sognare
Iside dopo avere preso su di sé la tragicità dell’esistere e avere raggiunto il
culmine della disperazione.
Così il giovane della mia
storia sognò, poi conobbe Elena, più di una Elena mandate a lui per la sua
resurrezione da una sorte benigna meritata con un lungo, continuo e strenuo
impegno
I II parte
della presentazione
Si possono individuare parole chiave dentro
il mio libro, epifaniche come certe giornate e alcuni fatti della nostra vita: sofferenza
e comprensione-pathos e mathos-per esempio, interdipendenti
tra loro come sentimento e intelligenza. Me lo hanno insegnato i tragici
greci (Eschilo, Agamennone 177 in
primis) e pure diversi altri autori da
Menandro a Proust.
Questo lavoro sarà un anche un tempio della cultura
europea, poiché le esperienze più significative sono state fiancheggiate dallo
studio di ottimi autori. Gli atti avulsi dalla cultura sono insignificanti o
criminali, più rozzi e cattivi del necessario; la cultura senza i fatti e atti
di bellezza e di forza è più fiacca del necessario. Anche la ginnastica forma l’anima.
Quelli che usano solo ginnastica però sono
più rozzi del necessario ajgriwvteroi tou' devontoς; quelli che praticano solo la musica sono malakovteroi ( Platone, Repubblica,
410d). La musica di Platone comprende la
cultura letteraria e filosofica.
La bellezza è un’altra parola chiave:
bellezza di donne e della natura prima di tutte le altre. Amare il bello con semplicità e la cultura senza
mollezza, come ci ha insegnato Tucidide; :"filokalou'mevn te ga;r met j eujteleiva" kai; filosofou'men
a[neu malakiva"" (Storie, II, 40, 1) Semplicità quale complessità risolta.
Una parola chiave che può conternere la altre, verbum summum è Eros, infatti omnia vincit amor .
Questo peraltro deve essere controllato dal Nou`~ che mette ordine nel caos come ci insegna
Anassagora.
Quindi la parola chiave problema, in greco provblhma che significa ostacolo,
impedimento gettato nel nostro cammino: dobbiamo superarlo per non essere
fuorviati dalla nostra strada- ojdov~- deviando dal metodo che ciascuno deve trovare e
percorrere metodicamente appunto.
Le parole
greche e latine vengono sempre tradotte e non sono sfoggi né segni di
erudizione, bensì supporti della riflessioni su fatti della vita che compresi,
conducono a una forma non mediocre di sapienza, la sofiva che diversamente dal sapere neutro (to;
sofovn) sa di
vita appunto e produce e potenzia la vita. Questa viene umiliata, abbassata dai
fallimenti e, viceversa, rallegrata, elevata dai successi.
Dai successi dobbiamo imparare il metodo per
conseguire altri successi, dagli insuccessi individuare le vie da evitare
perché non si ripetano. In tutti i campi, a partire dai due più importanti:
l’amore e il lavoro. Il metodo buono contiene intelligenza, creatività e
disciplina.
Contano molto anche la salute e la fortuna.
III parte
della presentazione
Dicevo la salute. Questa va mantenuta il più
possibile, più a lungo che si può.
Quella somatica e quella mentale. Invecchiare imparando sempre molte cose, come
faceva Solone, e praticando l’esercizio fisico.
Del resto senza lesinarsi il tempo libero la scolhv, l’otium cum dignitate per dedicarsi alla riflessione di quanto si è
fatto e si è imparato.
La razionalità è anche
imitazione della natura: Cicerone:"quam si sequemur ducem, numquam aberrabimus "
(De Officiis , I, 1OO).
Seneca scrive a Lucilio
"cum rerum natura delibera: illa dicet tibi et diem fecisse et noctem"
(Ep. 3, 6), prendi decisioni osservando la natura: quella ti dirà che ha
fatto il giorno e la notte.
Infatti:"Sequitur ratio naturam. Quid est ergo ratio?
Naturae imitatio. Quod est summum hominis bonum? Ex naturae voluntate se gerere
" .( Epistole a Lucilio ,
66), la ragione allora segue la natura. Che cosa è la ragione? Imitazione della
natura. Qual è il sommo bene dell'uomo? Comportarsi secondo la volontà della
natura.
