Metodologia 23.1. Il pudor nella cultura latina ha forza anche maggiore dell’ aijdwv" dei Greci.
"Pudor è il senso morale per cui si prova scrupolo e ripugnanza davanti a tutto ciò che nega i valori morali e religiosi. E' affine all' aijdwv" dei Greci, ma ha vitalità molto maggiore: la Pudicitia era una divinità oggetto di un culto importante; al culto della Pudicitia patricia la plebe aveva affiancato e contrapposto un culto della Pudicitia plebeia "[1].
Valerio Massimo[2] nel proemio del VI libro invoca la Pudicitia:"virorum pariter ac feminarum praecipuum firmamentum ", solido fondamento nello stesso tempo per donne e uomini. Ella appunto è stata onorata come una dea:"Tu enim prisca religione consecratos Vestae focos incolis, tu Capitolinae Iunonis pulvinaribus incubas…[3]", tu infatti abiti i focolari consacrati a Vesta dall'antico culto, tu giaci sui cuscini di Giunone Capitolina.
23. 2 La giustizia, il rispetto e l’arte politica. Il Protagora di Platone.
La scuola dunque deve insegnare il rispetto, il ritegno, e pure la giustizia, non solo personale ma anche politica: nel Protagora di Platone il personaggio eponimo del dialogo racconta che gli uomini commettevano ingiustizie reciproche (hjdivkoun ajllhvlou" ) in quanto non possedevano l'arte politica (a{te oujk e[conte" th;n politikh;n tevcnhn, 322b). Senza questa, che deve essere fondata sul rispetto e sulla giustizia, gli umani si disperdevano e perivano: allora Zeus temendo l'annientamento della nostra specie mandò Ermes a portare tra gli uomini rispetto e giustizia perché costituissero gli ordini delle città: " JErmh'n pevmpei a[gonta eij" ajnqrwvpou" aijdw' te kai; divkhn, i{n ei\en povlewn kovsmoi" (322c).
Senza la politikh; tevcnh “ la condizione dell’uomo, per usare le parole che molti secoli più tardi impiegò Thomas Hobbes nel Leviatano[4], si rivelò “solitaria, miserevole, sgradevole, brutale e breve (“solitary, poor, nasty, brutish and short)”, una continua serie d’ingiustizie reciproche e una totale incapacità di riunirsi in comunità stabili”[5].
Metodologia 24. Antigone rappresenta l’umanesimo. H. Hesse: il necessario idealismo dei ceti colti. Quando la venerazione dello spirito non è più valida, non funzionano nemmeno le banche e la borsa. Ortega. T.Mann: l’umanesimo è amore per gli uomini. E’ necessaria la solidarietà tra gli umani. Morin. Galimberti. Marco Aurelio imperatore. John Donne. Leopardi (La ginestra).
All'opposto della chiusura nell'ego c'è l' Antigone di Sofocle che afferma il suo amore per l'umanità :" ou[toi sunevcqein ajlla; sumfilei'n e[fun", (v. 523), certamente non sono nata per condividere l'odio, ma l'amore. "Esiste un umanesimo greco, al quale dobbiamo opere come l'Antigone di Sofocle, una delle più alte tragedie ispirate a quest'atteggiamento; in essa, Antigone rappresenta l'umanesimo e Creonte le leggi disumane che sono opera dell'uomo"[6]. Fromm evidentemente non ha letto l’Estetica di Hegel il quale del resto con il suo storicismo giustifica il potere e il successo. Creonte nell’Antigone non ha successo, anzi, ma rappresente pur sempre il potere statale. Faremo un discorsi più esauriente commentando la tragedia Antigone.
L’espressione più efficace e sintetica di umanesimo è quella che il vecchio Sofocle attribuisce a Teseo nell'Edipo a Colono : "e[xoid j ajnh;r w[n"(v.567), so bene di essere un uomo.
Come si traducono in atti queste poche parole? Nell’accoglienza che il re di Atene offre a Edipo esule cieco, vagabondo, mendico e malfamato.
"Mi aspetto da un medico, nemmeno io so bene perché, un resto di quell’umanesimo per cui si richiede la conoscenza del latino e del greco oltre a una certa preparazione filosofica, e che nella maggior parte delle professioni, oggigiorno, non è più necessario. Io, che in genere amo così fervidamente tutto ciò che è nuovo e rivoluzionario, in questo sono senz'altro retrivo, e dai ceti colti pretendo un certo idealismo, una certa disposizione a discutere e a capire del tutto indipendentemente da ogni vantaggio materiale, insomma un resto di umanesimo, anche se so che quest'umanesimo, in realtà, ha cessato di esistere e che tra poco anche la sua apparenza esterna non si troverà più se non nei musei delle figure di cera"[7].
Personalmente non cesserò di lottare in favore dell’umanesimo greco e latino cui ho dedicato la vita.
Bisogna comunque lottare perché la sostanza dell'umanesimo rimanga nella scuola italiana. E non solo nella scuola: "Si sa o si intuisce che quando il pensiero non è puro e vigile, quando la venerazione dello spirito non è più valida, anche le navi e le automobili incominciano presto a non funzionare, anche il regolo calcolatore dell'ingegnere e la matematica delle banche e della borsa vacillano per mancanza di valore e di autorità, e si cade nel caos (…) Erano tempi feroci e violenti, tempi caotici e babilonici nei quali popoli e partiti, vecchi e giovani[8], rossi e bianchi non s'intendevano più. Andò a finire che, dopo sufficienti salassi e un grande immiserimento, sempre più forte si fece sentire il desiderio di rinsavire, di ritrovare un linguaggio comune, un desiderio di ordine, di costumatezza, di misure valide, di un alfabeto e di un abbaco che non fossero dettati dagli interessi dei grandi, né venissero modificati a ogni piè sospinto. Sorse un bisogno immenso di verità e giustizia, di ragionevolezza, di superamento del caos"[9].
La scuola può aiutare i giovani a trovare la strada di questo superamento. Deve farlo: “E’ in stato di rovina l’economia-quella delle nazioni e quella teorica. E’ in stato di rovina, infine, e di grave rovina, perfino la femminilità”[10].
“Che cos’era l’umanesimo? Era amore per l’umanità[11] e perciò era anche politica, ribellione contro tutto ciò che macchia e avvilisce l’essere umano. All’umanesimo era stato perfino rimproverato un eccessivo riguardo per la forma, eppure aveva coltivato anche la bella forma solo per amore della dignità umana, in splendido contrasto con il Medioevo, il quale non solo era sprofondato nella misantropia ma anche in un’ esecrabile incuranza della forma” [12]”.
“Concepito in modo solo tecnico-economico, lo sviluppo a breve termine è insostenibile. Abbiamo bisogno di un concetto più ricco e complesso dello sviluppo, che sia nello stesso tempo materiale, intellettuale, affettivo, morale…Il XX secolo non è uscito dall’età del ferro planetaria, vi è sprofondato”[13].
Dello sviluppo senza progresso denunciato da Pasolino diremo più avanti.
“L’umanesimo non dovrebbe più essere portavoce dell’orgogliosa volontà di dominare l’Universo. Diviene essenzialmente quello della solidarietà fra umani, la quale implica una relazione ombelicale con la natura e con il cosmo”[14].
“Se l’estirpazione radicale dell’insicurezza appartiene ancora all’utopia modernista dell’onnipotenza umana, la strada da seguire è un’altra: quella della costruzione di legami affettivi e di solidarietà capaci di spingere le persone fuori dall’isolamento nel quale la società tende a rinchiuderle, in nome degli ideali individualistici che, a partire dall’America, si vanno paurosamente diffondendo anche da noi”[15].
Marco Aurelio, imperatore (161-180 d. C.) e filosofo, scrive (Ricordi , II, 1): noi siamo nati per darci aiuto reciproco ("pro;" sunergivan"), come i piedi, le mani, le palpebre, come le due file dei denti. Dunque l'agire uno a danno dell'altro è cosa contro natura ("to; ou\n ajntipravssein ajllhvloi" para; fuvsin").
Questa idea di humanitas è riscontrabile in latino nel verso di Terenzio “Homo sum: humani nil a me alienum puto "[16], sono uomo: tutto ciò che è umano mi riguarda, quindi è stata ripresa nei secoli dei secoli : in Devotions upon Emergent Occasion di John Donne (1572-1631) per esempio leggiamo:" Nessun uomo è un'isola conclusa in sé; ogni uomo è una parte del Continente, una parte del tutto. Se il mare spazza via una zolla, l'Europa ne è diminuita, come ne fosse stato spazzato via un promontorio..la morte di qualsiasi uomo mi diminuisce, perché io appartengo all'umanità, e quindi non mandare mai a chiedere per chi suona la campana ("for whom the bell tolls "[17] ); suona per te.
Leopardi aveva suggerito una relazione polemica con la natura, ma nello stesso tempo un rapporto di solidarietà e amore tra gli uomini: “Costei chiama inimica; e incontro a questa /congiunta esser pensando,/siccome è il vero, ed ordinata in pria/l’umana compagnia,/tutti fra se confederati estima/gli uomini, e tutti abbraccia/con vero amor, porgendo/valida e pronta ed aspettando aita/negli alterni perigli e nella angosce della guerra comune”[18].
Concludo ripetendo quanto ho scritto nel blog di questa mattina:
Il nostro esistere quali persone colte e civili non può prescindere dalla conoscenza dei classici fioriti per secoli sulle sponde del Mediterraneo, poi appresi e via via assimilati da tutta l’Europa attraverso la lingua latina. Dimenticarli e ignorarli comporta la caduta nella barbarie.
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Bologna 18 dicembre 2024 ore 19, 18
giovanni ghiselli.
p. s.
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[1]A. La Penna-C. Grassi (a cura di) Virgilio, Le Opere, Antologia , p. 373.
[2] Vissuto nella prima metà del I secolo d. C.
[3] Factorum et dictorum memorabilium libri , VI, 1.
[4] Del 1651 ndr.
[5] Roberto Mordaci, Rispetto, p. 56
[6]E. Fromm, La disobbedienza e altri saggi , p. 63.
[7] H. Hesse, La Cura , (del 1925), p. 27.
[8] Oggi aggiungerei “maschi e femmine” (ndr).
[9] H. Hesse, Il giuoco delle perle di vetro, p. 33 e p. 368.
[10] J. Ortega y Gasset, Idea del teatro, p. 29.
[11] Cfr. Sofocle, Antigone, v.523: “Certamente non sono nata per condividere l'odio ma l'amore".- E' questo un verso chiave della tragedia.
[12] T. Mann, La montagna incantata, Quarto capitolo, angoscia crescente, p 231
[13] E. Morin, I sette saperi, p. 70.
[14] E. Morin, La testa ben fatta, p. 101.
[15] U. Galimberti, L’ospite inquietante, p. 30.
[16] Heautontimorumenos 7v. 77) del 163 a. C. E’ la risposta dell’anziano Cremete al vicino Menedemo che gli ha domandato perché si interessi tanto al suo eccessivo affaticarsi nel lavoro.
[17] E', notoriamente, il titolo di un romanzo di Hemingway, 1940
[18] La ginestra (del 1836, vv. 126-135).
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