Socrate nel Timeo di Platone suggerisce di osservare
il cielo per adeguare i movimenti spesso fuorviati del nostro cervello a quelli
regolari degli astri, a partire dal sole che è nel visibile quello che è Dio
nell’intellegibile.
Leggiamone
alcune parole precise: dobbiamo correggere i cicli guasti della nostra testa- dei` ejn th`/ kefalh`/ diefqarmevna~ hjmw`n periovdou~ ejxorqou`nta- attraverso l’apprendimento dell’armonia dell’universo
e delle sue circolazioni (Timeo, 90 D).
Oggi invece i più osservano
il cellulare.
E’ dunque necessario anche il
tempo del riposo, degli intervalli dai negotia che occupano gran parte della nostre vita
lavorativa.
Dobbiamo impegnarci molto in
quello che facciamo, ma questo impegno
ha bisogno di intervalli : “Danda est tamen omnibus aliqua remissio".
La ratio non deve mai essere spietata: non può annullare il sentimento che
è comunque un elemento della nostra natura umana e un aspetto della stessa
ragione. Ogni forma di u{bri~, di prepotenza, di sconsiderata o demenziale
dismisura, porta alla zoppia della nostra umanità.
La prepotenza fa crescere il
tiranno- (u{bri~ futeuvei tuvrannon), la prepotenza/se è riempita
invano di molti orpelli/che non sono opportuni e non convengono/salita su
fastigi altissimi/precipita nella necessità scoscesa/dove non si avvale di
valido piede (Sofocle, Edipo re, vv. 873-878)
Il tiranno
che si azzoppa menzionato sopra ci fa
venire in mente che il potere-kravto~- non è potenza- duvnami~ .
Nelle Baccanti di Euripide, Tiresia profetizza a Penteo, re di Tebe, il
fatto che Dioniso verrà cooptato e accolto nell’ombelico del mondo, l’oracolo
delfico su cui svettano le due cime del Parnaso
“Un giorno lo vedrai anche
sulle rupi Delfiche
saltare con le fiaccole
sull’altopiano a due cime
agitando e scagliando il
bacchico ramo,
grande per l’Ellade. Via Penteo, da’ retta a me:
non presumere che il potere abbia potenza sugli uomini”. (vv. 306-
310).
Il
potere non è potenza dunque -mh; to; kravto" au[cei duvnamin ajnqrwvpoi" e[cein- come il sapere
non è sapienza - to; sofo;n d j ouj sofiva (Baccanti,
395).
Umanesimo
è passare dal sapere, la congerie di date, dati e nomi, alla sapienza che potenzia la nostra natura
umana e serve alla vita.
La
potenza e la sapienza accrescono e rendono più viva la vita, mentre il potere del tiranno e il sapere
dell’erudito, dell’umbraticus doctor,
possono mortificarla.
Le
storie d’amore di questo libro insegnano l’amore per le donne che ci mettono al
mondo. L’amore per le donne dunque è
umanesimo, è amore per la vita.
Umanesimo è sapere di essere umano, è
amore per l’umanità che significa vivere creando sinergia con altri umani e
aiutare chi ha bisogno di aiuto. Umanesimo è diventare davvero ciò che
siamo, cioè uomini umani.
L’ espressione di umanesimo più efficace e sintetica è
quella che il vecchio Sofocle attribuisce a Teseo che nell'Edipo a Colono dice al vecchio vagabondo
cieco, incestuoso e parricida "e[xoid j ajnh;r w[n"(v.567), so di essere un uomo, per questo sono umano
con te. La coscienza della propria umanità lo spinge ad aiutare l’uomo
decaduto.
Lo stesso Edipo prima della caduta, e ancora
in auge, aveva detto che sarebbe spietato e disumano se non provasse
compassione per i propri concittadini afflitti dal morbo (Sofocle, Edipo re, 12. -13).
La
principessa dei Feaci, la fanciulla Nausicaa, nel VI canto dell’Odissea (207-208) vuole aiutare Odisseo giunto naufrago nell’isola di
Scheria e dice queste parole alle sue
ancelle in fuga spaventate dall’aspetto dell’uomo sconciato dalla tempesta : “ to;n nu`n crh; komevein: pro;~ ga;r Dio;~ eijsin a[pante~-xei`noiv te ptwcoiv te, dovsi~ d j
ojlivgh te fivlh te”, dobbiamo prenderci
cura di questo: da Zeus infatti vengono tutti gli stranieri e i poveri, e un
dono pur piccolo è caro.
Le
stesse parole dice Eumeo, il guardiano dei porci di Itaca, quando Odisseo gli
si presenta travestito da mendicante irriconoscibile e il porcaio lo accoglie
ospitalmente spiegandogli che non è suo costume maltrattare lo straniero (xei`non ajtimh`sai), nemmeno quando ne arriva uno kakivwn più malconcio di lui (Odissea, XIV, 57-59) .
Nell’Antigone di Sofocle la pietosa sorella dice a Creonte che ha
proibito la sepoltura di Polinice " ou[toi sunevcqein
ajlla; sumfilei'n e[fun", (v.
523), certamente non sono nata per condividere l'odio, ma l'amore.
Che cosa c’entra tutto questo con
il mio romanzo?
Ne cito solo alcune parole per farlo comprendere
“Elena
Si alzò dal letto e si diresse verso la porta. Allora capii. Capii di essere
stato stupido, volgare e crudele; capii che quella creatura in attesa di
un’altra creatura, non doveva subire ingiustizia, umiliazioni e dolori. Non da
me. Avevo capito e sentivo che non vi è felicità grande senza morale profonda.
L’azione cattiva è pessima per chi l’ ha progettata e la compie.
Chi prepara il male a un altro, lo apparecchia a se stesso.
Ne avrei avuto rimorso per tutta la vita, forse anche oltre. E non solo
per questo: io l’amavo, lei mi aveva reso migliore, e siccome in sua presenza
mi vergognavo di essere ingiusto, mi avrebbe reso ancora migliore. La terra è
in mezzo alle stelle, e sulla terra ci sei tu amore mio. Mi alzai, le afferrai
la mano sinistra e dissi: “Scusa, Elena, aspetta. Ora devo parlare io a
te. Ne ho bisogno. Ti prego”.
Ero andato vicino a infliggere
ingiustizia a una donna che amavo ed era stata generosa con me. Mi fermai in
tempo e le chiesi perdono.
Ho voluto significare che ho cercato di dare l’impronta
dell’universale a diversi miei casi personali. Credo di esserci riuscito.
Credo che questo mio libro che
racconta l’apprendistato di un giovane, apprendistato alla vita e all’amore,
possa giovare anche all’educazione sentimentale di tanti ragazzi, soprattutto
di quanti, carenti di parole, non sono in grado di corteggiare una ragazza
elegantemente, persuasivamente, e talora nemmeno civilmente.
I corteggiamenti reciproci che
racconto sono tra le parti più significative e formative del romanzo. Anche l’ampia
sezione dedicata alla scuola contiene parole e idèe che possono aiutare i
giovani nel loro sviluppo.
Quanto alla mia professionalità scolastica, insegnando ho cercato di dare le visioni d’insieme che raramente ho
ricevuto chi mi insegnava a Pesaro prima
e a Bologna poi; sicché ho voluto trovarle con le mie ricerche perché mi
mancavano e ne sentivo il bisogno per me e per i miei studenti.
La base di queste sinossi è la
letteratura con la filosofia e la storia greca. Poi su questo fondamento, la
cultura latina e parti di quella europea. Cultura prevalentemente letteraria e storiografica con
gli antichi, poi quasi esclusivamente letteraria a mano a mano che ci si allontana dai Geci e
dai Latini.
Come lingua moderna me la cavo con l’inglese.
Bene con quello scritto, discretamente con il parlato.
Per quanto riguarda la musica mi
piace il melodramma per la presenza della parola e perché, come pesarese, ho
sempre saputo di Rossini e tutti gli anni ne seguo il festival da decenni.
All’Arena di Verona sono stato solo poche volte. Vedo invece ogni anno le
tragedie greche rappresentate a Siracusa e diverse volte quelle nel teatro di
Epidauro.
Quanto alle arti
figurative ne possiedo solo un’infarinatura e non ne ho una forte sensibilità.
Mi hanno commosso il maestro di Olimpia e quello di Pergamo per la
rappresentazione dell’Ordine che prevale sul Caos. Ci vedo la storia della mia
vita e di ogni vita davvero umana. Mi piace molto anche il maestro di
Sansepolcro, per averne sentito parlare
e viste le opere fin da bambino, data la provenienza dal Borgo della famiglia
materna, e per avere trovato da adulto delle analogie di forma e di spirito tra
le madonne di Piero, particolarmente quella del parto, e l’Elena incinta della
mia vita cui dedico questi versi non miei.
· Qual dagli antri marini
· l’astro più caro a
Venere
· co’ rugiadosi crini
· fra le fuggenti tenebre
· appare, e il suo viaggio
· orna col lume dell’eterno raggio;
· sorgon così tue dive
· membra dall’egro talamo,
· e in te beltà rivive,
· l’aurea beltate ond’ebbero
· ristoro unico a’ mali
· le nate a vaneggiar menti
mortali.
Di mio ho scritto molto di più sul suo conto. Anche
Raffaello Urbinate è tra i miei preferiti. Questi due pittori hanno
rappresentato l’ordine, l’apollineo mentre il Caos lo vediamo piuttosto in Hieronymus Bosch e in Ricasso, per esempio.
Come motto conclusivo cito le parole che costituiscono la somma del pensiero educativo di Pindaro: gevnoio oi|o~ ejssiv" (Pitica
II
v. 72), diventa quello che sei.
Aggiungo un altro motto latino: Se sei
umano dunque diventa davvero umano e sappi che tutto quanto è umano ti
riguarda, ti si addice e ti conviene.
Tale dichiarazione di umanesimo, quale
interesse per l'uomo e di Terenzio:" :"Homo
sum: humani nil a me alienum puto "
Pesaro 13 settembre 2023 ore 11, 21
giovanni ghiselli
Ora vado a osservare le stelle
.
Pesaro 27 settembre 2023 ore 10, 21 giovanni ghiselli.
p. s
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Ieri368
Questo mese6811
Il mese scorso5814
Esopo, Promhqeu;~
kai; a[nqrwpoi ,
Prometeo e gli uomini (322).
Augusto dava un esempio di
frugalità mangiando secundarium panem et
pisciculos minutos et caseum bubulum manu pressum et ficos virides ( Augusti
Vita, 76), pane ordinario,
pesciolini, cacio vaccino premuto a mano, e fichi freschi.
Giorgio Bocca commentò tale abitudine
dell’autocrate con queste parole:“Oggi siamo a una tendenza da ultimi giorni di
Pompei. Un incanaglimento generale. Forse è il caso di rivolgersi, più che agli
uomini di buona volontà, a quelli di buon gusto, forse è il caso di tornare a
scrivere sulle buone maniere, sulla buona educazione, sui buoni costumi.
L’Augusto più ammirevole è quello che nel Palatino si ciba di fave e di
cicoria, da vero padrone del mondo” G.
Bocca, Contro il lusso cafone, per motivi morali. Ed estetici, Il venerdì di
Repubblica, 27 giugno 2008, p. 11
Senza risalire a Ottaviano Augusto, penso alla mia
infanzia e alla mia adolescenza, quando, per apprendere e capire, ascoltavo con avidità, alla radio, o anche
andando a vederli nella piazza del
Popolo di Pesaro, i politici di razza di quel tempo lontano, quali De Gasperi e
Togliatti. Imparavo molto da loro. In termini di idee, di parole e di stile. Mi
è rimasta impressa la frase di De Gasperi, rappresentante dell'Italia vinta:
" Prendendo la parola in questo consesso mondiale sento che tutto,
tranne la vostra personale cortesia, è
contro di me".
Cfr. Esiodo, Opere e
giorni, v. 265. Seneca ribadisce questa legge nell’ Hercules furens:" quod quisque fecit, patitur: auctorem scelus
repetit " (vv. 735-736), ciò che ciascuno ha fatto lo patisce: il
delitto ricade sull'autore.